I tumori sono pericolosi poiché crescono in modo incontrollato e disordinato. La loro crescita sostenuta richiede un metabolismo modificato rispetto a quello delle cellule normali. Il metabolismo è il motore che fornisce l’energia necessaria alle cellule per ogni attività. Un metabolismo alterato, come quello delle cellule tumorali, può in linea di principio essere bloccato in modo da colpire il tumore in modo selettivo, in altre parole togliendogli il carburante per crescere.
È necessario però comprendere in maniera precisa quali siano gli elementi che controllano in modo specifico il metabolismo tumorale e lo differenziano da quello delle cellule sane.
I gruppi di ricerca coordinati da Andrea Rasola, del dipartimento di Scienze biomediche dell’università di Padova, e da Giorgio Colombo, del dipartimento di Chimica dell’università di Pavia,composti da Carlos Sanchez-Martin, Elisabetta Moroni, Mariarosaria Ferraro, Claudio Laquatra, Giuseppe Cannino, Ionica Masgras, Alessandro Negro e Paolo Quadrelli, hanno identificato uno di questi componenti, la proteina TRAP1, che si attiva nelle cellule tumorali e ne modula la capacità di utilizzare le risorse energetiche.
I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista Cell Reports in un articolo dal titolo “Rational design of allosteric and selective inhibitors of the molecular chaperone TRAP1”.
“Abbiamo utilizzato un approccio di avanguardia che permette di analizzare via computer la struttura e la dinamica di TRAP1, abbiamo studiato in che modo i microscopici movimenti della proteina ne determinano la funzione – spiega Giorgio Colombo–. La ricerca ha consentito di svelare una porzione di TRAP1 che può ospitare un gruppo di molecole in grado di interferire con il movimento della proteina stessa, inibendone l’attività. Le molecole funzionano come i blocchi meccanici di un motore: si inseriscono tra le parti in movimento e le arrestano o le rallentano”.
“Abbiamo dimostrato che tali molecole sono in grado di bloccare la crescita di cellule tumorali, in particolare di cellule maligne derivate da pazienti con la neurofibromatosi di tipo 1 – dice Andrea Rasola-, una sindrome genetica che predispone all’insorgenza di tumori. Lo studio apre quindi la possibilità al futuro utilizzo di queste molecole come base per lo sviluppo di innovativi approcci antineoplastici”.