Pubblicato lo studio dell’università di Padova sulle proprietà delle rocce del mantello terrestre. Il nuovo approccio, basato sull’analisi congiunta dei dati sismologici e delle simulazioni numeriche di fluido dinamica, consentirà di costruire mappe dettagliate dei meccanismi deformativi.
La dinamica, a lungo termine, del pianeta Terra è caratterizzata dalla risalita di materiale caldo e meno denso dagli abissi del mantello terrestre e dallo sprofondamento (subduzione) di vecchi fondali oceanici raffreddatisi e quindi più densi. Questa lenta ma continua deformazione duttile del mantello terrestre (un livello che va dai circa 30 ai 2.900 km di profondità e costituisce l’84% in volume della Terra) viene trasmessa in superficie alle placche tettoniche più rigide che muovendosi causano i fenomeni sismici. Ad oggi, tuttavia, la conoscenza relativa ai processi deformativi profondi del pianeta rimane molto limitata a causa delle estreme condizioni di pressioni e temperatura che ne impediscono l’accessibilità e quindi l’indagine diretta.
La tomografia sismica (una tecnica di indagine indiretta analoga alla tomografia assiale computerizzata usata in campo medico) permette di ricostruire la struttura interna del nostro pianeta tramite l’analisi delle velocità di propagazione delle onde sismiche. Solitamente questa velocità è indipendente dalla direzione di propagazione ed il mezzo è detto isotropo. Quando invece le rocce presentano delle strutture alla scala dei minerali (dovute, ad esempio, ad una stratificazione composizionale o all’iso-orientazione di alcuni cristalli) la velocità di propagazione delle onde sismiche dipende dalla direzione di propagazione e si ha anisotropia sismica.
Queste micro-strutture si formano prevalentemente a causa di processi deformativi duttili molto lenti (che avvengono su scale temporali di milioni di anni), per cui lo studio delle proprietà anisotropiche delle rocce del mantello terrestre permette di ricostruire la storia ed i meccanismi deformativi delle porzioni inaccessibili della Terra.
A questo proposito, un nuovo approccio metodologico, pubblicato su Nature Geoscience, basato sull’analisi di un enorme set di dati sismici integrata con simulazioni computerizzate di fluido dinamica dimostra in quali aree e con quali meccanismi avviene attualmente la deformazione profonda (~1,000 km) del mantello terrestre. Lo studio rivela come la deformazione avvenga prevalentemente in prossimità delle zone di subduzione dove i vecchi fondali oceanici affondano lentamente, ma inesorabilmente, verso l’interno della Terra.
La deformazione duttile si concentra probabilmente lungo dei piani del reticolo atomico dei minerali delle rocce mantelliche, un meccanismo deformativo denominato “dislocation creep”, la cui presenza nel mantello inferiore non era mai stata provata. La dislocation creep induce una iso-orientazione dei cristalli che genera una variazione della velocità delle onde sismiche in funzione della direzione di propagazione, e quindi anisotropia sismica. Le simulazioni computerizzate del flusso mantellico hanno successivamente provato come queste micro-strutture e l’anisotropia sismica legata ad esse si formino durante il processo di subduzione, fornendo la chiave per l'interpretazione delle anomalie di velocità rilevate dall’analisi dei dati sismici.
Simulazione computerizzata 3D del processo di subduzione. La placca oceanica è definita dalla superficie grigia trasparente. Le sezioni orizzontale e verticale mostrano il tasso di deformazione (blu: basso; rosso: alto), mentre le frecce indicano le direzioni del flusso mantellico indotto dalla subduzione. Alta deformazione ed anisotropia sismica vengono prodotte in prossimità della placca oceanica in subduzione
Lo studio risponde ai quesiti sulla natura e i meccanismi di flusso nel mantello terrestre profondo, che sono alla base per la comprensione dell’evoluzione dinamica del nostro pianeta e pertanto utili a predirne l’evoluzione futura. Sebbene le zone di subduzione studiate finora siano quelle presenti lungo i margini dell’Oceano Pacifico, la metodologia è applicabile a ogni area della Terra.
"Molto spesso immaginiamo il mantello terrestre come un liquido che fluisce, ma in realtà è un solido che si muove lentamente. Tradizionalmente, si assume che il flusso delle rocce del mantello inferiore terrestre e fino al nucleo sia molto lento, mentre flussi consistenti si hanno nel mantello superiore che arriva fino a 660 km di profondità, spiega il primo autore dello studio, Ana Ferreira, del dipartimento di Scienze della Terra dell’University College di Londra.
"Questo nuovo approccio basato sull’analisi congiunta dei dati sismologici e delle simulazioni numeriche di fluido dinamica – dice Manuele Faccenda, coautore dello studio e responsabile delle simulazioni numeriche di fluido dinamica al dipartimento di Geoscienze dell’Università di Padova – permetterà in futuro di aprire una nuova finestra sull’interno della Terra, consentendo di costruire mappe dettagliate dei meccanismi deformativi del mantello, delle aree profonde in cui si genera il magma e in quelle dove si ha subduzione attiva dei fondali oceanici un tempo presenti sulla superficie terrestre, e, più in generale, di come il nostro pianeta sia arrivato ad avere la configurazione strutturale attuale".
Nei prossimi anni gli sforzi si concentreranno nell’area Mediterranea allo scopo di ricostruire più dettagliatamente la storia geologica recente della penisola italiana e rispondere ai seguenti quesiti: come si è formato il bacino del Mar Mediterraneo? Perché in alcune aree è attualmente attiva una subduzione del fondale oceanico mentre altre aree sono più stabili? Quali sono i processi che hanno portato alla formazione di alcuni centri vulcanici dell’Italia meridionale come l’Etna ed il Vesuvio? A quale profondità si forma il magma che alimenta questi centri vulcanici? Quale sono le previsioni future riguardo i processi deformativi che interesseranno la penisola italiana?