SCIENZA E RICERCA

Amare la natura: è anche una questione di geni

Desiderare il contatto con la natura e ricercare esperienze nel verde, un vantaggio per la salute non solo fisica ma anche mentale delle persone. A contatto con la natura si possono ritrovare equilibrio, pace, pensieri positivi, il giusto benessere psicofisico. Ora uno studio indaga i contribuiti genetici e ambientali per provare a rispondere a questa domanda: l'amore per la natura e l'attrazione nei confronti delle esperienze negli spazi verdi sono ereditabili? 

"Negli ultimi decenni, gran parte degli esseri umani si è spostata dagli ambienti rurali a quelli urbani, con oltre il 55% delle persone che ora vivono nelle città - si legge nell'introduzione -. Sebbene ci siano dei vantaggi nell'urbanizzazione, la vita in città è associata a un benessere ridotto e a un rischio più elevato di disturbi mentali. Una riduzione delle esperienze nella natura è un fattore di rischio per i problemi di salute mentale ed è associata a un aumento del rischio di ansia e depressione. Tuttavia, vi è una marcata variazione nella misura in cui gli individui hanno esperienze nella natura [...] Le cause della variazione sono legate anche alle opportunità delle persone di interagire con la natura stessa e alla volontà di fare questo tipo di esperienze. Da un lato, chi vive in luoghi circondati dalla natura tende a interagire con essa più frequentemente ed è probabile che le persone con un forte desiderio di vivere esperienze a contatto con la natura, con una maggiore disponibilità a viaggiare e a trascorrere più tempo nel verde, faranno più esperienze di questo tipo. L'orientamento e le possibilità di stare nella natura non sono, tuttavia, indipendenti l'uno dall'altro: le persone che hanno un forte desiderio di natura possono scegliere di non vivere in aree altamente urbanizzate e le opportunità di contatto con la natura possono migliorare l'atteggiamento delle persone nei confronti della natura stessa [...] L'orientamento e l'opportunità di una persona possono essere influenzati da fattori ambientali e genetici. Il contributo genetico relativo al desiderio di natura è stato introdotto, per esempio, attraverso l'ipotesi della biofilia, ma non è mai stato indagato". 

Lo studio People’s desire to be in nature and how they experience it are partially heritable, pubblicato recentemente su Plos Biology e condotto dai ricercatori delle università di Singapore, di Exeter nel Regno Unito, del Queensland in Australia, di Wellington in Nuova Zelanda, non rivela scenari inediti ma stimola riflessioni sulle interazioni tra uomo e natura e approfondisce la questione partendo da una ricerca sui gemelli (adulti) del registro TwinsUK nel Regno Unito, indagando i contributi genetici e ambientali relativi all'orientamento di una persona verso la natura, le opportunità (vivere in aree meno urbanizzate) e le diverse dimensioni dell'esperienza nella natura (frequenza e durata di visite in spazi naturali e giardini).

Nello studio sono state coinvolte coppie di gemelli monozigoti e dizigoti e a loro sono state fatte alcune domande relative al bisogno di stare nel verde e al tempo che ognuno si concede a contatto con la natura. Si è stimata una moderata ereditabilità dell'orientamento verso la natura (46%) e delle esperienze nella natura (48% per la frequenza delle visite agli spazi naturali pubblici, 34% per la frequenza delle visite ai giardini e 38% per la durata).

Approfondiamo l'argomento con il professor Leonardo Salviati, professore ordinario di Genetica medica, specialista in Pediatria, direttore dell’Unità operativa complessa Genetica ed epidemiologia clinica dell’Azienda ospedaliera di Padova. "Questo studio è classico nella sua forma: è uno studio sui gemelli estremamente utilizzato nella scienza moderna, che prende in considerazione gemelli identici, monozigoti, e gemelli non identici, dizigoti. Mentre i gemelli identici hanno in comune l'intero genoma, i gemelli 'diversi' hanno in comune solo metà del genoma. Il confronto di determinate caratteristiche degli uni e degli altri permette di stimare la componente ereditabile, quindi genetica, di un qualsiasi tratto: dall'intelligenza alla propensione a determinati comportamenti, dall'alcolismo, esiste uno studio a riguardo, all'obesità".

Sono studi che guardano la concordanza. "Di solito, se la componente genetica è forte, la concordanza tra i gemelli identici è più elevata rispetto ai gemelli diversi. Detto questo, attraverso una serie di calcoli, è possibile stimare l'ereditabilità di questa condizione, con un numero che va da 0 a 1: dove 1 definisce un tratto esclusivamente genetico e 0 definisce un tratto che non ha nessuna componente genetica. A parte i gruppi sanguigni con una ereditabilità del 100%, la maggior parte delle caratteristiche, i tratti fenotipici semplici e complessi, hanno uno score intermedio. Alcune malattie psichiatriche hanno una importante componente di ereditabilità, ma esiste anche una forte componente ambientale e quindi non è detto che due gemelli identici necessariamente presentino la stessa patologia, perché l'ambiente influisce".

Torniamo allo studio. "Partendo da una serie di domande, i ricercatori hanno preso in considerazione una coorte di gemelli identici e una coorte di gemelli diversi: tra i monozigoti la concordanza di risposte risulta più alta. La propensione a ricercare il contatto con la natura sembra dunque avere anche una componente genetica".

Ma quanto e come può cambiare il quadro con il passare del tempo, con la trasformazione delle condizioni di partenza, influenzate per esempio da fattori esterni? Con l'età, l'atteggiamento di un gemello può cambiare rispetto all'altro? "Entriamo nel campo dell'epigenetica. Ci sono tutta una serie di modificazione non tanto della sequenza del genoma, ma relative a come il genoma viene attivato: se vengono osservati gemelli identici alla nascita e poi a cinquant'anni si potranno notare molte differenze. Quando parliamo di fattori ambientali intendiamo qualsiasi fattore che non sia genetico: per cui, in questo caso, bisognerebbe fare altri studi per valutare le condizioni di gemelli in diverse fasi di vita: a dieci, venti, trenta, quaranta e poi cinquant'anni. Questo è uno studio iniziale, relativamente semplice, ma che ha comunque fornito risultati interessanti: dimostra infatti che alcuni comportamenti umani, anche ben definiti, hanno una base genetica. Risulterebbe decisamente più complesso, invece, identificare i fattori genetici specifici capaci di influenzare questi comportamenti: lo studio sui gemelli valuta il complesso dei fattori genetici e dei fattori ambientali, ma ora bisognerebbe fare una cosa più difficile, ovvero sezionare e individuare ciascun componente, almeno per la parte genetica, e questo è davvero complesso perché non esiste il gene dell'amore per la natura, esistono molte varianti in tantissimi geni".

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