CULTURA

Cinquant’anni dopo Praga non è più sola

“Praga è sola”: così titolava nel settembre 1969 il Manifesto, appena fondato quello stesso anno da un gruppo di intellettuali in fuga dal PCI. “La Cecoslovacchia non suscita più vera emozione – scriveva il direttore Lucio Magri –. Qualche grosso titolo nei quotidiani e le sonanti di­chiarazioni dei leaders non bastano a nascondere l'ac­cettazione dello stato di fatto”.

Appena qualche mese prima la primavera cecoslovacca era stata soffocata dai carri armati sovietici, segnando uno spartiacque non solo nella storia europea ma anche in quella della sinistra italiana. Che per la prima volta – a differenza di quanto era accaduto nel 1956 con la rivolta d’Ungheria – si trovò profondamente divisa al suo interno, come dimostrano tanto la celebre canzone di Francesco Guccini quanto l’appassionato testo Praga: una atroce libertà di Pier Paolo Pasolini.

Un periodo per molti si lega anche all’immagine del gesto eclatante di un giovane che esattamente 50 anni fa, il 16 gennaio 1969, si dava fuoco nella centralissima Piazza San Venceslao. Si chiamava Jan Palach, morì dopo tre giorni di agonia e il suo martirio negli anni è diventato il simbolo della libertà indomita e inerme di quella gioventù e di quel popolo.

Proprio a ricordo di quegli eventi Padova ospita in questi giorni una serie di manifestazioni e di eventi riuniti sotto il nome collettivo “PRAGA È SOLA”, secondo un progetto nato da un’idea di Stefano Baldussi e realizzato da Comune di Padova, Dipartimento di Studi linguistici e letterari dell’università di Padova e Centro ceco di Milano, con la collaborazione del Craf - Centro Ricerca Archiviazione Fotografia di Spilimbergo.

La rassegna, aperta proprio il 16 gennaio da una giornata di studio, ha ospitato il 17 gennaio un incontro con il celebre autore di fumetti Vittorio Giardino, creatore della saga di Jonas Fink, ed entra nel vivo il 18 con l’inaugurazione della mostra omonima, che si terrà fino al 3 febbraio nello spazio espositivo della Galleria Cavour (a Padova in piazza Cavour, ingresso libero, orario 10-13/15-19 con chiusura il lunedì).

La mostra, curata da Alessandro Catalano, docente di lingua e letteratura ceca presso l’università di Padova, si articola in tre parti: la nascita e l’evoluzione della Cecoslovacchia tra il 1918 e il 1968, l’esperienza della primavera di Praga e della sua repressione, vista attraverso gli scatti dei fotografi Carlo Leidi e Alfonso Modonesi, i manifesti cinematografici della Nová vlna cecoslovacca – letteralmente "Nuova onda", da cui proverrà anche Miloš Forman –  e la vicenda umana di Jan Palach. I pannelli espositivi e le foto sono accompagnati da interessanti materiali d’epoca, che spaziano dalle prime edizioni dei più celebri romanzi cechi degli anni Sessanta fino ai periodici cechi e italiani, che così ampio spazio dedicarono a quelle vicende.

Assieme alle altre iniziative l’esposizione richiama l’attenzione sulla stagione di stupefacente creatività artistica e politica che ha caratterizzato la cultura ceca tra il 1963 e il 1969 (basti pensare agli scrittori Milan Kundera e Bohumil Hrabal, oltre ai cineasti della citata Nová vlna). Esperienza di cui, in un certo senso, la rivolta popolare seguita all’invasione rappresenta un’ultima disperata tappa, consumata poi dal lento scorrere verso una “normalizzazione” sempre più burocratizzata, contro la quale Jan Palach solleverà la sua ultima e disperata protesta.

La mostra è accompagnata da una rassegna cinematografica che presenta al pubblico tre delle più note e apprezzate pellicole dell’epoca, realizzate da Jiří Menzel, Jaromíl Jireš e Juraj Herz: l’appuntamento è al Fronte del porto filmclub, via S.M. Assunta 20, per Le allodole sul filo (23 gennaio), Lo scherzo (24 gennaio) e Il bruciacadaveri (30 gennaio), tutti alle 18.30.

Conclude il 29 gennaio la serie di eventi la presentazione di un volume di uno dei più noti scrittori cechi, l’autore del celebre Manifesto delle 2000 parole, Ludvík Vaculík.

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