“Un fascino travolgente per tutto quello che Pontecorvo aveva fatto, detto e vissuto”. Con queste parole Giuseppe Mussardo, direttore del dipartimento di storia ed epistemologia di fisica della Sissa di Trieste, descrive – nel suo libro Maksimovič. La storia di Bruno Pontecorvo edito da Castelvecchi-, lo stato d’animo con il quale si approccia alle lunghe e meticolose ricerche sulla figura del fisico pisano. L’opera ha ottenuto il premio Cosmos, per i suoi intenti divulgativi in ambito scientifico
Scopo primario del libro è fornire un ritratto fedele della figura di Bruno Pontecorvo, uno studioso pisano vissuto nel novecento, che ha dato un contributo fondamentale allo sviluppo della fisica, ma il cui valore è stato oscurato da alcune sue scelte decisive, che lo hanno portato a fuggire in Unione sovietica per inseguire il suo ideale politico.
Mussardo si sente affine a Pontecorvo, in quanto entrambi hanno in comune la fisica, in particolare lo studio delle particelle; inoltre, l’autore è interessato alle ricerche e alle vicende che riguardano il gruppo di Fermi, soprattutto perché due dei suoi componenti – Pontecorvo, appunto, e Majorana -, spariscono senza lasciare traccia.
“Realizzare – spiega Mussardo a Il Bo Live – che nel gruppo di Fermi c’erano state ben due scomparse mi ha spinto a interrogarmi sui motivi che le hanno determinate. Tuttavia, se quella di Majorana è – al di là di ogni curiosità, anche morbosa – una vicenda squisitamente privata, quella di Bruno Pontecorvo, invece, è una storia che si distende a 360 gradi: abbraccia interi continenti e si dispiega tra ideologie e scelte di vita”.
Attraverso un lavoro di ricerca esteso, meticoloso e certosino, l’autore ricostruisce tutta la vita di Pontecorvo, riportando lettere e altro materiale d’archivio con l’intento di far luce non solo sulla figura dello studioso, ma anche sulla sua personalità più intima e le motivazioni che, probabilmente, lo hanno portato a compiere alcune scelte radicali.
“Il lavoro di raccolta delle fonti – dichiara Mussardo – è stato molto lungo, ed ha richiesto infinita pazienza: era come seguire delle tracce che, sassolino dopo sassolino, mi avrebbero portato a scovare il documento importante. Bisogna sapere che, quando Pontecorvo è scappato in Unione Sovietica, ha lasciato nella sua casa in Inghilterra diversi documenti, anche importanti. Quando hanno fatto irruzione i servizi segreti, questi materiali sono stati depositati nell’archivio di Londra e in quello di Churchill, a Cambridge. Tutto ciò, dopo sessant’anni dai fatti e dalle indagini, è stato reso pubblico, con il consenso della famiglia”.
Il fisico-scrittore ha poi integrato questi documenti con altre fonti: il figlio di Pontecorvo, Gil, che ha incontrato a Dubna, gli ha consentito di visionare altri materiali fondamentali.
Così, Giuseppe Mussardo è riuscito a fornire un ritratto completo di Bruno Pontecorvo, partendo dalle sue origini ebraiche e dalla sua infanzia e vita familiare; passando per gli anni di studio ed il trasferimento, ancora giovanissimo, a Roma, dove entra a far parte del gruppo di Via Panisperna, che comprende gli studiosi che gravitano attorno alla figura di Enrico Fermi. L’autore fa ampio cenno anche alle vicende delle persone che circondano Pontecorvo, come Fermi e Rasetti, esponendo le loro teorie e i loro esperimenti, che hanno rivoluzionato il mondo della fisica. Secondo Mussardo, in quanto fisico, Pontecorvo ha fatto delle scoperte sensazionali, che avrebbero potuto fruttargli più di un Nobel se, in seguito, la sua vita non avesse preso una piega del tutto diversa.
“Pontecorvo – afferma Mussardo – nasce come fisico nella scuola di Fermi, che aveva una caratteristica ben precisa: riusciva, senza tanti fronzoli e passaggi matematici, a collegare e conciliare teoria ed esperimento. In questo, Pontecorvo era lo studioso che gli assomigliava di più, perché è stato un ottimo sperimentale, ma anche un raffinatissimo teorico”.
La sua acutezza e questa particolare propensione gli hanno permesso di ottenere risultati molto importanti, per esempio nell’ambito dell’individuazione dei neutrini, che sono particelle di cui si conosceva l’esistenza ma che non erano mai state accertate fino al suo famoso esperimento cloro-argon; inoltre, Pontecorvo è stato il primo ad analizzare con successo il flusso di neutrini provenienti dal Sole, che fornisce indicazioni sulle reazioni nucleari in esso presenti. Queste scoperte – verificate successivamente -, hanno dato il premio Nobel a coloro che le hanno accertate, ma non a Pontecorvo.
“Il procedimento che consente di ricevere un Nobel – afferma Mussardo – è molto elaborato, e non include soltanto motivazioni di natura scientifica; scegliendo di recarsi in Unione Sovietica, Pontecorvo si era inimicato tutti i suoi colleghi dell’occidente, e ciò gli ha impedito di ricevere il riconoscimento che gli spettava”.
Il punto di svolta nella sua vita è il trasferimento a Parigi nel 1936: qui, lavora al fianco di Irene Curie e Frederic Joliot, continuando a svolgere la sua intensa attività di studioso. D’altro lato, nel contesto parigino, Pontecorvo ritrova Emilio Sereni, suo cugino e fervente comunista. È soprattutto l’influenza di quest’ultimo che lo spinge ad aderire all’ideale marxista, al quale diventa sempre più fedele. Stalin è, in base a questa convinzione politica, il punto di riferimento assoluto, e l’Unione Sovietica un modello da seguire: non contano la dittatura e i massacri di tutti coloro con cui entra in conflitto. Neppure il trattato Molotov-Ribbentrop fa vacillare la fede dei più intransigenti comunisti verso l’Unione Sovietica, Stalin e il partito.
Dopo l’occupazione tedesca della Francia, Pontecorvo si trasferisce negli Stati Uniti: nonostante le sue indubbie competenze e capacità, non è chiamato a lavorare al Progetto Manhattan per la costruzione della bomba atomica, probabilmente per la sua strenua adesione all’ideale comunista, che non è passata inosservata. Lavora invece a Tulsa, in Oklahoma, e poi a Montreal, in Canada, dove si occupa di neutroni lenti, neutrini e raggi cosmici.
A partire dalla Seconda guerra mondiale si entra, come descrive Mussardo in dettaglio, in un clima di grande tensione: diversi studiosi sono accusati di spionaggio, di aver rivelato ai russi le modalità di produzione della bomba atomica. È una vera e propria caccia alle streghe, una guerra che vede colpevolizzati fisici, scienziati e anche interi paesi, che si attaccano reciprocamente. Tra tutti, viene coinvolto anche Pontecorvo, ed il clima intorno a lui diventa sempre più diffidente.
Nel 1948 ottiene una cattedra a Liverpool: tuttavia, rimarrà in Inghilterra soltanto due anni. Nell’estate del 1950, parte per le vacanze con la sua famiglia e non fa più ritorno: il 31 agosto prende un aereo da Roma per Stoccolma, prosegue per Helsinki e varca i confini dell’Unione Sovietica, dove cambia vita e nome, divenendo Bruno Maksimovič Pontecorvo. Non si conoscono nel dettaglio le sue motivazioni, i suoi movimenti e le sue decisioni sono avvolte da un alone di incertezza e mistero: forse teme condanne e conseguenze negative restando in Europa, o forse si sente braccato e cerca maggiore libertà.
Ma non ne troverà neppure in Unione Sovietica: a Dubna, dove è chiamato a lavorare, lui e la sua famiglia vengono sorvegliati a vista. Per un periodo sono segregati in casa; in seguito, quando Pontecorvo riprende il lavoro e gli studi, è costretto a tenere un diario in cui annota tutto ciò che fa, le sue ricerche, i suoi esperimenti e, in generale, l’andamento delle sue ricerche.
Mussardo mostra ed evidenzia i tratti più contraddittori di una personalità tanto interessante e complessa come quella dello studioso pisano: da un lato attento ricercatore e abile sperimentatore, un fisico che verifica attentamente e scrupolosamente ogni ipotesi che mette in campo; dall’altro un uomo, totalmente devoto all’ideale comunista, tanto da farne una religione, una fede cieca e incondizionata. In Pontecorvo si ritrovano a pieno le contraddizioni di un tempo ricco di tumulti: un tempo che non gli consente di trovare un equilibrio tra scienza e fede politica.