SOCIETÀ

Dall’Io al Noi: ripensare l’economia per salvare la democrazia

“Perché creiamo collettivamente risultati che nessuno vorrebbe”? Se lo è chiesto Katrin Kaufer, economista e ricercatrice presso il Dipartimento di Studi e Pianificazione Urbana del MIT, nonché co-fondatrice e direttrice di ricerca del Presencing Institute. La risposta, secondo la studiosa, sta anzitutto negli schemi che inconsapevolmente continuiamo ad applicare al mondo.

Anche dal punto di vista della scienza economica: l’attuale economia è infatti fondamentalmente egocentrica, vale a dire strutturata per soddisfare i bisogni del singolo individuo e rispondere alle sue esigenze private. In questo modo siamo arrivati alla crisi attuale, caratterizzata da disastri ecologici, fratture sociali sempre più profonde, guerre e migrazioni, mentre tutto il pianeta è attraversato da un revival di nazionalismi e populismi.

Un quadro drammatico che per il momento lascia sgomenti anche esperti e studiosi, incapaci di offrire proposte e paradigmi validi per il tempo presente. Per questo la risposta – secondo Kaufer, ospite a Padova della rassegna Segnavie – sta anche in un nuovo modo di pensare l’economia e i nostri processi decisionali, che passi da un obsoleto “ego-sistema”, incentrato interamente sulla massimizzazione dei profitti in capo ai singoli, a un “eco-sistema” che ricerchi il benessere di tutti attraverso una nuova e più ampia consapevolezza.

La crisi ecologica, sociale e persino spirituale che stiamo attraversando in fondo è solo un sintomo, la punta dell’iceberg – spiega la studiosa –; sotto c’è un sistema di pensiero basato esclusivamente sulla massimizzazione del benessere individuale”. Per questo Katrin Kaufer negli ultimi anni ha lavorato con organizzazioni, aziende e istituti non governativi e no profit, collaborando con la Banca Mondiale ed il Programma di Sviluppo delle Nazioni Unite: il tutto con l’obiettivo di trovare nuovi modelli di sviluppo, più sostenibili da un punto di vista ecologico, sociale e anche umano. “Ciò che è veramente necessario – sostiene Kaufer – è un cambiamento profondo nella coscienza delle persone perché operino non solo per se stesse, ma nell’interesse di tutto l’ecosistema in cui le attività economiche si svolgono”.

Nel corso delle sue ricerche l’economista, di origine tedesca ma residente da anni negli Stati Uniti, ha dedicato un’attenzione particolare agli istituti di credito: “Per ripensare il capitalismo bisogna ripensare le banche: nel sistema attuale esse hanno un ruolo essenziale, scegliendo quali attività finanziare definiscono il nostro futuro”. Proprio quelle banche che negli ultimi anni si sono dedicate soprattutto alla speculazione finanziaria e che sono all’origine della crisi economica che dura dal 2008, simboleggiata dal fallimento di Lehman Brothers.

Per ripensare il capitalismo bisogna ripensare le banche Katrin Kaufer

Il problema è soprattutto recuperare il rapporto con l’economia reale e i bisogni concreti delle persone: negli Usa ad esempio, riferisce l’economista, il 40% degli adulti se interrogato dice che non riuscirebbe a trovare 400 dollari in caso di emergenza, come ad esempio di guasto il un’auto. Anche nel Paese più ricco e potente del mondo insomma l’accesso al credito è escluso per una massa sorprendentemente grande di poveri, che spesso svolgendo due o tre lavori non qualificati riescono appena a sopravvivere. Per questo l’attenzione della studiosa si è concentrata su piccole realtà disseminate in varie parti del mondo, come la tedesca GLS Bank, che finanzia attività economiche green, o la canadese Vancity, specializzata nell’erogazione di microcrediti da 200 dollari in appena 10 minuti. O la nostra Banca Etica, oppure ancora l’idea che sta alla base credito cooperativo, nato a Padova alla fine dell’800 per venire incontro alle esigenze dei piccoli agricoltori e artigiani.

Abbiamo bisogno di banche che creino reti e soluzioni, che siano al servizio della realtà e non siano unicamente orientate a creare denaro da altro denaro – continua Kaufer –. Molti esempi virtuosi ci sono già: quello che manca è un nuovo modo di pensare l’economia, che rifletta queste realtà”. Ed è un problema concreto, che non riguarda solo l’economia ma la democrazia. Ne è un esempio proprio l’ascesa dei nazionalismi e dei cosiddetti populismi, che la studiosa vede essenzialmente come una reazione a una società sempre più iniqua: “L’attuale sistema economico sta ammazzando la democrazia – conclude –. La domanda è: quanta iniquità può essere gestita dai nostri sistemi democratici? Oggi la gente non si fida più del sistema. Non penso sia possibile stabilizzare le nostre democrazie senza un completo ripensamento delle nostre economie”.

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