Foto: Massimo Pistore. Università di Padova © tutti i diritti riservati
“Il secondo dopoguerra è stato caratterizzato dalla crescita dei paesi in via di sviluppo: milioni di persone sono usciti dalla povertà rendendo l’economia mondiale più inclusiva – dice a Il Bo Live il premio Nobel per l’economia Michael Spence –; questo però allo stesso tempo ha creato tensioni e stress nelle economie mature, penalizzando soprattutto alcuni settori industriali ed aree geografiche”.
Guarda l'intervista de Il Bo Live a Michael Spence. Riprese e montaggio di Tommaso Rocchi. Novembre 2018.
La globalizzazione è un fenomeno complessivamente positivo ma non a somma zero: penalizza soprattutto l’industria e i redditi medi; ci sono insomma vincitori e vinti, e per non finire tra i secondi la risposta, sempre secondo lo studioso, è una sola: educazione. “Non sappiamo con certezza se la tecnologia produce una diminuzione dei posti di lavoro, quello che è certo è che produce un loro cambiamento. La sfida attuale è aiutare la gente a compiere questo tipo di transizioni durante tutta la vita”.
Spence, che ha tenuto in Aula Magna una lectio dal titolo The Transformation of the Global Economy, si è aggiudicato il Premio Nobel dell’Economia nel 2001 assieme a George Akerlof e Joseph Stiglitz per i suoi studi sull’informazione asimmetrica, che spiegano alcuni casi di “fallimenti del mercato” con l’assunto che non sempre chi compra e chi vende posseggono le stesse informazioni sulla qualità del bene oggetto di scambio, e ogniqualvolta che l’informazione è distribuita in maniera asimmetrica i mercati diventano inefficienti.
Già professore a Stanford e ad Harvard, da anni Spence segue il tema delle strategie per la crescita e lo sviluppo globali; da questo punto di vista in passato ha anche espresso dubbi sulla costruzione e il funzionamento dell’euro: “Penso che il grosso errore sia stato quello di introdurre troppo presto la moneta unica, senza un maggiore livello di integrazione tra le economie dei diversi Paesi, ad esempio a livello fiscale. Per come è configurata oggi l’eurozona è carente di meccanismi di aggiustamento, come il tasso di cambio e l’inflazione”.
Basso tasso di crescita nominale e debito alto rischiano così di spingere un'economia come quella italiana in una specie di trappola, dalla quale però l’uscita dall’euro non rappresenta una facile via di fuga: “Innanzitutto perché non credo che la gente lo voglia, la moneta unica ha anche molti vantaggi. Ci sono poi tantissimi passi da compiere prima, e bisognerebbe vedere le reazioni degli altri Paesi e della BCE. Al momento non lo vedo probabile”. “L’unica soluzione nel breve periodo che vedo per l’Italia – continua Spence – è un piano di crescita pluriennale credibile, per poi andare a Bruxelles e chiedere la flessibilità necessaria per realizzarlo. Per il momento però questo piano ancora non è arrivato”.
Intervento completo e dibattito con Michael Spence