IN ATENEO

Manlio Cortelazzo, linguista per passione

Il 19 dicembre 1918 nasceva a Padova Manlio Cortelazzo, uno dei maggiori linguisti e dialettologi italiani a cavallo tra il secolo scorso e il presente; per questo, a poche settimane anche dal decennale dalla morte, avvenuta il 3 febbraio 2009, il Dipartimento di Studi linguistici e letterari dell’università di Padova ha dedicato a uno dei suoi maestri tre giornate di studio alla Scuola Galileiana. Giovani ricercatori da tutta Italia, quasi tutti under 40, si sono confrontati su molti aspetti dell’opera del linguista padovano, in particolare intorno ai tre nuclei della dialettologia, dell’ etimologia e contatto linguistico.

Ancora oggi l’italianista che si occupa di questi argomenti, oltre che di sociolinguistica, interferenze linguistiche e folklore, non può ignorare gli studi del linguista padovano, che in tutti questi campi ha elaborato strumenti di lavoro ancora oggi attuali e indispensabili: si pensi solo all’Avviamento critico allo studio della dialettologia italiana (pubblicato a Pisa nel 1969), a L’influsso linguistico greco a Venezia (Bologna 1970), a I dialetti e la dialettologia in Italia (fino al 1800) (Tübingen 1980) e soprattutto al DELI, il Dizionario etimologico della lingua italiana pubblicato nel 1979 in collaborazione con Paolo Zolli.

Un’opera che consta di oltre 400 pubblicazioni (che in parte sono oggi raccolte nel sito manlio.cortelazzo.eu) nell’arco di oltre sei decenni, dagli anni della guerra fino a quello della morte, e che nasce da un percorso umano e accademico assolutamente fuori dagli schemi. Costretto dalle condizioni familiari a diplomarsi in ragioneria e a cercare un lavoro, all’inizio Cortelazzo compie le sue ricerche in maniera autonoma, spinto soprattutto dalla passione per la lingua e le lingue italiane. Seguono le prime pubblicazioni, risalenti al 1943 e dedicate soprattutto al linguaggio militare, eco del conflitto mondiale a cui lui stesso aveva partecipato in Grecia (a Corfù, nella nota Divisione Acqui) e poi, come prigioniero, in Polonia e in Germania.

Mi sono sentito investito del compito di recuperare non l'uso del dialetto, impresa che andrebbe contro la storia, ma la conservazione delle sue ultime tracce Manlio Cortelazzo

Nel dopoguerra Cortelazzo per circa un ventennio deve lavorare in ambienti lontani dalla scuola e dall’università, continuando parallelamente la sua attività di ricerca nei due settori del gergo e del contatto linguistico, come dimostrano le numerose pubblicazioni accolte principalmente in “Lingua Nostra”, la rivista di italianistica guidata dal famoso linguista Bruno Migliorini, autore della prima storia della lingua italiana e per vari anni presidente dell'Accademia della Crusca. Solo passati i 40 anni Cortelazzo può finalmente laurearsi a Padova in glottologia sotto la guida di Carlo Tagliavini, di cui diviene presto collaboratore (dopo essere stato assistente volontario di Gianfranco Folena). In seguito, a partire dalla sua istituzione nel 1967, tiene ininterrottamente l’insegnamento di dialettologia italiana presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’università di Padova (pur ricoprendo incarichi anche nelle università di Trieste - sede di Udine, dove inizia la sua carriera di professore ordinario, Innsbruck, Graz e Budapest, oltre che al CNR).

Autore vulcanico, curatore e redattore di numerose pubblicazioni e riviste scientifiche, ancora oggi Manlio Cortelazzo è una presenza quasi abituale per quanti a vario titolo frequentano o hanno frequentato la sede universitaria di Palazzo Maldura. Un’eredità che da un punto di vista popolare rimane indissolubilmente legata allo studio appassionato della “lingua veneta” nelle sue varietà linguistiche, principalmente il veneziano e il veneto centrale (cioè il gruppo padovano-vicentino-polesano). “La sorte ha voluto assistessi al rapido (anche se nel Veneto meno veloce) tramonto delle parlate dialettali, che prelude alla loro estinzione, sia pure non così prossima come alcuni paventano – scrisse una volta in Noi Veneti. Viaggio nella storia e nella cultura veneta (Verona 2001)  –. Per questo mi sono sentito investito del compito di recuperare non l'uso del dialetto, impresa che andrebbe contro la storia, ma la conservazione delle sue ultime tracce, ancora molto cospicue. Non si tratta di conservare per i posteri un materiale inerte, ma una documentazione, depositata nei modi dialettali, del giudizio sulle vicende storiche e sociali delle età trascorse, che la gente umile non era in grado di affidare alle scritture”.

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012