SOCIETÀ

Le nuove porpore di Francesco

Con 13 nuovi cardinali creati nell’ultimo concistoro papa Francesco continua la sua opera di rinnovamento del vertice della Chiesa Cattolica. Nove hanno meno di 80 anni, con il diritto quindi di partecipare a un eventuale conclave: il maltese Mario Grech, gli italiani Marcello Semeraro, Paolo Augusto Lojudice e Mauro Gambetti, lo statunitense Wilton D. Gregory (primo cardinale afroamericano negli Usa), il ruandese Antoine Kambanda, il filippino José Fuerte Advincula, il cileno Celestino Aos Braco e il bruneiano Cornelius Sim. A questi si aggiungono anche quattro porporati ultraottantenni, il messicano Felipe Arizmendi Esquivel e gli italiani Silvano M. Tomasi, Enrico Feroci e Raniero Cantalamessa.

Con la nuova cerimonia, caratterizzata anche dalle misure anti-Covid – contatti personali limitati e collegamenti in videoconferenza –, i cardinali elettori creati dall'attuale pontefice salgono a 73, contro i 39 di Benedetto XVI e i 16 di Giovanni Paolo II. Sono 53 gli europei (di cui 22 italiani), a cui si aggiungono 24 latinoamericani, 18 africani, 16 asiatici, 13 nordamericani e quattro provenienti dall'Oceania. “È evidente che nella visione di Bergoglio è fondamentale dare rappresentanza, modificare i pesi delle grandi aree che potremmo chiamare geopolitiche – è il commento per Il Bo Live di Pierluigi Giovannucci, docente presso l’università di Padova di storia del Cristianesimo e delle chiese –. In questa prospettiva ovviamente rientra anche un calo della componente europea e in particolare di quella italiana”.

Spesso ci si sofferma sulla tendenza di papa Francesco a nominare cardinali extraeuropei.

“Sul punto cerchiamo di capirci: spesso i papi sono un po’ più avanti dei commentatori. Già nel 1946 Pio XII aveva nominato 32 porporati da tutti e cinque i continenti, tra cui il primo cardinale cinese, mentre il primo indiano è del 1953. Prima ancora, con l’enciclica Maximum illud del 30 novembre 1919, Benedetto XV aveva predetto che il colonialismo sarebbe arrivato al capolinea. Il messaggio è sempre lo stesso: la Chiesa è universale e, pur non essendo una democrazia rappresentativa, dà spazio a tutti. Tanto più oggi, con un’Europa in cui la fede cala sempre di più”.

Il messaggio è sempre lo stesso: la Chiesa è universale e, pur non essendo una democrazia rappresentativa, dà spazio a tutti

È possibile che con le ultime nomine Francesco pensi già a prepararsi un successore?

“Chiariamo innanzitutto che il concistoro è una specie di grande senato che però non è in servizio permanente effettivo: un cardinale residenziale cileno o filippino raramente riesce a venire a Roma. Oggi il collegio cardinalizio è significativamente più ampio rispetto a primi decenni dell’Ottocento e ancora di più rispetto alle epoche precedenti, inoltre alcune nomine rispondono più alle dinamiche interne alle chiese nazionali che a un preciso piano ‘politico’ del pontefice. Sarebbe insomma veramente difficile cercare di predeterminare l’orientamento del prossimo conclave: del resto anche lo stesso Bergoglio è stato nominato vescovo e poi creato cardinale da Wojtyła, così come Ratzinger. Non a caso uno studioso valido come Antonio Menniti Ippolito a proposito dei pontificati dell'età moderna (Cinque-Settecento), parlava di 'continua discontinuità del papato'”.

I cardinali italiani sono sei, di cui tre elettori. Mancano ancora i vescovi di città che un tempo erano sedi cardinalizie come Milano, Palermo, Genova, Venezia…

“Credo che certe situazioni in Italia ce le dovremo scordare. Il che non vuol dire che il papa non consideri importante la sede di Venezia e la regione ecclesiastica Triveneto, ma che semplicemente non si sente più obbligato a rispettare certe usanze”.

C’è chi parla addirittura di diffidenza se non di antipatia da parte del papa verso la Chiesa italiana.

“Sicuramente negli ultimi anni quella italiana si è segnalata come una chiesa non particolarmente avanzata, a partire in particolare dal Concilio Vaticano II, nel quale erano italiani molti importanti esponenti della cosiddetta minoranza conciliare. C’è poi anche un altro aspetto apparentemente secondario: in Italia il reticolo delle diocesi è estremamente frammentato. C’è molto dibattito sulla pletoricità delle province, ma le diocesi sono molte di più! Uno stato delle cose che agli occhi di un papa che viene dall’America Latina, per di più da una diocesi come quella di Buenos Aires, può sembrare arcaico, e che allo stesso tempo è difficile da riformare a causa dei vari campanilismi. Anche per questo la Chiesa italiana appare a volte proiettata nel passato e in un certo senso culturalmente poco attrezzata per rispondere alle sfide dell’oggi: cultura globalizzata, secolarizzazione rapida, una generazione di giovani e giovanissimi che si qualifica in percentuali altissime come incredula. Non che altri Paesi come Francia e Germania se la passino meglio, ma quanto meno hanno più chiaro il problema”.

Dove va la Chiesa di Francesco?

“Da questo punto di vista più dei nuovi cardinali colpiscono certe nomine episcopali, come ad esempio quella del francescano Marco Tasca alla cattedra di Genova, nel ruolo ricoperto in passato da grandi esponenti conservatori come il cardinale Giuseppe Siri. Oggi c’è una Chiesa forse più plurale e meno monolitica, dove si può discutere ed eventualmente essere anche in disaccordo. Diversa sotto molti aspetti da quella Pio X, che dettò un catechismo unico per tutte le diocesi del mondo, o da quella di Pio XII, che da Roma dava l’impressione di poter intervenire in ogni ambito o questione in qualsiasi parte del mondo. Una Chiesa che ha avviato processi importanti e che è – questo il papa lo ribadisce spesso – strettamente legata al popolo, quindi alle concrete e diverse realtà e sensibilità culturali e religiose. Un ultimo aspetto riguarda la desacralizzazione che Francesco sta portando avanti riguardo la sua stessa persona, attraverso i noti atteggiamenti semplici e colloquiali che lo contraddistinguono. Un modo anche per reagire a un meccanismo inverso che aveva portato tra le altre cose a una vera e propria pipeline di procedure di canonizzazione, che hanno coinvolto quasi tutti i pontefici del ventesimo secolo (esclusi i poveri Benedetto XV e Pio XI). Una tendenza che stava esaltando la funzione pontificia in maniera eccessiva e forse anche pericolosa”.

La curia romana sta aiutando il papa in questo progetto?

“È croce e delizia di molti pontificati, ma è anche un’articolazione organizzativa senza cui la Chiesa Cattolica difficilmente può funzionare. Credo che il papa in un certo senso abbia rinunciato a riformarla, e che sulle iniziative principali al momento cerchi soprattutto di bypassarla”.

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