Sono arrivati a quota 16 gli stati degli USA che hanno fatto ricorso contro la decisione di Donald Trump di dichiarare lo stato di emergenza nazionale; l'obiettivo è di sbloccare i fondi per la costruzione del muro tra gli Stati Uniti e il Messico, negati dal Congresso: secondo il presidente americano, il paese sta vivendo una crisi d'immigrazione. La discussione si è sviluppata intorno alla legalità della richiesta in quanto, secondo i governatori degli Stati americani coinvolti, non c'è una prova tangibile di “un'invasione di droga e criminali”, motivazione espressa da Trump durante l'annuncio nel giardino della Casa Bianca il 15 febbraio scorso.
“We’re talking about an invasion of our country with drugs, with human traffickers, with all types of criminals and gangs.” pic.twitter.com/Wv4spvjrRx
— The White House (@WhiteHouse) 16 febbraio 2019
Il muro è sempre stato uno dei punti forti della campagna elettore di Trump: dopo lo shutdown iniziato lo scorso dicembre e terminato a fine gennaio, il presidente americano ha cercato un altro modo per trovare i fondi necessari, quasi 5,7 miliardi di dollari, per la costruzione della barriera. Il simbolo dell'opposizione al progetto del tycoon americano è diventata Nancy Pelosi, speaker della Camera dei rappresentanti al congresso.
“Nancy Pelosi è cresciuta a pane e politica: suo padre, Thomas D'Alesandro era stato deputato e poi sindaco di Baltimora. È alla Camera dal 1987 – spiega Fabrizio Tonello del dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e studi internazionali dell'università di Padova - ed era già stata speaker dal 2007 al 2011. Oggi ha 78 anni, quindi ha visto passare davanti ai suoi occhi tutti i presidenti americani da Franklin Roosevelt in poi: difficile che un personaggio come Trump possa impressionarla. Pur non avendo mai fatto parte dell'ala sinistra del partito democratico, Pelosi è sempre stata un politico progressista, molto attento ai diritti delle donne e ai problemi dell'ambiente”.
100 years after America recognized women’s right to vote, the 116th Congress will have more than 100 women in the House for the first time – including our 91 Democratic women! #AWomansPlaceIsInTheHouse pic.twitter.com/1TVt4L1VGt
— Nancy Pelosi (@SpeakerPelosi) 8 gennaio 2019
L'elezioni di metà mandato del novembre 2018 hanno rappresentato un punto critico per la presidenza Trump: i Democratici, infatti, hanno preso il controllo della Camera (non del Senato che rimane in mano ai Repubblicani). Oltre alla nomina di Nancy Pelosi come speaker della House of Representatives, le Midterm sono state il trampolino di lancio per altre figure politiche di spicco e in netta opposizione alla politica di Trump.
Tra le più seguite, sia dagli addetti ai lavori che dal mondo social, è la deputata democratica del 14° distretto di New York Alexandria Ocasio-Cortez, la più giovane parlamentare eletta alla Camera nella storia degli Stati Uniti.
“La forte e visibile presenza femminile nelle elezioni per il Congresso del 2018, ben simboleggiata dall'elezione di una giovane attivista radicale come Alexandria Ocasio-Cortez a New York, è il risultato di un lungo processo – continua il prof. Tonello -. Da più di 30 anni il partito democratico si è "femminilizzato" grazie alle sue posizioni sull'interruzione della gravidanza e per i diritti delle donne, mentre il partito repubblicano si è "mascolinizzato" sotto l'influenza dei fondamentalisti protestanti e della lobby delle armi. Nelle ultime elezioni, il 54% delle donne hanno votato per Hillary Clinton e solo il 41% per Donald Trump. In prospettiva, questo costituisce un notevole vantaggio per il partito democratico, a condizione che riesca a mobilitare l'elettorato femminile, che storicamente tendeva a votare in percentuale minore rispetto a quello maschile”.
Dopo le elezioni di metà mandato, gli Stati Uniti dovranno prepararsi a eleggere il loro nuovo presidente: gli elettori sono chiamati al voto nel 2020 ma già da qualche settimana sono iniziate le candidature per la presidenza. “Trump sarà certamente il candidato repubblicano – commenta Tonello -. Ci sono molte donne che partecipano alle primarie democratiche, un processo che peraltro inizierà effettivamente solo nel gennaio 2020. Le più visibili, fino ad oggi sono due senatrici: Elizabeth Warren del Massachusetts e Kamala Harris, della California. Non bisogna dimenticare, però, che ha già annunciato la sua decisione di entrare in campo anche un candidato molto forte come il senatore Bernie Sanders, mentre si aspetta la decisione dell'ex vicepresidente Joe Biden. Sono tutti candidati competitivi ma nella politica americana 22 giorni sono già un'eternità, figuriamoci 22 mesi. Scandali, crisi internazionali, crack di borsa: qualsiasi avvenimento può cambiare gli scenari politici fino al momento in cui si aprono i seggi”.
I’m running to be president of the people, by the people, and for all people. I’m running to fight for an America where you only have to work one job to pay the bills and where health care and education are fundamental rights. pic.twitter.com/8wjehsmX7i
— Kamala Harris (@KamalaHarris) 28 gennaio 2019
Fino al 18 febbraio 2019 si sono candidati 537 politici, di cui 184 democratici e 69 repubblicani. Secondo The New York Times, molti candidati hanno già intrapreso delle campagne non ufficiali, in particolare i democratici grazie al loro comune denominatore: il presidente Trump e la sua sconfitta. Partendo dalle numerose candidature e donazione che stanno fioccando in questi giorni, si può ipotizzare che questa potrebbe essere la corsa alla Casa Bianca "più lunga, più affollata e più costosa della storia politica americana".