Adesso non bastano più nemmeno le grandi coalizioni: nel Parlamento europeo appena eletto non basteranno più i deputati Popolari e Socialisti a garantire la presenza di una maggioranza politica. Entrambi i gruppi parlamentari infatti hanno perso decine di seggi rispetto alla legislatura precedente: il PPE dovrebbe ottenerne 179 – erano 221 nel 2014 – mentre i Socialisti e Democratici (S&D) probabilmente si fermeranno a 153, rispetto ai 191 del 2014. Insieme insomma sono ben lontani dai 376 voti, che garantiscono il controllo dell’assemblea. Certo, l’Europarlamento non ha ancora tutti i poteri delle assemblee elettive nazionali – primo fra tutti quello di dare o negare la fiducia a un governo – ma nelle ultime legislature ha comunque guadagnato sempre più importanza nella complessa architettura delle istituzioni europee. Ne parliamo con Paolo Graziano, docente di scienza politica presso l'università di Padova.
Professor Graziano, che effetti avranno le ultime elezioni sugli equilibri politici nazionali ed europei?
“Sul piano interno le elezioni hanno certamente avuto l’effetto immediato di valorizzare la componente leghista nel governo; questo però non significa che a livello europeo Lega e governo italiano possano più di tanto fare la voce grossa. Eventuali proposte o richieste da parte dell’Italia dovrebbero infatti essere approvate dal Consiglio e dal Parlamento europeo, dove il nostro ruolo rischia di essere sempre più marginale. Tanto che si dovrà trovare un candidato italiano per la Commissione che sia il più possibile super partes: è già stato fatto il nome del ministro Tria, cosa che non mi sorprende affatto, ma anche Moavero Milanesi nel quadro attuale potrebbe essere un candidato forte. Non sono certo le figure ideali per il partito che ha vinto le elezioni in Italia, ma sono quelle che per il momento potrebbero attraversare i vari passaggi politici previsti dalle procedure europee”.
Quali sono le prerogative della maggioranza nell’Europarlamento?
“Si tratta di poteri abbastanza significativi in termini di capacità di sostenere o di bloccare le iniziative più importanti in Commissione o in Consiglio. Inoltre dal trattato di Lisbona in poi il Parlamento Europeo ha incrementato ulteriormente il proprio ruolo: la presenza di una maggioranza solida è quindi un fatto estremamente importante. Da questo punto di vista probabilmente continuerà la coalizione tra Popolari e Socialisti e Democratici, i partiti che da decenni rappresentano il motore dell’integrazione europea, a cui si aggiungeranno anche i Liberali di ALDE e forse anche i Verdi”.
Una coalizione eterogenea però non rischia di bloccare le capacità di decisione del Parlamento?
“Bisogna tenere conto che l’Europarlamento funziona in modo diverso rispetto alle assemblee legislative nazionali; la maggioranza può essere infatti rafforzata o indebolita da quello che succede in seno al Consiglio: questo fa sì che gli equilibri siano più difficili da raggiungere, ma anche da smontare. Con i Liberali (Alde) già in passato ci sono stati stretti rapporti di collaborazione su dossier importanti: già tra il 2004 e il 2014, alcuni loro rappresentanti erano stati inclusi nella Commissione. L’alleanza con i Verdi può effettivamente rappresentare un’incognita, dato che fino ad ora non avevano mai acquisito questo peso politico, ma le dichiarazioni di questi giorni degli Spitzenkandidaten (i candidati alla presidenza della Commissione, ndr), sommate a quello che si è detto durante la campagna elettorale, sembrerebbero andare in questo senso: quasi tutti parlano di un forte rilancio dell’economia verde, di lotta al cambiamento climatico e di un possibile Piano Marshall per l’Africa. Rimangono i contrasti sulle politiche migratorie, che però al momento non sono al centro del dibattito europeo”.
Adesso quali sono i prossimi passaggi istituzionali in vista?
“In questi giorni si stanno costituendo i gruppi politici per la prossima legislatura. Il 20 e il 21 giugno ci sarà un Consiglio Europeo molto importante per la definizione degli scenari futuri. Il parlamento in vigore scadrà ufficialmente il 1° luglio, e il giorno dopo entrerà in carica il nuovo. Da lì in avanti si comincerà a lavorare sull’elezione dei presidenti delle commissioni parlamentari e su quella del presidente del Parlamento, che verrà votato a inizio luglio. Settembre e ottobre saranno dedicati a formare la nuova Commissione: il voto parlamentare in plenaria è unico, ma le audizioni dei singoli candidati commissari – che avvengono a livello di commissione parlamentare – daranno vita a valutazioni da parte del Parlamento che, pur non traducendosi in un voto di fiducia formale, potrebbero suonare come una bocciatura e portare eventualmente al ritiro delle candidature. Infine, tra la seconda metà di ottobre e l’inizio di novembre, dovrebbe entrare in carica la nuova Commissione”.