SOCIETÀ
Premio Nobel 2023 per l'economia a Claudia Goldin per gli studi sul Gender gap
Immagine di Niklas Elmehed for Nobel Prize Outreach
Perché ancora oggi nel mondo – non solo nei Paesi una volta chiamati in via di sviluppo – le donne sono meno presenti sul mercato del lavoro e guadagnano meno rispetto agli uomini? Questione di grande attualità della quale Claudia Goldin si occupa da decenni con dedizione e rigore scientifico, tanto da meritare il Nobel per l’economia (o, scritto più correttamente, il “Premio della Banca di Svezia in memoria di Alfred Nobel per le scienze economiche”, istituito solo nel 1968 dalla Sveriges riksbank). Il prestigioso riconoscimento è stato assegnato oggi all’economista americana docente ad Harvard e con studi a Chicago, terza donna nella storia del premio, ‘per aver migliorato la nostra comprensione del mercato del lavoro femminile’.
“Una scelta ottima e coraggiosa, che premia ancora il settore della Labour economics – commenta a caldo Lorenzo Rocco, docente di microeconomia presso il Dipartimento di Scienze Economiche e Aziendali "Marco Fanno" dell’università di Padova –. Quello sul gender gap è un ambito di studi sempre più centrale negli ultimi 30 anni, in buona parte proprio grazie a Claudia Goldin. Questo perché, nonostante nel dopoguerra i divari si siano ridotti e un maggior tasso di istruzione, permangono differenze importanti in termini di partecipazione e di salari a sfavore delle donne”.
Immagine: ©Johan Jarnestad/The Royal Swedish Academy of Sciences
Oggi nel mondo circa il 50% delle donne fa parte al mercato del lavoro contro l’80% degli uomini; le lavoratrici guadagnando inoltre il 13% in meno rispetto ai colleghi e incontrano difficoltà maggiori nel raggiungere ruoli apicali all’interno delle organizzazioni (il cosiddetto soffitto di cristallo). Un gap che, pur diminuendo, è tuttavia ben presente anche nei Paesi con economie sviluppate.
Una situazione che chiede di essere indagata dal punto di vista della scienza economica per scoprirne meccanismi e possibili soluzioni. Ed è proprio quello che Goldin ha fatto, contribuendo innanzitutto a ricostruire in un libro pubblicato nel 1990 (Understanding the Gender Gap: An Economic History of American Women, Oxford University Press) due secoli di andamento del mercato del lavoro negli Stati Uniti. Con risultati fondamentali per il successivo sviluppo di quest’area di ricerca: Goldin ad esempio mette in luce come la partecipazione delle donne – specie quelle sposate – non sia cresciuta in parallelo al benessere e alla produttività, ma disegni nell’arco di 200 anni una sorta di curva ad U.
Nel primo dei due secoli presi in considerazione, all’incirca fino al 1910, con il passaggio dal lavoro nei campi alle fabbriche, la percentuale d occupazione femminile occupati cala costantemente, per poi salire soprattutto nel secondo dopoguerra. Un andamento influenzato da diversi fattori, dallo sviluppo tecnologico alle aspettative trasmesse ai singoli dalla società e dalla famiglia: ed è proprio su quest’ultimo aspetto che Goldin ha concentrato la sua attenzione.
“Ci sono innanzitutto le aspettative che le ragazze maturano guardando alla famiglia di origine, in particolare alle madri – continua Rocco –. Se queste ad esempio preferiscono restare a casa o rinunciano alla carriera questo può in qualche modo a influire sulle scelte delle ragazze, spingendole a scegliere studi e carriere che promettono più flessibilità e tranquillità riguardo gli impegni familiari. Scegliere di fare l’ingegnere o la maestra incide sul reddito, così come essere disponibili a orari più lunghi e a viaggiare per lavoro. In molte occasioni le donne fanno passo indietro: ci può essere una contrattazione interna alla coppia ma conta anche il modello appreso da bambine, per il quale la famiglia e i figli ancora sono molto importanti e giustificano il sacrifico dei singoli . Una situazione che del resto sta già cambiando nelle ragazze di oggi, con conseguenze importanti sulla fertilità, la crescita demografica e il concetto stesso di famiglia”.
Immagine: ©Johan Jarnestad/The Royal Swedish Academy of Sciences
Goldin nella sua opera si sofferma soprattutto sull’effetto dei cambiamenti culturali, con l’elevarsi del tasso di istruzione tra le donne, l’aumento delle aspettative individuali e il diffondersi dell’aspirazione alla parità e della contraccezione. “Il ruolo della cultura nelle aspettative individuali è confermato da numerose ricerche sul campo, compresa una alla quale ho partecipato recentemente e in corso di pubblicazione sull'influenza degli Stati preunitari sull'occupazione femminile in Italia, nella quale osserviamo che strutture scomparse oltre 150 anni fa continuano in qualche modo a condizionare le scelte delle donne in materia di lavoro e famiglia – conclude Rocco –. Al di là dei modelli è giusto che donne possano scegliere cosa fare della loro vita, senza doversi far carico da sole della questione della fertilità”.