SOCIETÀ
Romano Prodi: pace possibile con accordo Usa-Cina, ma l’Europa faccia di più
La fine del conflitto in Ucraina è possibile solo attraverso un accordo tra Usa e Cina, ma l’Europa deve mostrare maggiore autonomia: è questa in sintesi l’analisi di Romano Prodi, che stamattina nell’Aula Magna di Palazzo Bo ha aperto la terza edizione della Spring School in International Politics & Security, organizzata dal Dipartimento di Scienze politiche, giuridiche e Studi internazionali con il coordinamento scientifico di Valentine Lomellini.
L’Europa in un mondo in tensione il titolo dell’intervento, in cui l’ex presidente del Consiglio dei ministri e della Commissione Europea non ha risparmiato giudizi sulla situazione attuale con l’abituale franchezza e profondità di analisi. A partire dal conflitto in corso, che nella visione di Prodi di costituisce un capitolo del grande processo in atto di riorganizzazione degli equilibri di potenza tra Stati Uniti e Cina, mentre la Russia rivestirebbe il ruolo di junior partner in una sorta di doppia guerra per procura. Quanto all’Ue, essa appare al momento meno propositiva e autonoma: “Comincio a sperare in un po' di risvegli con Macron, Draghi… finora l'Europa è andata a traino, diciamo la verità – spiega il professore nell’intervista a Il Bo Live –. Vedo la possibilità di un movimento maggiore dell'Europa, perlomeno come stimolo: la guerra però finisce solo quando Stati Uniti e Cina si mettono d'accordo, e per farlo possono utilizzare la Turchia o qualcun altro… Ripeto spesso che la Cina cresce di una Russia all'anno: ma allora con chi si deve fare la pace, con la Russia o la Cina?”.
Intervista di Daniele Mont D'Arpizio, riprese e montaggio di Elisa Speronello
Più cauto è Romano Prodi sul rischio che nel breve periodo lo scontro si allarghi al Pacifico: “Che la Cina sempre più voglia essere potenza regionale assoluta è un fatto, che questo implichi la presa di Taiwan no – continua il politico e studioso, che tra il 2010 e il 2017 ha insegnato alla Business School di Shanghai –. Poi sa, gli schemi internazionali cambiano, ma al momento non vedo una Cina che, pur essendo molto assertiva, fa il passo ulteriore verso Taiwan”. Certo il Dragone negli ultimi anni sotto la guida di Xi Jinping pare aver mutato decisamente atteggiamento nei confronti dell’Occidente, acquisendo fiducia e sicurezza anche a seguito dei fallimenti della politica estera statunitense, come ad esempio quello a cui abbiamo assistito l’anno scorso in Afghanistan.
La globalizzazione comunque al momento non è in discussione: “Si era già ridotta da Trump in poi, ma non assistiamo alla sua fine”. Pur essendo rivali le potenze sono ancora troppo interconnesse dal punto di vista economico: in particolare la Cina basa ancora il suo benessere soprattutto sulle esportazioni, rimanendo al contempo dipendente dall’estero nei campi delle materie prime, dell’energia e della produzione di derrate alimentari. Sta di fatto che le filiere e il commercio internazionale sono destinati a cambiare sempre più in conseguenza della pandemia e della guerra. “Quando è arrivato il Covid-19 ci siamo accorti che ci mancavano le mascherine – esemplifica il professore –. È stato come un risveglio psicologico dell'umanità: ‘ma come? È la roba più semplice da produrre al mondo e le dobbiamo importare a miliardi dalla Cina?’… Ognuna delle tre grandi aree economiche, Usa Cina ed Europa, deve avere un minimo di presenza nella filiera produttiva, per non restare nudi quando viene la tempesta. Oggi questo processo sta andando avanti, è cominciato il resharing e tante imprese stanno tornando un po' indietro e si localizzano anche in altre aree. Abbiamo quindi una globalizzazione un po' più ridotta; il commercio internazionale sta continuando ad aumentare, però meno di prima: siamo di fronte a una specie di assicurazione nei confronti dell'eccessiva globalizzazione”.
“ La Cina cresce di una Russia all'anno: ma allora con chi si deve fare la pace? Romano Prodi
Alla domanda se un giorno torneremo ad avere a relazioni internazionali più distese e collaborative, Prodi risponde infine che “non è solo possibile, ma doveroso. Se però mi chiede il come io dico che qui c'è una responsabilità europea: se fossimo uniti già oggi saremmo un fortissimo elemento di riequilibrio fra le due grandi potenze. L'errore storico è stato quello, secondo me, di radicalizzare la tensione facendo unire Russia e Cina, dividendo ancor più il mondo. In una prospettiva di lungo periodo solo un forte ruolo dell'Europa può in qualche modo riequilibrare la situazione: però, ripeto, non ci siamo ancora vicini”.