Per anni le persone convinte che cani e gatti sapessero individuare malattie prima dei medici sono state considerate un po’ credulone.
Anche da Doctor House, nel diciottesimo episodio della serie numero cinque, Vieni micina. Il cinico dottore veniva contattato da un’infermiera attiva in una casa di riposo che era sicura di stare per morire: la gatta Debbie, infatti, aveva la curiosa abitudine di accucciarsi a fianco dei degenti poco prima che questi passassero a miglior vita, e aveva scelto proprio lei. Tanto basta ad House per voler smentire questa credenza antiscientifica della gatta preveggente, al punto di portarla direttamente nel suo ospedale in barba a tutte le norme igieniche, perché vuole smascherarla ad ogni costo. Eppure la gatta della discordia comincia a mietere vittime anche in ospedale: non è che il luminare stavolta è di fronte a un mistero più grande di lui? Ovviamente no: la gatta sceglie i morituri perché sente il calore della febbre alta o delle coperte termiche che i parenti procurano agli anziani prossimi al trapasso.
Quella di Debbie sembra la storia realmente accaduta di un altro gatto, Oscar, attivo alla clinica Steere House di Providence (Stati Uniti): il personale medico conferma il suo sesto senso che gli permette di prevedere i decessi, ma esclude la possibilità che il gatto sia un sensitivo; anche se non sbaglia mai e quando si avvicina a un degente questi muore nel giro di poche ore, la dottoressa Joan Teno è convinta che ci sia una spiegazione biochimica che non è ancora stata trovata.
In ogni caso il “parere medico” di Oscar è tenuto in grande considerazione nella casa di cura, tanto che vengono subito avvisati i parenti del degente che riceve le sue attenzioni, affinché possano “salutare” degnamente il congiunto.
A quanto pare, con buona pace del dottor House, gli animali hanno davvero capacità diagnostiche, specie nel caso dei tumori. Gli studi sull’argomento non danno ancora certezze, ma si ipotizza che i cani (e in minor misura anche i gatti) riescano a fiutare le cellule tumorali perché nel corso del loro metabolismo, diverso da quello delle cellule sane, emettono delle proteine con un odore particolare, che i cani possono percepire con esattezza (l’olfatto canino è 100.000 volte più potente di quello umano).
Tutto è cominciato con il dobermann inglese che individuava i melanomi (la notizia è apparsa nel 1989 sulla rivista Lancet: Sniffer dogs in the melanoma clinic? di H. Williams e A. Pembroke). Da questa scoperta ci sono stati vari progressi incoraggianti, come racconta Gianluca Taverna, responsabile della sezione di Patologia prostatica all’ospedale Humanitas mater Domini di Castellanza, che proprio grazie all’osservazione di Williams ha fatto partire uno studio in sinergia con il ministero della Difesa e l’Esercito Italiano: nel 2012 sono stati addestrati due pastori tedeschi, originariamente impiegati dall’esercito nella ricerca di mine, per rilavare nelle urine umane alcuni componenti chimici legati al cancro alla prostata. Zoe e Liù, così si chiamano i cani, ci azzeccavano nel 98% dei casi, cioè più degli esami clinici. Con la biopsia prostatica e il PSA (antigene prostatico specifico), infatti, l’accuratezza è solo del 35%. Per ora questo è solo uno studio scientifico, ma si spera che possa diventare una pratica clinica, anche perché, se esteso anche ad altri tipi di cancro, questo metodo di screening potrebbe evitare molti effetti collaterali, per esempio quelli dovuti alle radiazioni della mammografia.
Ma i cani non sarebbero segugi efficaci solo per quanto riguarda i tumori: su Psychology Today è apparso un articolo che sostiene che il migliore amico dell’uomo lo possa aiutare anche a prevenire gli attacchi di emicrania, cogliendo l’innalzamento della serotonina che li precede e permettendogli quindi di correre ai ripari. Un’altra malattia che può essere tenuta sotto controllo grazie al fiuto canino è il diabete, visto che gli animali, debitamente addestrati, riescono a percepire le variazioni dei livelli di glucosio nel sangue e comunicarle al padrone (risalto mediatico ha avuto la vicenda di Jedi, un cane addestrato che ha fiutato un calo glicemico notturno e improvviso del padroncino Luke, avvisando i genitori e salvando probabilmente la vita al bambino).
Avevamo scritto che i cani non sono cosi intelligenti come i padroni pensano. Non volendo smentirci del tutto, ricordiamo che in Tanzania, per rilevare la tbc tramite la saliva, vengono utilizzati i ratti giganti del Gambia, che non brillano certo per intelligenza percepita ma che, dopo un addestramento di nove mesi, rivaleggiano con il migliore amico dell’uomo per capacità diagnostiche. Forse però loro non sanno scodinzolare.