Scienza e politica: ma cos’hanno in comune? Una dovrebbe mettere d’accordo (sempre meno per la verità) mentre l’altra divide; una è il regno della misura e dell’oggettività, l’altra dell’opinione. La scienza mira al sapere, la politica riguarda il potere. A ben vedere però intersezioni e influenze reciproche sono tante, molte più di quelle che immaginiamo.
Dall’alba della civiltà infatti la conoscenza non rappresenta solamente una soddisfazione per lo spirito umano: è anche – forse soprattutto – un vantaggio competitivo nella gara per il dominio. Un vantaggio che va stimolato, costruito e sfruttato: oggi come nel passato una potenza prevale quando riesce a creare le migliori condizioni per il progresso scientifico, che spesso porta sviluppo tecnologico e crescita economica ma che allo stesso tempo è anche intimamente legato ai valori della cittadinanza e della democrazia.
Spunti a lungo meditati da Pietro Greco e ultimamente sviluppati dal giornalista e divulgatore Giacomo Destro nel libro Ragione di stato, ragione di scienza (Codice edizioni, 2023), che guida il lettore alla scoperta del profondo intreccio tra scienza e politica. Un viaggio nel tempo e nella storia che inizia nella Haifa di 110 anni fa, dove ben prima della nascita dello Stato di Israele un gruppo di scienziati fonda il futuro Technion, primo politecnico del Medio Oriente, per arrivare nell’Italia degli anni Sessanta, dove in una città che ancora fatica ad uscire dalle conseguenze della guerra viene costituito l’International Centre for Theoretical Physics (ICTP), base di quello che in seguito verrà definito il “modello Trieste”.
Un percorso che si sviluppa tra campi di battaglia e appostamenti di spie, palazzi del potere ed estenuanti consessi internazionali, nel tentativo di tratteggiare il complicato rapporto tra scienza e diplomazia: dalla formazione nell’Ottocento del sistema di produzione culturale scientifica moderna alla definizione dei tre pilastri della diplomazia scientifica, così come fissati nel 2010 dal documento emanato congiuntamente da American Association for the Advancement of Science (AAAS) e Royal Society. A volte infatti è la ricerca ad essere chiamata ad orientare alcune decisioni politiche che devono poggiare su determinate competenze (si parla allora di scienza nella diplomazia, come ad esempio nel caso delle attività dell’IPCC); altre invece è la politica internazionale a scegliere obiettivi di interesse comune facendo leva sui finanziamenti (diplomazia per la scienza: il caso del CERN di Ginevra). Altre volte ancora la scienza può essere infine il campo dove le potenze possono incontrarsi e collaborare, come ad esempio accade per la gestione di alcuni parchi naturali posti al confine tra due o più Stati.
Se insomma la fiamma della conoscenza serve alla politica per orientarsi, è altrettanto vero che anche la politica è essenziale per lo sviluppo della ricerca, specie al giorno d’oggi. Come tutte le attività umane anche l’investigazione scientifica ha bisogno di essere regolamentata; oggi inoltre, in un momento in cui la Big Science reclama investimenti e infrastrutture enormi, difficili da sostenere persino per gli Stati più ricchi, i grandi programmi scientifici sono anche occasioni di collaborazione tra Stati. Anche se sotto sotto la competizione per il dominio resta.
Gli esempi a disposizione sono tanti: dalla lotta ai cambiamenti climatici all’esplorazione extraterrestre, dove la Stazione Spaziale Internazionale (ISS) costituisce da anni un modello di cooperazione anche tra Paesi al limite del conflitto armato, dalla gestione delle pandemie alla regolamentazione della raccolta e dell’utilizzo della mole impressionante di dati che in ogni momento rilasciamo negli ambienti fisici e virtuali in cui viviamo. Fino allo sviluppo dei Paesi poveri, nell’ottica di un cambio di paradigma che passi dalla lotta per la supremazia alla cooperazione per il benessere comune.
Questioni fondamentali per la vita di tutti noi, che potranno essere risolte solo con il contributo congiunto di scienziati, governi e – soprattutto nei Paesi liberali e democratici – della cittadinanza. Dal che deriva, come già sottolineava il citato Pietro Greco (1955-2020), anche lui come Giacomo Destro per anni alla Scuola Internazionale Superiore di Studi Avanzati di Trieste (Sissa) e dal 2018 al 2020 caporedattore de Il Bo Live, un duplice impegno: dei politici e della cittadinanza a documentarsi, ma anche dei ricercatori a farsi capire.
A lungo infatti la conoscenza è stata anche strumento per dividere e sopraffare: solo con il coinvolgimento di tutta la popolazione mondiale in un’unica opinione pubblica e la valorizzazione della istituzioni internazionali c’è la speranza di vincere le sfide che l’umanità si trova oggi di fronte e che riguardano la sua stessa sopravvivenza. Anche se diverse avvisaglie – vedi guerre e corse al riarmo –, sembrano purtroppo puntare nella direzione opposta.