SOCIETÀ
Fuorché il silenzio. Il dramma afghano raccontato da trentasei attiviste

Donne afghane che protestano contro le restrizioni imposte loro dai talebani. Kabul, Dicembre, 2021. Foto: Ali Khara / Reuters
Il 15 agosto 2021 i talebani riprendono il controllo dell’Afghanistan dopo il ritiro delle truppe americane. La notizia fa il giro del mondo, assorbendo per qualche tempo l’attenzione pubblica internazionale. Eppure, con il passare dei mesi, altre tragedie e altre guerre sconvolgono gli equilibri globali, e l’Afghanistan scivola via dai discorsi e dai pensieri dell’Occidente.
Le donne afghane hanno pagato un prezzo particolarmente alto per il ritorno dei talebani: a loro è stato impedito di studiare, lavorare, partecipare alla vita pubblica. Fuorché il silenzio. Trentasei voci di donne afghane (Jouvence, 2024) è un tentativo di restituire la voce a quella metà della società ridotta all’invisibilità e al silenzio. Il volume raccoglie trentasei testimonianze e interviste raccolte fino al 2022 dalla scrittrice e regista Zainab Entezar e riviste dallo scrittore Asef Soltanzadeh. L’edizione italiana, uscita alla fine dello scorso anno, è a cura di Daniela Meneghini, docente di lingua e letteratura persiana all’università Ca’ Foscari di Venezia.
Costretta a lasciare Kabul per sfuggire all’arresto dei talebani, Entezar racconta nell’introduzione di aver sentito una forte responsabilità verso i posteri: usare la sua arte per documentare i tragici eventi che stavano accadendo nel suo paese dal 2021 era un dovere, così come lo era far pubblicare il prima possibile le testimonianze di quelle donne coraggiose. Se le fosse accaduto qualcosa che le avesse impedito di diffondere le loro storie, l’avrebbe considerato un tradimento nei confronti di tutte loro.
(cit) “Io, in quanto essere umano che vuole essere libero, come donna istruita, come letterata e artista, non potevo rimanere in silenzio di fronte all’oppressione e all’ingiustizia: cinepresa e penna sono la voce della mia libertà”. Zainab Entezar
I racconti contenuti in quest’opera appartengono a donne e ragazze di età, provenienza ed estrazione sociale molto diverse, accomunate dalla scelta, compiuta in diversi momenti della vita, di protestare apertamente contro il regime talebano per la giustizia, la dignità e la libertà di tutti e tutte, non disposte ad accettare passivamente che vite e carriere costruite con fatica per vent’anni venissero spazzate via con un soffio di vento.
Leggere le loro parole dà solo una vaga idea di quanto sia difficile nascere donna in Afghanistan. Nessuna delle trentasei protagoniste ha avuto una vita facile. Nelle loro testimonianze si susseguono episodi di umiliazione e paura, soprusi familiari, matrimoni forzati, discriminazioni, incarcerazioni ingiuste, arresti violenti. Al centro dei loro incubi ci sono naturalmente i talebani e la loro arroganza, che hanno sconvolto le loro vite e quelle delle loro famiglie con atti di terribile violenza, a cui molte di loro hanno assistito fin da ragazze e bambine, riportandone traumi profondi.
Spesso, ciò che davvero le spaventa non è la morte ma la prospettiva di essere catturate dai talebani. Scioccante, ad esempio, è la testimonianza dell’attivista Tamanna Rizaei, che racconta di aver tenuto per molto tempo con sé una lama con cui uccidersi subito nel caso fosse stata arrestata, pur di non subire le violenze e le torture che sapeva l’avrebbero attesa; o la storia di Shima Sediq, che ricorda quando durante il primo governo talebano venne frustata per strada per essere uscita di casa senza un accompagnatore. All’epoca era solo una bambina, ma la sua infanzia finì e lei cadde in depressione.
“ Sembra che nessun uomo abbia ancora capito come la vita sia un carico pesantissimo sulle spalle delle loro madri, mogli e sorelle Shima Sediqi
Eppure, nonostante le umiliazioni e le violenze, ciò che davvero emerge con forza da queste pagine sono la determinazione, la forza e la speranza di chi continua a lottare per un mondo migliore, un sogno che neanche la paura può distruggere. Le attiviste che hanno partecipato al libro raccontano delle tante proteste a cui hanno partecipato, organizzate attraverso i social, lo scambio di messaggi e il passaparola. La loro resistenza non si limita agli slogan urlati nelle strade e scritti sui muri, ma si manifesta anche nei tentativi di allestire scuole clandestine, gruppi di lettura e luoghi di lavoro segreti.
Da questi resoconti traspare un grande spirito di sorellanza e solidarietà. Tant’è vero che nonostante le sofferenze familiari e personali, ognuna di loro continua a preoccuparsi per le sue compagne, soprattutto per quelle arrestate o ricercate, profondamente convinte che solo attraverso l’impegno delle donne sarà possibile raggiungere un vero cambiamento.
“ Ho capito che le donne hanno bisogno di una presa di coscienza per poter raggiungere l’indipendenza. Più studiano e più la strada verso l'indipendenza si fa chiara per loro Aziz Gul Afghan-Bik
Il valore dell’istruzione e della cultura è un tema ricorrente nelle loro riflessioni, così come la preoccupazione per la prossima generazione di donne, le bambine di oggi a cui viene negato di proseguire gli studi. Per il loro futuro, le protagoniste dell’opera nutrono paura, ma anche tanta speranza, avvertendo la responsabilità di fare tutto il possibile per assicurare loro un futuro migliore.
“ Questa generazione di donne afghane si è fatta carico con l'anima di tante difficoltà affinché le donne delle generazioni future non siano più prigioniere della mentalità dei talebani e non ne subiscano la violenza Nayera Kohestani
Come sappiamo, purtroppo, dal 2022 a oggi la situazione è ulteriormente peggiorata. Le proteste, comunque, non si sono fermate, come testimoniano i tanti video pubblicati online da donne che, con il volto coperto, intonano canti di protesta e libertà. La loro voce, soffocata dalla violenza e dalla paura, non è ancora stata del tutto zittita. Tanta, però, è la paura di essere cancellate, e che le loro storie cadano nell’indifferenza generale.
Fuorché il silenzio è un libro che scuote profondamente. Un lungo viaggio nel dolore e nel coraggio di trentasei donne che, così come molte altre in Afghanistan, hanno lottato per i loro diritti e sono determinate a continuare finché non saranno garantite loro la pace, la sicurezza, la libertà.
“ Se ci proibiscono di uscire, noi ci diamo il permesso di farlo; se è proibito ascoltare la voce femminile, noi urliamo poi forte Aziza Shafi‘i