CULTURA

Surrealismo e magia. La modernità incantata

Quali sogni popolavano l'immaginazione di Max Ernst, Leonora Carrington e Victor Brauner? Quali pensieri, quali visioni li attraversavano nell'atto della creazione artistica? Cosa cercavano esplorando la magia e l'occulto, tra stupore e incredulità, in quella terra di mezzo abitata dall'inspiegabile? Le sale della Collezione Peggy Guggenheim, a Venezia, ospitano la prima mostra internazionale dedicata al Surrealismo, e così, d'un tratto, ci si ritrova a esplorare angoli nascosti, dimensioni sconosciute ma intrinseche alla realtà, senza mai riuscire a trovare risposte definitive alle tante domande. Se la meraviglia dell'arte risiede in uno spazio sospeso e misterioso, con le opere di Surrealismo e magia. La modernità incantata il mistero si infittisce e, al tempo stesso, non pretende soluzioni.

Il Surrealismo è "la discesa vertiginosa in noi stessi, l'illuminazione sistematica dei luoghi nascosti e l'oscuramento progressivo degli altri luoghi, la deambulazione perpetua in piena zona interdetta". Con il Manifesto del Surrealismo, pubblicato nell’ottobre del 1924, lo scrittore francese André Breton fonda un vero e proprio movimento letterario e artistico, definito ulteriormente, qualche anno più tardi, con il Secondo Manifesto del Surrealismo in cui chiede "l'occultamento profondo, effettivo del Surrealismo". Per Breton il surreale è "uno stato elusivo in cui la differenza tra sogno e realtà si fa impercettibile". "Liberare la mente dalle pastoie ottenebranti della ragione e della razionalità e favorire il libero regno dell'immaginazione è uno degli obiettivi del movimento - spiega la curatrice Gražina Subelytė, nel saggio contenuto all'interno del catalogo della mostra veneziana -. Negli anni Venti del XX secolo la cerchia di Breton è formata da un circolo ristretto di poeti e artisti, soprattutto francesi, ma un decennio più tardi il Surrealismo è già considerato il più importante movimento d'avanguardia in Francia e una corrente intellettuale dal fermento internazionale, il cui apogeo è rappresentato dalla Exposition internationale du surréalisme, che si tiene nel 1938 a Parigi e che riunisce più di duecento opere d'arte di sessanta partecipanti provenienti da quattordici paesi".

I surrealisti rifiutano la razionalità, scelgono i sogni, l'irrazionale, l'inconscio. Fuggono dagli orrori delle guerre, dal dolore e dallo sgomento, rifugiandosi in una dimensione magica, attraversata dalla mitologia, dall'alchimia e dall'occulto, riconosciuta come attivatrice di cambiamento culturale e rinnovamento sociale, politico e spirituale. Di una rivoluzione totale. In Totem e tabù Sigmund Freud (1913) introduce l'idea di "onnipotenza del pensiero" e parla della capacità dell'immaginazione umana di intervenire sulla realtà esterna: i surrealisti ne restano affascinati, il regno elusivo tra realtà e sogno diventa il centro di tutto. 

A Venezia il progetto espositivo parte dal ricco patrimonio di opere surrealiste presenti nella collezione. Sono molti gli artisti del movimento a essere sostenuti ed esposti da Peggy Guggenheim: alla fine degli anni Trenta del Novecento la mecenate americana è considerata tra le collezioniste più vivaci del Surrealismo. Alle opere della collezione si affiancano prestiti da istituzioni e collezioni private: Centre Pompidou di Parigi, National Galleries of Scotland di Edinburgo, Moderna Museet di Stoccolma, The Menil Collection di Houston, Museo Nacional Centro de Arte Reina Sofia di Madrid, Art Institute of Chicago, The Metropolitan Museum of Art, Solomon R. Guggenheim Museum e Whitney Museum of American Art di New York, Castello di Rivoli Museo d’arte contemporanea.

Giorgio de Chirico, con la sua pittura metafisica, esercita una notevole influenza sui surrealisti. Breton lo considera un precursore. E così due delle sue opere sono esposte nella prima sala: Il cervello bambino del 1914 e le Muse metafisiche del 1918 aprono il percorso, preparandoci al salto nell'ignoto. In particolare, Il cervello bambino, opera appartenuta allo stesso Breton, viene da lui descritta come un caso di androginia, sinonimo della cancellazione del binomio maschio-femmina, in grado di sovvertire le gerarchie di potere delle società patriarcali. 

Il matrimonio alchemico di Max Ernst e Leonora Carrington

La seconda sala è dedicata al matrimonio alchemico e, dopo circa ottant'anni, riunisce due opere concepite come un dialogo, in cui sono evidenti lo scambio artistico e la condivisione di interessi tra gli artisti. In Ritratto di Max Ernst, realizzato nel 1939, Leonora Carrington ritrae l'artista con un abito rosso scuro, piumato e a coda di pesce: veste i panni di un alchimista ed eremita e tiene in mano una lanterna-alambicco, proprio come la figura de L'eremita nelle carte dei tarocchi. Un anno dopo, probabilmente ispirato da quella visione, Max Ernst realizza La vestizione della sposa in cui raffigura Carrington, sua compagna dal 1937 al 1940, come strega e incantatrice. La sposa è metafora delle Nozze sacre e riunisce in sé il manto rosso del re e il corpo bianco della regina. Raffigurandola con la testa d’uccello, Ernst paragona Carrington alla “sposa del vento”, che nella tradizione medievale ricorda una strega.

La magia nera di René Magritte

Splendida La magia nera di René Magritte. Olio su tela che spicca tra i tanti dipinti in mostra e ritrae la moglie dell'artista, Georgette Berger. La donna è nuda e in sé accoglie la forza della natura e la spiritualità. Incarna diverse identità surrealiste e sta evidentemente subendo una trasformazione magica che divide il suo corpo perfettamente a metà, mostrandolo in transizione: la parte superiore è già diventata blu, come il cielo e il mare, la parte inferiore è ancora color carne. Il processo alchemico è in atto, per Magritte "la trasformazione della carne in cielo è un atto di magia nera".

Nutrimento celeste di Remedios Varo 

L'opera Nutrimento celeste di Remedios Varo, realizzata nel 1958, è l'essenza stessa del sogno e racchiude in sé riflessioni profonde attorno alla figura femminile. Una donna sola, seduta all'interno di una torre ottagonale, aperta dalla parte dell'osservatore, nutre una falce di luna in gabbia, con cura materna. Qui Varo affronta il tema dell'isolamento domestico percepito dalle donne e, al tempo stesso, descrive il gesto della cura e del nutrimento come porta d'accesso al regno celeste. 

Il surrealista di Victor Brauner 

Il fascino dei tarocchi dell'artista ebreo di origini rumene Victor Brauner. Se ne Gli amanti, l'incontro tra Il bagatto e La papessa simboleggiano le nozze sacre, l'unione ideale di maschile e femminile, la riconciliazione tra forze opposte. Ne Il surrealista del 1947, Brauner riprende la carta de Il bagatto per raffigurare se stesso come mago onnipotente. Sono opere, queste, in cui abbondano i simboli: dai semi della carte - denari, spade, bastoni, coppe -, riconducibili ai quattro elementi - terra, aria, fuoco e acqua -, al simbolo di infinito sul cappello del mago e la prima lettera dell'alfabeto ebraico, aleph, a indicare l'inizio.

Streghe e dee, seduttrici e indipendenti

Un focus è dedicato alla figura femminile, esplorata da diversi punti di vista. Se gli artisti surrealisti rappresentano la donna come musa e veggente, le artiste seguono altre vie: Leonor Fini e Remedios Varo affrontano tematiche magiche e mitologiche con obiettivi che si differenziano dalle controparti maschili e indagano in maniera critica i possibili soggetti femminili emancipati, al centro di riti magici attività alchemiche o viaggi mistici. Così lavora Varo, per esempio, aggiungendo una precisione del disegno derivante senza dubbio dalle influenze scientifici del padre, ingegnere idraulico. La scena è quella messicana, dove entra in contatto con Carrington: qui è dominante l’iconografia esoterica e dell’occulto, in particolare la storia della stregoneria. La strega diventa alter ego femminile che esprime la capacità di essere artefice del proprio destino. Leonor Fini mette in discussione gli stereotipi di genere, ritrae dee indipendenti e attinge proprio dall’immaginario della stregoneria medievale: le sue donne sono seduttrici letali e ibridi femminili come la sfinge, protagoniste di rituali al di fuori del tempo e dello spazio. L'uomo, invece, riveste un ruolo marginale, è passivo e debole. 

Il latte dei sogni

Nel piccolo libro di favole dell'artista surrealista Leonora Carrington, dal titolo Il latte dei sogni, viene descritto "un mondo magico nel quale la vita è costantemente reinventata attraverso il prisma dell’immaginazione e nel quale è concesso cambiare, trasformarsi, diventare altri da sé". E oltre la mostra alla Guggenheim, l'eco e la forza del pensiero di questa artista inglese, trasferitasi in Messico nel 1943, ha raggiunto anche l'Esposizione internazionale d’arte della Biennale di Venezia. La curatrice Cecilia Alemani ha scelto proprio questo titolo, Il latte dei sogni, per la 59esima edizione, che sta per iniziare (dal 23 aprile 2022), incrociando così i linguaggi, raccontando metamorfosi e magie e mettendo al centro l'arte e il pensiero di una donna rivoluzionaria.

Leonora Carrington riesce a sovvertire gli stereotipi di genere, trasformando la figura dell'incantatrice da oggetto del desiderio a icona di emancipazione femminile. Il suo interesse per l'arte, la magia, l'occulto si intreccia con il suo sostegno all'ecologia e ai diritti delle donne. Breton la ammira, la invita a partecipare alla mostra Le Surréalisme en 1947, la intervista per inserirla nel suo libro L'arte magica (1957), in cui Carrington afferma che la magia è un ingrediente fondamentale della vita moderna.


Surrealismo e magia. La modernità incantata

a cura di Gražina Subelytė

Collezione Peggy Guggenheim, Venezia, 9 aprile–26 settembre 2022

Museum Barberini, Potsdam, 22 ottobre 2022–29 gennaio 2023

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