SOCIETÀ

Turchia e i diritti umani negati: dalla morte di Ebru alla vita di Aytaç

Una donna muore, un Paese scende in strada, il mondo si indegna. E poi un uomo si salva. Potrebbe sembrare una trama di un libro, o di un film, e probabilmente qualcuno proverà a lasciarlo ai posteri in questi formati. Nessun lieto fine, però, ma tanti bocconi amari, colmi di rabbia e incredulità. La Turchia torna a far parlare di sé per la sua inosservanza dei diritti umani, dovremmo forse esserne consueti, non è la prima volta, eppure, questa volta, fa piuttosto male. Prima la morte di Ebru Timtik, avvocata e attivista turca, sopraggiunta dopo 238 giorni di sciopero della fame in segno di protesta per ottenere un processo equo, quindi il rilascio del collega Aytaç Ünsal. Questi, anch’egli avvocato e in sciopero della fame “fino alla morte” Ebru, proviene da 213 giorni di digiuno.

Percorrendo brevemente la storia dei due avvocati di Istanbul, bisogna ricordare che l’incarcerazione è avvenuta circa tre anni fa, quando sono stati condannati, insieme ad altri 16 colleghi, a 13 anni e mezzo di carcere per lei, e 10 e mezzo per lui, perché considerati appartenenti a un’organizzazione terroristica, il DHKP-C, o partito fronte rivoluzionario per la liberazione del popolo. La pena è stata poi confermata in appello, ma gli avvocati avevano sempre denunciato l’ingiustizia del processo. Dopo il rigetto del ricorso, la corte competente aveva predisposto il rilascio della Timtik, ma il consiglio giudiziario lo ha impedito destituendo i giudici e insediandone altri da un giorno all’altro. Altrettanto gravemente è stata bocciata anche la richiesta di rilascio di Unsal, avanzata alla Cedu (Corte Europea dei Diritti dell’Uomo) perché le condizioni di salute non erano state giudicate sufficientemente gravi. Quindi il digiuno mette fine alla vita di Ebru il 27 agosto, si scatenano proteste di piazza e viene chiesto il rilascio di Unsal a gran voce. Unsal viene liberato solo nella notte tra il 3 e 4 settembre perché la Corte di Cassazione ha stabilito che la permanenza in prigione è un pericolo per la sua vita, a fronte anche di un possibile contagio da Covid-19 visto l'indebolimento del sistema immunitario dovuto al digiuno prolungato. Ma c’è stata un’altra circostanza a influire sul rilascio immediato, che è riuscita a sollevare ulteriori polemiche.

le dinamiche entro cui si muove la diplomazia sono assolutamente complesse, forse talvolta un po’ nebulose. Gabriella Salviulo, direttrice Centro per i Diritti umani "Antonio Papisca"

Intervista alla professoressa Gabriella Salviulo. Servizio di Elisa Speronello

Proprio nella giornata del 3 settembre il presidente della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, Robert Spano, ha ricevuto una Laurea Honoris Causa in Giurisprudenza dall’università statale di Istanbul, con in programma una lectio magistralis all’Accademia di giustizia turca per il giorno seguente. Un riconoscimento che molte organizzazioni per i diritti umani turche hanno invitato a non ritirare, come segno tangibile di protesta verso le numerose violazioni dei diritti fondamentali dell’uomo finora operate dalla Turchia di Erdogan.

La violazione dei diritti umani in Turchia è veramente grave in questo periodo, ma la situazione ha origini lontane”, sottolinea la professoressa Gabriella Salviulo, direttrice del Centro di ateneo per i diritti umani "Antonio Papisca". Infatti già nel 2017 la commissione dell’ONU aveva stilato un report negativo rispetto a questo tema in Turchia. La stessa Commissione europea si è espressa, in riferimento alla morte della Timtik, sostenendo la necessità urgente, delle autorità turche, di trattare in modo credibile la situazione dei diritti umani nel Paese. “Il pensiero radicale accusa le istituzioni europee di un certo immobilismo, e se da una parte questo può essere vero, dall’altra è la diplomazia che dovrebbe addurre alla risoluzione dei problemi in un contesto internazionale”, sostiene la professoressa Salviulo e continua affermando che, sebbene la visita nella capitale turca e l’accettazione del riconoscimento da parte di Spano siano maturate in un quadro di violazione dei diritti umani, queste siano state determinanti per la liberazione dell’avvocato turco, vista anche la contestualità. Fondamentali, ai fini della scarcerazione, anche la morte dell’avvocatessa e attivista turca Timtik e le successive proteste di piazza che ne hanno fatto seguito. “Penso che, a un certo punto”, afferma la direttrice, “anche il dittatore più violento debba fare i conti, per la sua stessa popolarità, con fatti che mobilitano l’opinione pubblica”. Che Erdogan tema l’azione dei mezzi di comunicazione è testimoniato, secondo la Salviulo, dall’approvazione di una legge, a luglio, che consente il controllo sui social network da parte del governo turco, in vigore da ottobre del 2020.

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