9 ottobre 1963 - 9 ottobre 2023. Sono passati sessant'anni dal disastro del Vajont. L'occasione dell'anniversario ci ha portati a riflettere, doverosamente, sull'importanza della memoria ma anche e soprattutto sul presente e sul futuro di luoghi e persone. Ci siamo messi in viaggio, abbiamo raggiunto Longarone, Erto e Casso per incontrare gli abitanti e raccogliere storie ed esperienze di generazioni diverse: le voci di chi ha vissuto il dramma sulla propria pelle, dei figli o dei nipoti dei sopravvissuti e, ancora, di coloro che lì sono arrivati molti anni più tardi. Quale memoria attraversa queste vite, come possiamo raccontarne la quotidianità e la visione del futuro?

"Vajont. Una storia contemporanea". Interviste di Francesca Boccaletto e Antonio Massariolo. Riprese e montaggio di Massimo Pistore

Abbiamo incontrato il cassano Marcello Mazzucco e la longaronese Micaela Coletti, rintracciando nelle loro parole il doloroso ricordo dei sopravvissuti, abbiamo parlato con Karim Manarin, il più giovane abitante della piccola Casso, che oggi conta venti residenti e di cui abbiamo visitato anche l'ex scuola, chiusa subito dopo il disastro e riaperta nel 2012 per diventare un vivace centro culturale gestito da Dolomiti Contemporanee e animato dai suoi artisti. 

“Per molti anni il dolore riferito a questa vicenda è stato personale, non condiviso, chiuso nel cuore delle persone o nei cassetti delle abitazioni”, racconta Sonia Bortoluzzi del Museo Longarone Vajont - Attimi di storia. “Il monologo di Marco Paolini e il film di Renzo Martinelli hanno riconsegnato al mondo questo evento e oggi ci stiamo tutti occupando della trasmissione della memoria. Ma qui la socialità è particolare: ci sono persone che lo hanno vissuto sulla propria pelle, ci sono i figli di sopravvissuti che si ritrovano a subire a cascata una situazione di disagio e poi ci sono persone che sono arrivate molti anni dopo, per lavorare”. 

Ad appena vent’anni, Karim Manarin ha scelto di vivere a Casso, nella casa dei nonni, che sta sistemando da solo, con pazienza e cura. Lavora a Erto dove gestisce un b&b e dove vivevano i nonni della sua fidanzata Alessia, con la quale Karim condivide una storia familiare di sfollati trasferiti a Vajont, nei pressi di Maniago, paese costruito da zero tra metà anni Sessanta e primi anni Settanta proprio per accogliere le famiglie colpite dalla tragedia e allontanate dalle proprie case. Lì sono nati entrambi, sono cresciuti insieme, tra vie e piazze che portano i nomi di paesi e frazioni distrutti dal disastro, e oggi sono tornati per riconsegnare speranza, con un proposito di rigenerazione per la loro terra d’origine. Con spirito affine agiscono gli artisti di Dolomiti contemporanee, giovani provenienti da ogni parte d’Italia, guidati sul territorio da Gianluca D’Incà Levis, direttore del nuovo spazio di Casso, il quale non ha dubbi: “È necessario procedere, guardare avanti”, per superare il dolore, guarire le ferite, vivere appieno il presente e seminare il futuro. Anche attraverso l’arte, per favorire un dialogo tra generazioni. 

Ci siamo chiesti, dunque, se fosse possibile raccontare una grande storia collettiva, costellata di singole esistenze, provando a spingerci oltre il dolore di una tragedia che mai potrà essere dimenticata ma che, al tempo stesso, chiede di essere trasformata in una rinascita, aprendo lo sguardo ed entrando con rispetto e profondamente nelle vite, nei ricordi e nei desideri di queste donne e di questi uomini. Abbiamo provato a raccontare esplorando la vita oltre, o meglio, nonostante le ferite. Questo è “Vajont. Una storia contemporanea”.

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