SOCIETÀ

Elsa Fornero: “Sulle pensioni in corso una controriforma che attacca giovani e donne”

“Ho scritto questo libro per cercare di spiegare che le riforme non sono atti normativi, sono processi che guardano al cambiamento della società e che cercano di ridurre gli effetti negativi di eventi strutturali che comunque accadono”. È serena ma combattiva come sempre Elsa Fornero, invitata a Padova dal Dipartimento di Scienze economiche e aziendali ‘Marco Fanno’ a parlare del suo ultimo libro: Chi ha paura delle riforme. Illusioni, luoghi comuni e verità sulle pensioni (università Bocconi Editore 2018). La questione a cui l’ex ministro fa riferimento è soprattutto l’invecchiamento della popolazione, “che è in corso e che procederà rapido; il nostro sistema pensionistico si regge sul lavoro e non sulle promesse dei politici: per poter dare qualche sicurezza economica a chi va in pensione bisogna che più persone lavorino”.

Professoressa Fornero: ci sono anche le riforme proposte dall’attuale governo, che però non sembrano piacere molto a l’UE e ai mercati. Perché secondo lei?

“Intanto perché hanno piuttosto la natura di controriforme. La nostra riforma guardava al futuro e cercava di dare risposte per l'appunto a quei cambiamenti strutturali di cui ho parlato; non era fatta, come spesso anche con spregio si dice, soltanto per ridurre la spesa pensionistica. Che comunque vuol dire essenzialmente ridurre il carico di oneri lasciato ai giovani e alle generazioni future, che non hanno partecipato alla definizione del contratto che è rappresentato dal sistema pensionistico. Quando gli attuali governanti parlano del popolo si riferiscono sempre al popolo di oggi, a chi vota, mai anche al popolo di domani, che non ha voce e non è rappresentato da nessuno. L'idea di far contenti i pensionandi di oggi perché tanto pagherà qualcuno domani può piacere, ma soltanto se c’è una certa miopia sulle legittime aspettative di chi verrà”.

La nostra riforma guardava al futuro Elsa Fornero

Sui costi della (contro)riforma delle pensioni c’è il consueto balletto di cifre: il governo parla di 7 miliardi mentre l’Inps addirittura di 140 in 10 anni. Chi ha ragione?

“In parte dipende dalla risposta che ci sarà, perché è ovvio che se c’è la possibilità di un pensionamento anticipato e però anche vero che nessuno è costretto a farlo, quindi ci saranno sicuramente delle persone che penseranno che possa valere la pena di lavorare qualche anno in più. Per quanto, stando a certe dichiarazioni polemiche, a volte sembri che gli italiani detestino il loro lavoro, io penso che ci siano invece molte persone che il loro lavoro lo amano, e se hanno buona salute sono anche disposte a continuare. C'è però anche un rovescio della medaglia: dare la possibilità di pensionamento anticipato vuol dire comunque esporre il lavoratore alle pressioni del datore di lavoro, sia pubblico che privato, perché anche nel pubblico quando hai la possibilità di andare in pensione è molto facile che ti dicano ‘Adesso fuori’. E questa sarebbe comunque una violazione di una libera scelta personale, una scelta che non è fatta a carico di altri”.

Spesso si sente dire che anticipare i pensionamenti significa creare nuovi posti di lavoro per i giovani: lei cosa risponde?

“Io dico che non ci sono dati di nessun tipo a favore di questa affermazione, anzi! Anche se in economia non c'è nulla di certo – lo dico sempre ai miei studenti – l’evidenza empirica, cioè i dati che abbiamo, dimostrano che casomai la relazione è positiva. È il mercato del lavoro che determina l'occupazione, e se un questo funziona ha spazio sia per gli anziani che per i giovani, e anche per le donne. Anche se, stando a questo contratto di governo, mi pare che la logica sia soprattutto quella di spingere le donne a rientrare nelle loro case”.

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