SOCIETÀ

Social freezing: la frontiera della fecondazione

Il social freezing arriva anche in Italia. Come una moda, importata dagli Stati Uniti. Peccato che, nonostante il nome, non si tratti di un nuovo social network alla Facebook, ma di una pratica medica che ha lo scopo di permettere alla donna di affrontare una gravidanza anche in tarda età. Si tratta di un’evoluzione del concetto di fecondazione assistita che però mette il mondo della ricerca medica di fronte a grossi problemi etici, ancora mal affrontati e senza una specifica regolamentazione in campo legislativo. Una pratica che appunto non mette d’accordo i ricercatori: è il caso di Carlo Foresta, direttore del Centro di Crioconservazione dei gameti maschili del policlinico universitario di Padova e tra i massimi esperti in questo campo.

Professore, che cos’è esattamente il social freezing?

Negli Stati Uniti è una pratica già diffusa oggi arrivata anche in Italia: consiste nel crioconservare gli ovociti di una donna ancora in età pienamente fertile per poi poterli riutilizzare in età avanzata per garantirsi un concepimento altrimenti difficile visti gli anni anagrafici.

Perché fare una scelta del genere?

Per non perdere la possibilità di avere un figlio nel caso non si abbia il tempo o il desiderio di farlo nell’età biologicamente adatta, cioè entro massimo i 25 anni. Nel caso del social freezing parliamo invece di donne di 40 anni o più che si danno la possibilità di concepire anche fuori dai tempi massimi dettati dalla natura.

Lei si trova d’accordo?

Assolutamente no. Il social freezing determina dei grandi problemi di ordine etico, sociale ed economico. Si tratta di una forzatura.

Rischiamo di andare verso una situazione paradossale: la ragazza che compie 18 anni e invece di farsi regalare un’automobile, si fa regalare la crioconservazione di un suo ovocita. A mio avviso parliamo di un problema evidente: di ordine sociale ed economico.

Per quale motivo?

Chi desidererà conservare i suoi ovociti dovrà ovviamente pagare e non si parla di costi modici. Stiamo andando incontro a quella che io ritengo una selezione per censo: tra la stimolazione, l’operazione per estrarre l’ovocita e il suo successivo congelamento parliamo di un spesa di migliaia di euro.

Si tratta di una forzatura della ricerca sulla fecondazione?

Esattamente così. Si intende usare il progresso tecnologico-scientifico per superare un problema sociale e non di tipo biologico. Non parliamo di una donna (o anche di un uomo) che vuole preservare la possibilità di avere un figlio di fronte a una patologia medica debilitante che non garantirebbe la procreazione. Ma di un desiderio basato su esigenze sociali che ci stanno portando nella direzione di una riproduzione sempre più artificiale e slegata dall’espressione di naturalezza che coniuga la sessualità con la riproduzione. Per me è un calcolo terrificante.

Cosa intende per calcolo terrificante?

Tecnicamente, si potrebbe essere in grado anche di selezionare, tramite il seme del donatore, anche il sesso del nascituro e altre sue caratteristiche.

Sta descrivendo uno scenario già visto, ma solo nella lunga serie di film di fantascienza che affrontano la questione della fecondazione.

Stiamo parlando di una bomba a orologeria e di quello che si può intendere come un inizio della selezione genetica.

Pensa che la ricerca scientifica, sul fronte della fecondazione, debba porsi dei limiti etici?

La ricerca sulla fecondazione è fantastica: permette di comprendere e affrontare il tema della riproduzione umana. Ma le applicazioni mediche, ora, si stanno spostando su ambiti che poco hanno a che fare con persone che desiderano mantenere la loro fertilità per superare gravi ostacoli alla riproduzione come malattie che non garantirebbero questo percorso. La ricerca deve servire affinché tutti possano usufruire delle scoperte fatte.

In Italia la pratica del social freezing è legale?

Non mi risulta che in Italia ci sia una legge che vieti a una persona di crioconservare i suoi ovociti, seppur a pagamento. Siamo molto indietro in materia: il legislatore non si è ancora posto questo problema, così come non si è posto il problema della concezione giuridica di un embrione.

 

Mattia Sopelsa

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