SOCIETÀ

Dal muro di Berlino a quello di Trump: dal 1989 ad oggi sono triplicati

"Ci sono ora 77 muri importanti o significativi costruiti nel mondo”. Sono queste le parole del presidente degli Stati Uniti Donald Trump scritte, come consuetudine, su twitter per supportare nuovamente le sue politiche anti immigrazione.

La fonte di tale informazione probabilmente è un articolo apparso su Usatoday nel maggio scorso o un rapporto di Fox Business che aveva esaminato il problema la sera prima del tweet (la Casa Bianca non ha mai riferito la fonte ufficiale di tale affermazione), che parlavano appunto della presenza di ben 77 barriere che delimitano i confini ancora esistenti ed utilizzate.

Ma sono veramente 77? Innanzitutto quando si parla di “muro” bisogna capire che cosa si intende.

Dal 1989 ad oggi le barriere sono passate da 15 a oltre 70

Quando noi italiani o Europei in generale pensiamo a questa parola inevitabilmente ci viene in mente il muro di Berlino, vedendolo oramai come un pezzo di storia anacronistica da leggere sui libri. I muri però spesso sono anche altro, da chilometri di filo spinato fino ai muri invisibili del mare. I muri, soprattutto in Europa, non fanno parte della storia ma della stretta attualità, basti pensare che dal 1989 ad oggi le barriere sono aumentate, e di molto, passando dalle 15 alle oltre 70.

Come ha scritto Valerio Calzolaio sulle pagine de Il Bo Live qualche mese fa per analizzare i muri nel mondo “si può partire da quello sui 3.200 chilometri di frontiera fra Usa e Messico che il presidente Trump vorrebbe presto completare. Oppure dai muri fra Israele, gli altri Stati vicini e il non-Stato della Palestina: Egitto (245 chilometri) e Siria, Cisgiordania (quasi 710) e Gaza (60). Per allargare poi lo sguardo all’intero Medio Oriente (muri fra tutti, in particolare ora costruiti da Giordania, Arabia Saudita, Kuwait, Turchia) e alle città piene di militari, dove le recenti guerre e la diffusa presenza di terroristi hanno fatto esportare il modello della “zona verde” di Baghdad recintata nel 2003”.

I muri in Ungheria e Austria

Muri sono anche quelli presenti dalla fine degli anni ‘60 in Irlanda del Nord ma muri sono anche quelli creati in questi ultimi anni in Ungheria e Austria. Il primo è stato creato nel 2015, è alto 4 metri e percorre tutti i 175 km del confine tra Ungheria e Serbia. La costruzione di questa barriera è stata realizzata per bloccare i flussi migratori provenienti dalla rotta balcanica, e di fatto è composta da due diverse sezioni, la prima realizzata nel 2015 dal primo ministro ungherese Viktor Orbán è un lungo filo spinato, la seconda, a rinforzo, è una barriera completata nel 2017 dotata di sensori che rilasciano scosse elettriche a chi tenta di passare.

Un muro è anche quello creato dall’Austria nel luglio scorso, mobile, senza le fattezze di una grande muraglia in cemento ma estremamente simbolico di un’Europa divisa tra Schengen e paura del diverso.

Muro al confine tra Ungheria e Serbia. Foto di Bőr Benedek, CC BY 2.0, Collegamento

I muri nell’Unione Europea quindi sono stati creati principalmente nel 2015, anno in cui più di 850 mila persone hanno seguito la rotta balcanica, cioè hanno cercato d’entrare in Europa non dalla Spagna o dall’Italia, bensì dalla Turchia e dalla Grecia, proseguendo poi verso la Serbia e da lì all’Ungheria.

I muri che dividono le città

Oltre ai muri che dividono gli stati, come gli esempi di cui abbiam già parlato o come la barriera già presente in alcuni punti del confine tra Stati Uniti e Messico e che il presidente Trump vuole ampliare, ci sono poi i muri che dividono le città.

Sempre rimanendo in Europa esistono due situazioni tanto particolari quanto emblematiche. Ceuta e Mellilla sono due roccaforti spagnole situate all’interno del territorio del Marocco. Queste città sono completamente rinchiuse da muri e, solo nel 2018, sono entrate 6.505 persone.

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Muro che delimita la città di Melilla. Foto di Ongayo - Own work, CC BY-SA 4.0, Link

Muri sono anche quelli che separano i ricchi dai poveri. Gli esempi più eclatanti sono quelli di Lima, in cui una barriera separa la baraccopoli di Pamplona Alta, dal distretto La Molina e di Vila Esperança, cioè una comunità dello stato brasiliano di São Paulo in cui è stata costruita una barriera ufficialmente per “proteggere” gli automobilisti ma che di fatto separa la via d’accesso stradale dalla favela.

In un mondo sempre più interconnesso in cui esiste e resiste ancora l’utopica idea di una comunità continentale senza barriere (leggesi Europa), abbiamo visto come l’idea del muro non sia poi così tanto anacronistica e che i muri sono molti e in continua espansione.

La storia insegna che le barriere non sono mai la soluzione e che, a lungo andare, giustificare l’aver creato situazioni di sofferenza con la necessità di sicurezza non porta a grandi risultati.

Un muro infine, lo è anche il mare e solamente uno sguardo cieco ed inumano non può accorgersi che spesso è una barriera tanto naturale, quanto letale, una barriera che solamente nel nostro “piccolo” mar Mediterraneo ha già fatto 200 morti in pochi giorni del 2019.

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