
Il razzo SLB sulla rampa di lancio per la partenza della missione Artemis I. Foto: NASA
C’erano una volta la NASA e la Roscosmos. Erano gli anni d’oro della prima corsa allo spazio. Un affare per due sole potenze: gli Stati Uniti e L’Unione Sovietica che combattevano la loro guerra fredda anche con la ricerca perpetua dei primati tecnologici e scientifici oltre i confini dell’atmosfera terrestre.
A partire dagli anni Sessanta e per almeno un ventennio, solo questi due Paesi erano in possesso della tecnologia necessaria per raggiungere lo spazio. A questi, si aggiunse – a partire dagli anni Ottanta, L’Agenzia spaziale europea (ESA) con il primo razzo Ariane-1. Per la prima volta, tra Usa e Urss era arrivato un terzo incomodo: l’Europa.
Oggi, la situazione è completamente diversa. Certo, Stati Uniti con Nasa, Europa con ESA e Russia con Roscosmos rimangono potenze spaziali. Ma non sono le uniche: negli anni si sono aggiunte diverse nazioni, come Giappone e Cina e si sono aggiunti, soprattutto, altri attori: i privati. L’affare spazio non è più di dominio esclusivamente pubblico: le agenzie spaziali appaltano lanci spaziali, vettori verso la stazione spaziale internazionale, a compagnie private che – allo stesso tempo – sviluppano programmi spaziali autonomi e a scopo remunerativo, ovviamente.
Nella mappa qui sotto, sono inseriti i nominativi delle principali aziende protagoniste della seconda corsa allo spazio. Alcune, come SpaceX, sono sulla bocca di tutte e tutti da anni. Altre sono balzate agli onori della cronaca per dei recenti fallimenti (poi trasformati in successi), come è accaduto per il nuovo razzo vettore progettato da Blue Origin.
Un giro di affari per imprenditori miliardari
Due sono gli aspetti che traspaiono subito: su dodici imprese spaziali, ben otto hanno sede negli Stati Uniti, una sola in Europa, una in Nuova Zelanda, una in Cina e una in India. Ci sarebbe anche la Russia, il cui programma spaziale rimane attivo (terzo come lanci dietro solo a Stati Uniti e Cina) ma con la rottura totale di tutti gli accordi commerciali/scientifici poco dopo l’inizio dell’invasione dell’Ucraina e con le sanzioni finanziarie in corso, il programma russo è limitato e l’apporto del settore privato decisamente poco incisivo.
Il secondo aspetto è la concentrazione di ricchezza nelle mani di pochi attori. SpaceX è di proprietà del miliardario/politico/affarista di origine sudafricane Elon Musk, la Blue Origin fa capo all’ex amministratore delegato di Amazon, Jeff Bezos, la Virgin Galactic del magnate Richard Branson, proprietario dell’omonimo gruppo discografico (e non solo). Gli altri gruppi americani, come Boeing e Northtrop-Grumman sono multinazionali attive – da anni – nel campo della difesa e dell’aviazione civile e militare.
È parte di una narrazione della conquista dello spazio che si è modificata nel corso degli anni. Agli albori, quando gli sforzi economici erano interamente pubblici, il modello di innovazione tecnologica era up-bottom: i progressi erano lenti e le ricadute sulla società ancora più lente. Il progresso era sì votato alla ricerca scientifica ma i fini militari erano l’obiettivo principale di confronto tra USA e URSS. Ai giorni nostri, con gli imprenditori entrati direttamente in gioco, l’innovazione tecnologica è aumentata esponenzialmente e il sistema è diventato bottom-up con una logica di profitto economico al centro.

Un razzo Falcon lanciato dalla piattaforma di Space X.
Space X
“ Making humanity multiplanetary
È la più conosciuta e chiacchierata. Fondata e di proprietà dell’altrettanto chiacchierato e discusso Elon Musk, l’azienda con sede in Texas è – al momento – la leader mondiale per le operazioni di lancio di razzi (riutilizzabili) per diversi scopi. Tra i principali, la Space X opera da anni per la realizzazione della più grande costellazione di satelliti per le telecomunicazioni civili e militari attraverso la sua sussidiaria Starlink. Ha un ruolo di primissimo piano, appaltato dalla NASA, per l’invio e il rientro degli astronauti della ISS, la stazione spaziale internazionale e dei relativi rifornimenti di viveri e apparecchiature tecnologiche.
Dal 2008, anno del primo lancio con successo e relativo recupero del razzo Falcon 1, il primo vettore privato ad orbitare attorno alla Terra, l’azienda di Musk vanta il completamento di 449 missioni con 410 atterraggi effettuati e 381 riutilizzi dei vettori. La possibilità di poter usare più volte i Falcon è il vero punto di forza, garantendo enormi risparmi sui costi vivi delle operazioni spaziali.
La mission aulica di Space X è quella di rendere l’umanità multiplanetaria con il sogno di raggiungere Marte entro pochi anni. A questo scopo, oltre al già citato Falcon, Space X è in fase di test avanzato del nuovo vettore, Starship: un razzo super pesante con due stadi riutilizzabili che – alla sua commercializzazione – diverrà l’oggetto più potente mai costruito per andare nello spazio, superando il record del Saturn V utilizzato per le missioni Apollo negli anni Sessanta del secolo scorso. Tra i due razzi c’è una similitudine: il Saturn V, ideato da Wernher von Braun, era stato immaginato – alla stregua del nuovo vettore di Space X - anche per un possibile utilizzo per raggiungere Marte. D’altra parte, il più “piccolo” Falcon con il suo modulo Crew Dragon viene anche affittato per missioni interamente private a metà tra il puro turismo spaziale e la ricerca medico-scientifica.

Il razzo di Artemis I sulla rampa di lancio. Foto: NASA
Boeing
Boeing è una delle aziende aeronautiche più antiche degli Stati Uniti, ora diventata una compagnia corporate con amministratore delegato Robert A. Bradway.
Fondata nel 1916, ha segnato una serie di primati. Fu la prima a realizzare, nel 1938, lo Stratoliner, il primo velivolo con cabina pressurizzata in grado di volare oltre i 20.000 piedi. Durante la II guerra mondiale, il suo ruolo fu determinante nella supremazia aerea americana nel conflitto: Boeing realizzò i due bombardieri, il B-17 e il B-29, quest’ultimo tristemente famoso per aver sganciato le bombe atomiche sul Giappone.
Negli anni dopo la II guerra mondiale, l’azienda si convertì perlopiù all’aviazione civile, senza disdegnare svariate commesse militari. Oggi, Boeing è divisa in due rami principali: quello dell’aviazione civile e quello di sviluppo militare/spaziale. Su quest’ultimo punto, è impegnata in due progetti di importanza strategica per gli Stati Uniti. Il primo è legato alla missione Artemis, con cui la NASA punta a riportare, dopo Apollo, degli astronauti sulla Luna. La commessa, per Boeing, è di realizzare una parte importante dell’SLS, il nuovo sistema di lancio con cui l’agenzia spaziale americana intende tornare nello spazio profondo. La prima missione, Artemis I, lanciata nel 2022 con un ritardo di due anni rispetto all’iniziale tabella di marcia, è stata un successo: il vettore e la navicella Orion sono entrate in orbita terrestre. Il test era necessario per quello che aspetta Artemis II, il cui lancio è previsto nell’aprile del 2026: la muova missione, infatti, prevederà per la prima volta un equipaggio umano a bordo.
Ma, se Artemis procede più o meno senza intoppi, a preoccupare Boeing è invece l’incidente che ha coinvolto la capsula spaziale CST-100 Starliner. Il modulo, ideato per portare merce e persone dalla Terra all’ISS e ritorno, non ha funzionato a dovere, di recente, durante le operazioni di attracco alla stazione spaziale internazionale, costringendo i due astronauti a bordo a una permanenza forzata in orbita. Oltre a queste due operazioni in corso d’opera, Boeing opera, inoltre, nella realizzazione di satelliti commerciali.

Il lancio di New Glenn - Blue Origin. Foto: Blue Origin
Blue Origin
“ We are building a road to space for the benefit of Earth
È questo il principale slogan della società voluta da Jeff Bezos, tra le altre cose ex amministratore delegato del colosso Amazon e proprietario del Washington Post. La compagnia aerospaziale nasce, inizialmente, come uno dei primi progetti per far provare ai turisti spaziali il brivido di un volo suborbitale. Missione riuscita con il sistema di lancio New Shepard che continua a portare, a costi altissimi, chi desidera (e può permetterselo) provare il brivido dell’assenza di peso per un totale di 11 minuti di viaggio tra decollo, permanenza e atterraggio. Tra i fortunati paganti, la persona più anziana a mai essere stata nello spazio e l’attore William Shatner, iconico capitano Kirk della nave stellare Enterprise in Star Trek.
Ma il futuro di Blue Origin nella corsa allo spazio si gioca tutto con il programma New Glenn. Si tratta di un razzo di nuova generazione, parzialmente riutilizzabile con cui, nelle intenzioni, l’azienda si dovrebbe mettere in diretta concorrenza con Space X, attualmente l’unica ad avere sistemi di lancio e rientro riutilizzabili. Il primo stadio di New Glenn è progettato per essere usato per almeno 25 lanci (e rispettivi rientri). Il primo tentativo di lancio, risalente al 13 gennaio, non è andato a buon fine. Ma il successivo, tre giorni dopo, è riuscito a partire: il razzo è riuscito a portare in orbita il suo carico utile (il Blue Ring Pathfinder, un trasportatore spaziale che dovrebbe agganciare satelliti per spostarli di orbita) ma il primo stadio, invece di rientrare sulla sua piattaforma di lancio, si è disintegrato in volo. Niente di male: anche SpaceX prima di riuscire un rientro controllato, fallì molte volte. Fa parte della storia dell’esplorazione spaziale.
Tra gli altri progetti, Blue Origin è infine coinvolta nella progettazione di una nuova stazione in orbita terrestre bassa. Il suo nome è Orbital Reef.
Axiom Space
Fondata dall’ex program manager della ISS per la NASA, Michael Suffredini, e da Kam Ghaffarian, imprenditore nel settore aerospaziale, Axiom Space è un giocatore particolare nello scacchiere delle compagnie private impegnate nello spazio. Ha ricevuto, nel 2020, un appalto dalla NASA (valore di 140 milioni di dollari) per la realizzazione di moduli commerciali da agganciare alla stazione spaziale internazionale. L’intento della società, alla dismissione della ISS, sarebbe quello di realizzare la prima stazione spaziale commerciale privata in orbita terrestre: la Axiom Station.
L’azienda realizza, infine – in collaborazione con SpaceX – viaggi commerciali privati e partecipa a un progetto per realizzare le nuove tute spaziali per il ritorno sulla Luna della NASA.
Firefly Aerospace
Fondata nel 2017 da Max Polyakov e Tom Markusic, l'azienda americana, con sede in Texas, ha da pochi giorni completato il suo primo allunaggio di successo con il lander Blue Ghost, concepito - grazie a una commessa della Nasa risalente al 2021, per il trasporto di merci dalla Terra al nostro satellite nell'ambito del programma Commercial Lunar Payload Services, uno dei rami in cui si suddivide il programma principale Artemis.
Le altre americane
Visti i principali attori privati degli Stati Uniti, rimangono quelli più piccoli e non direttamente coinvolti nelle grandi operazioni della seconda corsa allo spazio.
Virgin Galactic, fondata da Richard Branson, è focalizzata – sin dal 2004 – nel business del turismo spaziale suborbitale con il suo spazioplano VSS Unity.
Sierra Space ha il sogno di realizzare l’erede dello sfortunato Shuttle. L’azienda sta sviluppando, infatti, il Dream Chaser, che, nelle intenzioni, dovrebbe essere uno spazioplano di ultima generazione in grado di far dimenticare i fasti dello Space Shuttle.
Northrop-Grumman, colosso dell’aviazione militare americana (ha fornito numerosi velivoli da combattimento per l’aeronautica a stelle e strisce), oltre che droni e missili, ha quote anche nell’industria spaziale, fornendo perlopiù moduli per la NASA e alcuni razzi vettore.
Relativity space, infine, è una giovane azienda specializzata nell’utilizzo di stampe 3D per la realizzazione dei suoi vettori di lancio medio-leggeri: il Terran 1 (dismesso) e il Terran R.
In Europa e altrove
Nel vecchio continente, l’Ariane Space, nato nel 1980, è l’indiscusso protagonista della corsa allo spazio europea. L’azienda, una sussidiaria dell’Ariane Group, e nasce proprio per il desiderio dei Paesi europei di entrare a pieno titolo nella corsa scientifico-commerciale allo spazio. Il suo lanciatore più famoso, il cui debutto è del 1979, è l’Ariane. Il razzo è arrivato alla sua sesta versione (l’Ariane 6, il cui volo inaugurale risale al luglio del 2024) e supporta, assieme al Vega, molta dell’attività spaziale dell’ESA, l’agenzia spaziale europea e la messa in orbita di satelliti commerciali e con scopi scientifici.
In Cina, è degna di nota la CAS-Space, spinoff – però – del programma spaziale cinese, mentre – in India – la Skyroot Aerospace è stata protagonista del primo lancio di un vettore privato da parte del Paese indiano.
Menzione d’onore infine per la neozalendese Rocket Lab, specializzata nel lancio di piccoli satelliti con contratti anche con il dipartimento della Difesa americano.