CULTURA

La scienza nascosta nei luoghi di Padova: le sue mura, innovazione dell'arte del difendere

Vi siete mai chiesti il perché la città di Padova ha questa forma? Il motivo è da ricercarsi in quello che ora è considerato il monumento più grande ma anche il più invisibile della città.

Stiamo parlando della mura rinascimentali, luogo di memoria viva della città che fu. Con 11 km di perimetro, di cui 10 ancora intatti ad oggi, 19 bastioni e cinque porte superstiti, le mura padovane sono le più grandi mura rinascimentali d'Italia e tra le più grandi d'Europa e rappresentano anche una soluzione difensiva innovativa che diede lustro alla tecnica che i francesi chiamarono trace italienne.

Una struttura che, come dicevamo, ha influenzato profondamente lo sviluppo della Città, e che affonda le radici nella rivoluzione che tra il XIV e XVI secolo ha interessato la tecnica militare: la nascita di un'artiglieria più moderna ed efficace. La quale a sua volta era resa possibile dall’uso sempre più sistematico e consapevole della polvere da sparo unito allo sviluppo della metallurgia, che permise di costruire cannoni più potenti e con una maggiore gittata. Un progresso scientifico e tecnologico – forse non etico e sociale – che ebbe proprio in Padova uno dei suoi primi banchi di prova.

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Le Mura di Padova rappresentano una soluzione difensiva innovativa che diede lustro alla tecnica che i francesi chiamarono trace itelienne

La storia medievale e rinascimentale di Padova si può riassumere in tre fasce di mura: la prima, medievale, che comprende il centro città, con Porta Molino e Porta Altinate, le più famose e ancora visibili che difendevano solo il centro della città, la parte più popolosa, cioè le odierne piazze, il duomo e gli edifici comunali; la seconda, quella delle mura intermedie, completata nel '300 dai carraresi e che comprende anche il convento di San Giovanni da Verdara e Coalonga. I carraresi inoltre completarono l'opera anche a sud della città, includendo nelle mura anche Santa Giustina, Santa Croce e Prato della Valle.

Durante il periodo carrarese inoltre, ed in particolare nel 1374, si iniziò la costruzione di quello che divenne poi il Castello Carrarese. Non fu una costruzione da zero ma più propriamente una ristrutturazione in quanto c’era già la Torlonga, cioè la torre medievale che poi fu utilizzata come prigione da Ezzelino III da Romano nel XIII secolo. L’edificio rimase intatto per quasi 400 anni, fino a quando nel 1767 la Torlonga venne trasformata nella sede della Specola ed il resto del castello in carcere quarant’anni più tardi.

 

La dinastia carrarese finì in modo cruento con la dominazione veneziana nel 1405. La Serenissima ereditò le mura carraresi inizialmente senza modificarle. La rivoluzione delle tecniche militari con un utilizzo più massiccio delle armi da fuoco avvenuta tra il ‘400 e il ‘500 costrinse però i veneziani a rivedere quasi totalmente la configurazione difensiva di Padova.

L’evento che obbligò ad un ripensamento delle strutture difensive fu l’assedio di Padova del 1509, avvenuto durante il conflitto fra la Repubblica di Venezia e la Lega di Cambrai, cioè l’unione delle maggiori potenze europee come il Regno di Francia, la corona spagnola, l’Impero di Massimiliano I d’Asburgo (1459-1519), nonché i Ducati di Mantova, Urbino, Ferrara, e lo Stato pontificio. Gli assedi della Lega che prese il nome proprio dalla cittadina francese Cambrai dove fu firmato l’accordo, diedero vita alla necessità di sviluppare una nuova “arte del difendere”.

Dalle mura medievali al sistema bastionato

Padova e le sue mura infatti rappresentano anche un importante crocevia di sperimentazione per una nuova tecnica difensiva: quella dei bastioni. Uno dei primi ad ipotizzare un nuovo sistema difensivo, diverso dalle mura medievali, fu Leonardo Da Vinci.

Tra i 1.119 fogli del Codice Atlantico infatti ce n’erano alcuni denominati: “"Fortezze, bastioni e cannoni."

Qui uno degli uomini più ingegnosi e curiosi di tutte le epoche provò ad ipotizzare la creazione di difese che potessero resistere alla forza brutale delle cannonate.

Le mura delle città medievali infatti erano molto alte e merlate, difficili da scavalcare ma, visto il loro lieve spessore, facili da abbattere con una palla di cannone. A scoprirlo furono proprio i veneziani che, oltre ad aver subito una dura sconfitta da parte delle forze francesi di Luigi XII ad Agnadello, con una successiva ritirata delle truppe, si ritrovarono a dover cedere anche Padova agli Imperiali.

La Serenissima però non si diede per vinta e, tra il 16 ed il 17 luglio 1509, riconquistò la città. Questa volta la Repubblica non usò subito la forza bensì riuscì, con un’azione tanto strategica quanto fantasiosa, a farsi aprire la porta di Coalunga, tenendola poi bloccata con un carro carico di fieno e permettendo così ai veneziani, guidati da Andrea Gritti, di fare irruzione. La battaglia costrinse alla ritirata degli occupanti verso il Castello Carrarese, prima della loro definitiva resa.

È stato dopo la riconquista di Padova che la Repubblica di Venezia decise di dotarsi di una difesa innovativa, anche in vista della possibile controffensiva dell’armata di Massimiliano I. I primi interventi attuati in poco tempo riguardarono l’altezza e la merlatura delle mura. Come abbiamo già ricordato le difese medievali erano alte e sottili, una caratteristica che, a causa della potenza dei cannoni, rischiavano ora di diventare un problema più che una difesa. Si decise quindi di abbassarle, togliendo la merlatura ed aumentando lo spessore con l’innalzamento di un terrapieno interno.

La seconda fase si concentrò sulla costruzione di una nuova linea difensiva comprensiva dei bastioni. Inizialmente questi, chiamati propriamente torrioni, furono costruiti di forma rotonda. Studi dell’epoca infatti mettevano in luce l’efficacia della forma circolare contro i colpi dell’artiglieria. Esempi concreti che ancora oggi sono visibili possono essere il Bastione di Codalunga (il primo costruito), quello dell’Impossibile nell’attuale via Raggio di Sole, e quelli dell’Arena, dell’Alicorno, di Santa Giustina e di Pontecorvo.

Ben presto però ci si rese conto che i torrioni di forma rotonda presentavano una problematica che poteva minare tutta la linea difensiva della città. C’era infatti un angolo morto, impossibile da coprire con i colpi di artiglieria dei bastioni vicini e, nel malaugurato caso in cui il nemico fosse riuscito a raggiungerlo, avrebbe potuto minare il torrione facendolo esplodere.

Fu così che i bastioni cambiarono forma e diventarono poligonali. Il cambiamento è ben chiaro ancora oggi visitando i bastioni del settore ovest, realizzati negli anni venti del ‘500, Savonarola, S.Giovanni e S. Prosdocimo. La ricerca delle soluzioni migliori era costante e, anche successivamente al cambiamento di forma, ci furono altre innovazioni. Guardando i bastioni Moro I e II, realizzati nel 1531-32 si può notare infatti un cambiamento non indifferente. Al contrario dei precedenti questi erano realizzati a cielo aperto.

Negli anni infatti si era presentato il problema dello scarico dei fumi. Nei bastioni in cui l’artiglieria stava al chiuso sotto terra infatti, era difficile riuscire a far fuoriuscire dalla casamatta il fumo dovuto agli spari, con gravi conseguenze per gli artiglieri. Ancora più visibile il cambiamento è guardando gli ultimi due baluardi realizzati nel 1540 e nel 1547, rispettivamente il Cornaro e il S.Croce.

Il caso Palmanova

Questa nuova tecnica di costruzione dei bastioni è ben visibile in una città ancora oggi considerata l’emblema dell’arte del difendere rinascimentale. Stiamo parlando di Palmanova, piccolo comune di 5mila abitanti situato in Friuli Venezia-Giulia, dal 2017 patrimonio dell’Unesco. La città mantiene ancora oggi tutta la sua linea bastionata ed è chiamata la "città stellata" per la sua pianta poligonale a stella con 9 punte.

Visitare Palmanova oggi significa fare un salto indietro nel tempo e comprendere come potesse funzionare all’epoca la difesa della Serenissima e come i bastioni realizzati rappresentassero in tutto e per tutto ciò che Leonardo Da Vinci aveva abbozzato nel suo Codice Atlantico.

Le mura oggi

Vivere il centro di Padova significa quindi di fatto vivere ancora all’interno della cinta muraria rinascimentale, un monumento che spesso si dà per scontato. Il perimetro difensivo però è ancora di fatto intatto, nonostante dall’800 in poi diversi tratti vennero abbattuti per aprire delle brecce per favorire la libera circolazione. Per mantenere viva la memoria storica delle mura di Padova e far conoscere ai cittadini sia la linea difensiva che i suoi sotterranei, è stato formato, nel 1977, il Comitato Mura di Padova, un’associazione che permette ai padovani ed a tutti i curiosi di poter conoscere ciò che fu la città medievale e rinascimentale.

Un'ultima nota di colore infine ci viene da una targa affissa alla base di Ponte Molino. L'iscrizione testualmente recita: "Da questa torre Galileo molta via dei cieli svelò". Galileo e Porta Molino però non c'entrano nulla e questo è solamente un falso storico ideato dallo storico ed epigrafista Carlo Leoni nell'''800. Come sappiamo Galileo quando tra il 1592 e il 1610 osservava il cielo con il cannocchiale, non lo faceva nè da Ponte Molino, nè dalla Specola, trasformata in osservatorio solalmente 250 anni fa, bensì dalla finestra e dall’orto della sua casa padovana, in quella che oggi è via Galilei. 

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