Uomo dai mille volti, massimo interprete dell’italiano medio, icona della romanità. La memoria di Alberto Sordi è ancora oggi, a cento anni dalla sua nascita, ben viva nella memoria del Belpaese, di quella società italiana di cui l’attore ha rappresentato per decenni, con un’ironia sottile e pungente, i difetti e le miserie ma anche la bellezza.
Da sempre attratto dal palcoscenico, fin da giovanissimo lavora nell’avanspettacolo, frequentando i teatri leggeri di una Roma in guerra. È nello stesso periodo che inizia la propria esperienza dietro le quinte: grazie alla sua calda voce di basso, infatti, nel 1937 diventa doppiatore di Oliver Hardy, dando così voce all’Ollio italiano. Dopo la fine della guerra approda in radio, dove ottiene i primi successi di pubblico: qui è protagonista di numerosi programmi comici, dove prendono forma a livello embrionale alcuni dei personaggi che, in seguito, lo renderanno famoso.
Scena tratta da "Un americano a Roma"
Il debutto cinematografico non è glorioso: il primo film da protagonista (Lo sceicco bianco, 1952), commedia diretta da Federico Fellini, si rivela un parziale fallimento. Il successo giunge con la nascita del personaggio Nando Mericoni, protagonista di Un giorno in pretura (1953), con Peppino de Filippo, e dell’indimenticabile Un americano a Roma (1954): Nando è un giovanotto un po’ svogliato, innamorato di tutto ciò che è americano, la cui parlata romanesca "inglesizzata" diventa ben presto un cult. La comicità di Sordi è già qui molto tagliente: le battute e le scene esilaranti e surreali che si susseguono nel film nascondono, infatti, uno spaccato della società italiana del primo Dopoguerra, abbagliata dal sogno di opulenza americano.
Un americano a Roma
I personaggi satirici, negli anni, si susseguono: sono individui qualunquisti e opportunisti, che cercano di ottenere il massimo con il minimo sforzo, protagonisti di quell’“italietta” di cui Sordi, con i suoi personaggi, offre un’impietosa caricatura. Tra i tanti, ricordiamo ad esempio l’industriale Alberto Nardi che, ne Il vedovo (1959), cerca di arricchirsi alle spalle della moglie ereditiera (Franca Valeri), ma è vinto dalla propria inettitudine; il bel Gastone, in realtà truffatore senza arte né parte (Gastone, 1960); il solerte vigile di provincia Otello, che, ne Il vigile (1960), impara a suon di errori ad obbedire al potere; il memorabile medico Guido Tersilli, che – ne Il medico della mutua (1968) e nel seguito Il prof. Dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue (1969) – rappresenta il culmine dell’italiano piccolo borghese, sempre in cerca di stratagemmi e strade laterali per arricchirsi senza faticare.
Il prof. dott. Guido Tersilli primario della clinica Villa Celeste convenzionata con le mutue
La commedia all’italiana, con Sordi, fa insomma un salto di qualità. Ma la comicità non è tutto: con Un borghese piccolo piccolo (1977), diretto da Mario Monicelli, la denuncia sociale si fa drammatica: per il protagonista, prigioniero della propria piccolezza, non c’è più alcuna speranza di redenzione.
Un borghese piccolo piccolo
Le opere da citare sarebbero molte: la produzione di Sordi comprende la partecipazione a circa 150 film come attore, protagonista e non, come sceneggiatore, come regista. Il suo successo è dato dall’inedita, e riuscitissima, combinazione tra una comicità apparentemente leggera e una puntuale analisi – talvolta nascosta, ma sempre presente – di vizi (molti) e virtù (poche) dell’Italia del tempo. La sua capacità di interpretare ruoli tra loro diversissimi, dal comico, al satirico, al drammatico (si pensi ai ruoli ricoperti in film come La grande guerra) ne ha fatto una figura centrale della cultura popolare del nostro Paese.
In onore del centenario della nascita, la storica casa sull’Aventino, in cui l’attore ha vissuto con le sorelle, aprirà al pubblico e diventerà un museo: dal prossimo settembre si potrà inoltre visitare una mostra, allestita per l’occasione, che guiderà i visitatori alla scoperta della vita privata di un attore tanto dedito al proprio mestiere da non essersi mai sposato. D’altronde, come egli stesso diceva, i rischi erano maggiori dei benefici: “Sposarmi io? E che me metto’n’estranea in casa?!”.