SCIENZA E RICERCA

Il 19% della popolazione mondiale è esposto al rischio di subsidenza

La subsidenza, un fenomeno irreversibile che consiste nel progressivo abbassamento di alcune aree della superficie terrestre, costituisce in molte regioni del mondo un pericolo potenzialmente distruttivo, nella misura in cui, nel lungo periodo, può rendere i territori colpiti inabitabili e improduttivi.

È quanto emerge dai risultati di uno studio comparso su Science, condotto nell’ambito dell’iniziativa LaSII (Land Subsidence International Initiative) dell’UNESCO, al quale hanno contribuito anche ricercatori del CNR e dell’Università di Padova. Tra questi vi è Pietro Teatini, docente di ingegneria idraulica all’università di Padova e presidente della LaSII, al quale abbiamo rivolto alcune domande.

«La subsidenza – spiega il professore – è un processo dovuto principalmente alle attività umane. Possiamo sicuramente indicare, tra le cause, l’estrazione di acqua dalle falde artesiane: le falde, infatti, sono la principale fonte d’acqua per milioni di persone nel mondo. Anche altre attività possono determinare la subsidenza, come il prelievo di idrocarburi dal sottosuolo, ma esse rimangono, nel complesso, cause secondarie».

L'intervista completa a Pietro Teatini. Montaggio: Elisa Speronello

Nel corso del XX secolo, si sono verificati eventi di subsidenza del terreno in 200 località situate in 34 Paesi, e le rilevazioni dimostrano che la probabilità che il problema si presenti è maggiore “nelle pianure alluvionali, nelle zone costiere e laddove aree agricole o urbane si sviluppano in territori caratterizzati da un clima arido e da prolungati periodi di siccità” (p. 34). Gli autori dello studio hanno costruito una mappa globale delle zone a rischio di subsidenza: dai dati raccolti, emerge che circa l’8% della superficie terrestre presenta un rischio di subsidenza maggiore del 50%, e che gran parte delle zone suscettibili corrispondono ad aree densamente popolate o ad aree agricole.

Limitando l’analisi alle zone interessate da un elevato potenziale di rischio, si evince che i territori coinvolti sono circa 2,2 milioni di km2 – l’1,6% della superficie globale – e che in essi abitano 1,2 miliardi di persone: ciò significa che circa il 19% della popolazione mondiale è esposto alla potenziale subsidenza del terreno. Gran parte della popolazione a rischio vive in Asia (l’86%); le stime, inoltre, mostrano che il 97% di essa è concentrata in soli 30 Paesi, tra cui si annoverano India, Cina, Giappone, Indonesia, Egitto, ma anche Stati Uniti, Olanda e Italia.

«L’insorgere del processo di subsidenza può causare anche gravi problemi sociali. L’acqua è un bene fondamentale e non alienabile, al quale però larghe fasce della popolazione mondiale non hanno facile accesso. Ecco perché, da decenni, UNESCO si occupa della questione: nel valutare – e sostenere – lo sviluppo economico dei Paesi a basso reddito, bisogna tenere in considerazione anche la gestione sostenibile di questa risorsa. È necessario, dunque, mantenere alta l’attenzione e diffondere conoscenza sui rischi legati allo sfruttamento incontrollato delle falde acquifere», afferma Teatini.

«Spesso il problema non è insolubile – prosegue l’esperto – ma è necessario investire sia in tecnologie che rendano potabili le acque superficiali, sia in grandi infrastrutture». Il punto è che, come sottolineano gli stessi ricercatori, non sempre i Paesi in via di sviluppo hanno le risorse necessarie per mettere in atto programmi di prevenzione e mitigazione della subsidenza.

Il rischio di subsidenza è presente anche in Italia, che è fra i dieci paesi più colpiti dal fenomeno: «Nella Penisola, eventi di subsidenza si sono verificati soprattutto nel periodo compreso fra il secondo Dopoguerra e i primi anni ’70», chiarisce Teatini. «Allora, infatti, si emungeva moltissima acqua dalle falde, acqua che veniva utilizzata, soprattutto nella zona del delta del Po, per rifornire i poli industriali e per soddisfare il fabbisogno idrico delle città. Dagli anni ’70, tuttavia, grazie all’intervento del legislatore, gli emungimenti sono stati fermati. Oggi, quella e altre zone italiane sono ancora esposte alla potenziale subsidenza, ma, grazie ai giusti interventi di prevenzione e controllo il rischio è contenuto».

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