Il segretario generale della NATO, Stoltenberg, durante un meeting. Foto: Reuters
Se soltanto pochi anni fa Emmanuel Macron la definiva “cerebralmente morta”, oggi ha riacquisito un inaspettato protagonismo: l’Organizzazione dell’Atlantico del Nord (NATO), che oggi compie 75 anni, pur ricevendo critiche ogni giorno non sembra però al momento avere alternative; secondo il presidente Mattarella anzi proprio “oggi, con il ritorno della guerra nel continente europeo, si comprende appieno la lungimiranza [della sua creazione]".
Pensata per proteggere l’Europa occidentale dell’Unione Sovietica (Il Patto di Varsavia nasce solo nel 1955) e modello per il successivo processo di integrazione europea, dopo il crollo del muro di Berlino prova a trasformarsi in poliziotto continentale, per trovarsi oggi a fronteggiare il redivivo imperialismo russo. “Questo perché nel corso della sua storia la Nato si è dimostrata uno strumento estremamente duttile, molto più elastica di qualsiasi alleanza militare classica” spiega una vecchia conoscenza de Il Bo Live: Marco Mondini, impegnato questi giorni a rifinire il libro Il ritorno della guerra. Combattere, uccidere e morire in Italia 1861-2023, in uscita a fine maggio per Il Mulino. “Lo abbiamo appena visto con l’ingresso della Svezia nell’Alleanza, approvato all’unanimità da tutti i membri: la Nato non è una sorta di patto di Varsavia, la corte della superpotenza più forte, ma un’unione di Stati sovrani – continua lo storico dell’università di Padova –. Anche se c’è pur sempre un azionista di maggioranza come gli Stati Uniti, che da decenni si sobbarcano i costi maggiori”.
Eppure per molti stare nell’Alleanza equivale a una sudditanza nei confronti dell’America.
“Distinguiamo: il patto di Varsavia era semplicemente la consacrazione del rapporto di vassallaggio tra Stati satelliti e Urss, non si è mai visto uno di questi Paesi cambiare governo senza la benedizione di Mosca. Non che a ovest gli Usa non contassero nulla, soprattutto nella prima fase della guerra fredda, ma alla fine le maggioranze sono sempre uscite dalle urne. La prova del nove è la Francia, che con de Gaulle si ritira dal comando integrato dell’Alleanza (vi rientrerà solo 43 anni dopo, nel 2009 ndr) e crea una sua force de frappe nucleare completamente autonoma, pur rimanendo in legami di amicizia con Washington. Non credo proprio che la Repubblica Popolare di Polonia avrebbe potuto fare lo stesso”.
Oggi poi, in caso di vittoria di Trump, si parla addirittura di uscita degli Usa…
“Tanto che a Bruxelles si inizia a ragionare di una Nato con meno Stati Uniti, o addirittura senza. Del resto già oggi Washington ha un peso infinitamente inferiore rispetto ad esempio agli anni Cinquanta”.
Ha senso quindi celebrare la Nato?
“Si tratta comunque dell’organizzazione più efficace al mondo nel garantire la sicurezza dei suoi membri: per questo la famosa affermazione di Macron traballava già nel 2019. Chiariamo: è sicuramente lecito interrogarsi sul senso e gli obiettivi di un'alleanza difensiva nata per la guerra fredda, ma bisogna anche tener conto della sua capacità di rinnovarsi. Per avere un quadro di ciò che oggi la Nato pensa di se stessa basta scaricare dal suo sito il documento denominato Strategic concept. Esso è il frutto del continuo lavoro di aggiornamento di una moltitudine di esperti e comitati, approvato infine dagli Stati membri e in seguito costantemente integrato dalle dichiarazioni rilasciate al termine dei periodici incontri al vertice. Più che una semplice alleanza militare l’Allenza è un vero e proprio organismo politico e la maggioranza delle critiche che le sono rivolte, specie in Italia, evidenzia soprattutto che pochi sanno come funziona”.
Putin però dice, e più di qualcuno gli dà ragione, che è stato proprio l’allargamento della Nato a portare allo scontro con la Federazione Russa e quindi a un aumento dell’insicurezza.
“In realtà, come ho già spiegato, è Putin nel 2007 a dire chiaramente che la Russia vuole riprendersi il suo spazio imperiale. Ricordiamo che nei primi anni 2000 c’è addirittura una partnership con la Federazione Russa, che dalla fine della guerra fredda non è più considerata un avversario ma un potenziale socio nella gestione dell’ordine continentale e globale. Il presidente russo rompe l’equilibrio per ragioni interne: gioca la carta dell’uomo forte per rimanere al potere. Il cambiamento di atteggiamento della Nato è però molto lento: la svolta arriva solo nel 2014 con l’invasione della Crimea. Da allora nei documenti Nato la Russia è indicata come la principale minaccia alla sicurezza dell'Europa”.
Dopo la caduta del muro non sarebbe stato meglio sciogliere l’organizzazione e smilitarizzare l’Europa?
“Per un momento effettivamente si pensò che il trionfo della liberaldemocrazia avrebbe segnato la fine dell'insicurezza, se non addirittura della storia: subito dopo però abbiamo la prima guerra del Golfo, il più grande conflitto convenzionale dai tempi della guerra di Corea, e l’inizio del sanguinoso sfaldamento della Jugoslavia. Il mondo dei primi anni Novanta non più bipolare, ma non particolarmente sicuro: la demilitarizzazione dell’Europa è fin dall’inizio una pura utopia”.
Torniamo all’oggi: è davvero possibile un collasso della Nato in seguito alla vittoria di Trump?
“Ovviamente ragioniamo in termini di fantapolitica, ma sono convito che l’alleanza sopravviverebbe anche a quello che gli analisti chiamano worst case scenario, ovvero il disimpegno militare e finanziario americano (che comunque non avverrebbe dall’oggi al domani). Del resto gli Stati Uniti si erano già fortemente disimpegnati all'inizio degli anni Duemila per concentrarsi su quello che da Bush jr in poi è considerato il vero avversario: la Cina. Oggi l’alleanza dichiara di poter mobilitare mezzo milione di soldati in 35-40 giorni, ma fino al 2014 la forza di reazione rapida contava appena 30.000 persone. Ancora una volta è il trauma ucraino a cambiare tutto: nascono così, laddove la minaccia russa è più verosimile, in Polonia e nei Paesi Baltici, i quattro gruppi di battaglia multinazionali ai quali partecipa anche l’Italia. Si tratta di alcune migliaia di uomini soltanto, fondamentali però dal punto di vista politico e della deterrenza. Per questo direi che oggi la Nato è viva e vitale: anche perché la sicurezza costa e far parte di un’alleanza fa risparmiare una valanga di soldi. Lo sa bene Putin, che oggi impiega quasi completamente il suo budget in armi”.