SCIENZA E RICERCA

Binge eating. Uno studio indaga la neurobiologia del disturbo da alimentazione incontrollata

Non è semplice risalire alle cause di un disturbo del comportamento alimentare. Dietro la comparsa di questo tipo di patologie si nasconde un complesso insieme di fattori genetici, psicosociali, culturali ed emotivi che coinvolge anche alcuni meccanismi neurobiologici.

Gli autori di un nuovo studio pubblicato su Nature hanno individuato un legame tra la manifestazione del disturbo da alimentazione incontrollata (anche definito disturbo da binge eating) e la mancata connessione tra due diverse aree del cervello umano. La ricerca suggerisce, in particolare, l’esistenza di un circuito oressigenico (responsabile, cioè, di stimolare l’appetito) che collega l’ipotalamo laterale e l’ippocampo dorsolaterale. Il malfunzionamento di questa rete di comunicazione tra le due zone sembra giocare un ruolo nella manifestazione del disturbo in questione, che può a sua volta causare obesità in chi ne soffre.

“Il lavoro di recente pubblicato su Nature fa parte di un filone di ricerca che tenta di approfondire la gestione cognitiva, emotiva e comportamentale del nostro rapporto con il cibo”, ha spiegato a Il Bo Live Paolo Meneguzzo, ricercatore in psichiatria clinica al Padova Neuroscience Center. “Si tratta di un ambito di studio complesso e multidisciplinare che comprende anche altri tipi di approcci che servono a valutare, ad esempio, gli aspetti cognitivi e socioculturali legati allo sviluppo dei disturbi dell’alimentazione.

Nello specifico, gli studi di neurobiologia del comportamento alimentare servono ad indagare quei meccanismi che generano, ad esempio, la fame e la sazietà, oppure il senso di ricompensa e gratificazione associati al cibo, i quali non dipendono solamente dagli ormoni prodotti dal sistema gastrointestinale, ma hanno anche un’origine neurologica. Negli ultimi anni, queste ricerche si sono basate sull’uso di tecnologie di neuroimaging (mirate, cioè, alla mappatura del cervello per individuare, ad esempio, come sono connesse tra di loro le diverse aree e come si attivano per svolgere specifici compiti, ndr) sempre più avanzate, riuscendo a produrre risultati particolarmente accurati.

Lo studio pubblicato su Nature muove da alcune evidenze raccolte precedentemente in letteratura che suggerivano l’esistenza di una connessione fra l’ippocampo dorsolaterale e l’ipotalamo laterale. Mentre l’ippocampo è deputato alla gestione della memoria e degli aspetti emotivi, l’ipotalamo laterale rappresenta quella parte del nostro cervello che serve a mantenere l’omeostasi, ovvero quello stato di equilibrio in cui il cervello integra in maniera efficiente gli input che provengono dall’esterno, attraverso il corpo, con le informazioni che già possiede, orientando di conseguenza il comportamento”.

Alcuni studi precedenti avevano già dimostrato il coinvolgimento dell’ippocampo nei processi di elaborazione cognitiva ed emotiva dell’appetito nei roditori. Inoltre, alcune ricerche condotte sugli esseri umani indicavano un coinvolgimento di quest’area del cervello nei meccanismi patologici causa di obesità e disturbi alimentari.

“Finora non era mai stato possibile accertare la presenza di una simile connessione tra ipotalamo e ippocampo negli esseri umani, perché gli strumenti solitamente utilizzati negli studi di neurobiologia non consentono di osservare con sufficiente accuratezza la risposta neuronale al cibo e agli stimoli oressigenici”, prosegue Meneguzzo. “Gli autori dello studio hanno superato questo limite tecnologico combinando dati ottenuti tramite l’utilizzo di varie metodologie su diversi gruppi di popolazione di individui sani e con patologie, tra cui una coorte di 34 donne con diagnosi di disturbo da binge eating, le quali riferivano almeno un’abbuffata a settimana, e un altro gruppo di 9 soggetti che possedevano un impianto chirurgico di elettrodi di profondità per il monitoraggio neurochirurgico dell’epilessia.

Gli autori dello studio si sono serviti inoltre di un database internazionale che comprendeva dati di neuroimaging relativi a 178 individui e hanno eseguito, infine, un esame istologico post mortem sull’ippocampo di un volontario sano. Quest’ultimo test serviva a rintracciare, in particolare, la presenza dell’ormone concentrante la melanina (MCH), che serve a gestire gli stimoli della fame. I ricercatori hanno accertato la presenza di tale ormone, che viene prodotto nell’ipotalamo laterale, anche nell’ippocampo dorsolaterale (e da nessuna altra parte), confermando ulteriormente l’esistenza di un collegamento tra le due regioni”.

Eppure, come anticipato, la comunicazione tra ipotalamo laterale e ippocampo dorsolaterale non funzionava allo stesso modo per tutti i soggetti coinvolti nello studio. Come spiega Meneguzzo: “nel gruppo di donne con diagnosi di disturbo da binge eating, specialmente tra quelle con un indice di massa corporea superiore ai 25 di BMI – e quindi classificabili come sovrappeso o obese – la connessione precedentemente descritta risultava fortemente compromessa”.

Vale la pena di considerare, come esplicitato dagli stessi autori dello studio, che i risultati ottenuti sono preliminari e che (come qualsiasi evidenza scientifica) prima di essere considerati robusti, dovrebbero essere convalidati da studi futuri. Inoltre, proprio perché i disturbi alimentari sono – come si diceva in apertura – multifattoriali, sarebbe riduttivo concludere che la compromessa connettività tra le due aree cerebrali identificate dagli autori costituisca l’unica spiegazione per i disturbi da binge eating e, in generale, per i problemi causati da un’alimentazione sregolata.

Nonostante ciò, “i risultati emersi dalla ricerca su Nature sono interessanti perché, qualora fossero confermati da ulteriori studi, potrebbero orientare la progettazione di specifici interventi finalizzati al ripristino della connettività tra le due aree tramite stimolazione cerebrale profonda o con terapie farmacologiche ad hoc”, commenta Meneguzzo. “Insomma, aver identificato questo circuito neurobiologico e le perturbazioni che lo interessano nelle persone sovrappeso potrà aiutare la comprensione di come determinati meccanismi cerebrali siano coinvolti nei processi che causano l’obesità e, in generale, l’insorgenza dei disturbi alimentari”.

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