SCIENZA E RICERCA
La biochimica come vocazione. La storia e l'eredità scientifica di Stanley Cohen
Era il 1986 quando Stanley Cohen e Rita Levi Montalcini ritirarono il premio Nobel per la medicina. I due scienziati ottennero questo ambito riconoscimento per le loro scoperte sui fattori di crescita cellulare, cioè di quelle proteine che agiscono in modo tale da stimolare la proliferazione, il differenziamento e la maturazione delle cellule.
Cohen era nato nel 1922 a New York. Figlio di un sarto e di una casalinga, aveva ottenuto a scuola risultati abbastanza buoni da farsi ammettere al Brooklyn College. Il suo primo lavoro fu un impiego in una fabbrica del latte, dove il suo compito era quello di controllare il livello di batteri presente nei camion del latte.
Aveva poi continuato i suoi studi nel campo della biochimica, formandosi anche all'Oberlin College (dove grazie alla sovvenzione di un suo insegnante, conseguì il master in zoologia), e all'Università del Michigan, dove discusse la tua tesi di dottorato sul meccanismo metabolico dei lombrichi, animali che catturò personalmente nei prati.
La curiosità scientifica di Cohen era sempre stata orientata dal suo interesse per il funzionamento delle cellule e per il modo in cui si sviluppa un embrione.
Dal 1952, lavorò alla Washington University di St. Louis con Rita Levi Montalcini, che aveva da poco scoperto una proteina nota come fattore di crescita nervosa (NGF) in grado di favorire la crescita delle cellule nervose nei topi di laboratorio.
La scienziata in quel periodo stava lavorando per scoprire cosa causasse la crescita dei nervi in un embrione di pollo, quando gli veniva impiantato un tumore di topo. Il contributo di Cohen fu decisivo, perché il giovane biochimico mescolò del veleno di serpente con l'estratto di tumore del topo e lo applicò sull'embrione di pollo, ottenendo così una significativa crescita di fibre nervose, causata dal veleno.
Stanley Cohen e Rita Levi Montalcini ricevono il premio Nobel per la medicina nel 1986
Negli anni successivi, Cohen continuò a studiare i fattori di crescita nervosa. Ne approfondì le caratteristiche conducendo esperimenti sui topi e sul modo in cui si poteva intervenire velocizzando il processo di sviluppo dei loro occhi. Fu durante i suoi anni alla Vanderbilt University che Cohen fu poi in grado di isolare una proteina che chiamò fattore di crescita epidermica (EGF), che aveva fatto crescere lo strato superiore della pelle anche nei campioni umani.
Cohen continuò a studiare l'EGF, affascinato dal modo in cui agiva la natura e incuriosito da come l'uomo, seppur in minima parte, poteva modificarne il funzionamento. Arrivò dunque a scoprire i processi tramite i quali l'EFG viene assorbito e agisce sulle cellule, influenzando una vasta gamma dei meccanismi coinvolti nello sviluppo del corpo.
I risultati scientifici da lui raggiunti furono estremamente importanti per la ricerca contro il cancro, in particolare quello al cervello e ai polmoni, portando allo sviluppo di farmaci in grado di rallentare il decorso di questa patologia. Una volta scoperto l'EFG era stato infatti possibile individuare il suo recettore, il quale poteva essere preso di mira con farmaci in grado di inibire la crescita incontrollata di cellule.
Fu dunque grazie al suo lavoro sui fattori di crescita dei nervi e dell'epidermide che ottenne il premio Nobel per la fisiologia o la medicina, oltre ad altri riconoscimenti, come la nomina alla National Academy of Sciences nel 1980 e la National Medal of Science nel 1986.
Cohen era professore emerito di biochimica quando decise di ritirarsi nel 1999, ed entrò a far parte di un programma che permetteva agli scienziati di fare da tutor ai ragazzi delle elementari e superiori. Il suo scopo era quello di ispirare le generazioni successive a non smettere mai di fare domande e a spingere la propria curiosità verso ciò che era ancora ignoto.