SOCIETÀ

Black Lives Matter: una rivolta di schiavi e un'epidemia fecero nascere gli Stati Uniti

Fin dai tempi antichi, le epidemie hanno modellato la storia del mondo: la nostra è una specie fragile, che più volte ha visto sparire milioni di persone, a causa di virus, batteri, o semplicemente della fame. Oggi tentiamo di contenere il Covid-19, che ha fatto più di centoventimila morti negli Stati Uniti e più di 35.000 in Italia, ma nel 1665 la peste sterminò un terzo della popolazione di Londra, l’epidemia di influenza Spagnola fece oltre 50 milioni di morti tra il 1918 e il 1919, mentre la malaria rimane endemica: secondo l’Organizzazione mondiale della Sanità, nel 2018 ci sono stati 228 milioni di casi in tutto il mondo, il 93% dei quali in Africa ma è presente anche in Italia, con circa 4.000 casi negli ultimi anni. 

Dal punto di vista politico, forse l’epidemia più importante della storia è stata quella di Santo Domingo, l’attuale Haiti, nel 1802. Uccise circa 55.000 dei 65.000 soldati e marinai inviati da Napoleone con l’obiettivo di riconquistare l'isola e ristabilire la schiavitù, cancellata da una rivolta di schiavi iniziata nel 1791 e guidata da leader carismatici come Toussaint Louverture e Jean-Jacques Dessalines. Si trattava di un'epidemia di febbre gialla nei Caraibi che cambiò il destino dell’intera America.

Santo Domingo, acquisita dalla Francia nel 1697, era il cuore del sistema coloniale francese. Il clima e il suolo, soprattutto sulla pianura costiera settentrionale ben irrigata, si adattavano perfettamente alla creazione di piantagioni di canna da zucchero. Le sue colline si rivelarono ideali per la coltivazione del caffè, che conobbe il suo boom dopo il 1750. Quando scoppiò la rivoluzione francese, nel 1789, Santo Domingo produceva metà della produzione mondiale di caffè e il 40% di quella di zucchero, più della Giamaica, di Cuba e del Brasile messi insieme. Si esportavano anche tabacco, cacao e il prezioso indaco, usato per la tintura dei vestiti. Dell’isola, chiamata la Regina dei Caraibi per le sue 8.000 piantagioni, si parlava ovunque con ammirazione.Tutto questo era nelle mani di 31.000 coloni bianchi, che sfruttavano il lavoro di circa mezzo milione schiavi.

Santo Domingo, però, era anche un allevamento naturale di zanzare, il vettore della febbre gialla come della malaria. Nella stagione umida non c’era scampo per gli abitanti delle città, in particolare dei porti: la zanzara Aedes Aegypty, originaria dell’Africa, banchettava con il sangue umano, trasmettendo i virus. 

La febbre gialla era chiamata all’epoca la malattia dei marinai perché gli europei che arrivavano ne erano colpiti assai più che gli abitanti dell’isola. Un medico francese che visse a Santo Domingo dal 1732 al 1746 scoprì che la febbre gialla “scoppiava costantemente in queste città all'arrivo di nuovi arrivati dalla Francia, e tra questi, solo fra quelli che in precedenza non avevano sperimentato quel clima”.

I militari europei temevano il servizio nei Caraibi e a volte si ammutinavano quando venivano informati della loro destinazione. Nel 1755 due marinai inglesi preferirono subire 1.000 frustate piuttosto che rischiare la vita nelle Indie Occidentali, dove gli ufficiali rifiutavano abitualmente di prestare servizio. Fra il 1793 e il 1798, il tasso di mortalità tra le truppe britanniche nei Caraibi, compresa Santo Domingo che la Gran Bretagna cercava di strappare alla Francia, raggiunse il 70%. 

Gli inglesi temevano che l’esempio della rivoluzione degli schiavi di quest’isola incitasse alla rivolta anche le piantagioni della vicina Giamaica e di Cuba, oltre che gli afroamericani degli Stati Uniti. Haiti aveva dimostrato che i “giacobini neri” pronti a morire per la loro libertà erano in grado di battersi con successo contro le truppe europee, essendo sostanzialmente immuni agli effetti della febbre gialla. 

Alla fine del 1796, dopo tre anni dall’invasione di Santo Domingo, gli inglesi avevano perso 80.000 soldati, un numero che superava le perdite totali dell’esercito di Wellington in anni di guerra contro i francesi in Spagna. A Santo Domingo il costo per Londra superò i 5 milioni di sterline e all'inizio del 1797 il governo britannico decise di ritirarsi dall’isola e mantenere solo il controllo di Môle St. Nicholas e dell'isola di Tortuga: il prezzo in uomini e denaro era semplicemente troppo elevato.

Nel frattempo, i delegati di Santo Domingo a Parigi convinsero la Convenzione che i diritti umani dovevano valere per tutti, neri e bianchi, e furono così persuasivi che nel febbraio 1794 il governo rivoluzionario decretò l'abolizione della schiavitù non solo sull’isola ma in tutto l’impero coloniale francese. I diritti di cittadinanza furono estesi a tutti, gettando le basi per la prima democrazia multirazziale del Nuovo Mondo.

Il sogno di libertà e uguaglianza dove però durare poco: nel 1801 Napoleone, con un colpo di stato, si fece nominare primo console, in pratica il padrone assoluto della Francia. Immediatamente concepì il progetto di riportare la schiavitù a Santo Domingo e con essa mettere le mani sulle ricchezze che prima della rivoluazione affluivano nelle casse di Parigi. 

Alla fine del 1801, Napoleone riunì nei porti belgi e olandesi una gigantesca flotta di 35 navi di linea, 26 fregate, 22.000 soldati e 20.000 marinai. La partenza della spedizione, affidata al generale Leclerc, il cognato di Napoleone, fu però ritardata di un mese e i primi contingenti arrivarono a Santo Domingo solo alla fine del gennaio 1802. In seguito arrivarono rinforzi, per un totale di circa 65.000 tra soldati e marinai. Truppe eccellenti, veterani di molte battaglie vittoriose in Europa. Tra loro c'erano anche un gran numero di polacchi, svizzeri, tedeschi, italiani e altre nazionalità. Insieme a loro qualche centinaio di ex proprietari delle piantagioni di canna da zucchero fuggiti a causa della ribellione degli schiavi ma che ora speravano di tornare in trionfo. 

Una lettera segreta di Napoleone al ministro della Marina rivelava un piano estremamente ambizioso: non solo riconquistare il controllo di Santo Domingo ma soprattutto farne una base per espandere i possedimenti nella valle del Mississipi, la cui foce era controllata dal fiorente porto francese di New Orleans. “La mia intenzione, cittadino ministro, è di prendere possesso della Louisiana nel più breve tempo possibile, occorre quindi che questa spedizione sia organizzata nella massima segretezza, e che abbia l’apparenza di essere diretta a Santo Domingo”. 

Come aveva previsto un diplomatico spagnolo qualche anno prima, il clima era però un alleato dei ribelli: “il nemico incontrerà un clima così pericoloso che indebolirà le sue forze, rovinerà i suoi uomini e le sue scorte di cibo”. Non solo i nazionalisti guidati da Toussaint Louverture si battevano ferocemente, e con successo, ma in estate la febbre gialla iniziò a mietere vittime: un medico francese osservò che “una settimana di pioggia è stata sufficiente per distruggere una divisione del nostro esercito". I sintomi, continuava il medico, erano “prostrazione; acuto mal di testa, forti dolori ai lombi, alle articolazioni e alle estremità; nausea e vomito di materia nera biliosa, simile ai fondi di caffè”.

Nel giro di poche settimane la spedizione aveva perso migliaia di soldati e centinaia di ufficiali. 

Questa era la voce del generale Leclerc che, scrivendo al ministro della Marina, elencava le perdite di alti ufficiali a causa dell’epidemia. Per cercare di rovesciare la situazione, Leclerc diede inizio a una politica di terrore, scrivendo a Napoleone che occorreva sterminare tutti i neri sull’isola al di sopra dei 12 anni se si voleva riconquistarla. Le atrocità contro gli ex schiavi non si contavano: i generali francesi ordinarono che i prigionieri (sia militari che civili) venissero bruciati vivi, annegati con sacchi appesi al collo, crocifissi o rinchiusi nelle stive delle navi e poi asfissiati dai fumi dello zolfo. Leclerc morì in novembre ma il suo successore, il generale Rochambeau, divenne celebre per una brutalità ancora maggiore, gettando i prigionieri in pasto a cani affamati come spettacolo per i coloni bianchi. Il terrore fu controproducente, rinsaldando la determinazione dell’esercito rivoluzionario a Santo Domingo a battersi per la libertà e la giustizia.

Alla fine, i francesi persero circa 60.000 tra soldati e marinai sugli 80.000 inviati sull’isola e decisero di abbandonare Santo Domingo. La vittoria degli ex schiavi nel 1803, aiutati dalla febbre gialla ebbe conseguenze impreviste ma di portata storica: Napoleone decise di rinunciare del tutto al sogno coloniale in America e di cedere non solo New Orleans ma tutta la valle del Mississippi, in gran parte inesplorata, agli Stati Uniti. Di colpo, le 13 colonie lungo la costa atlantica vedevano aprirsi di fronte a loro le immense praterie al di là degli Appalachi e prendevano possesso di una via di comunicazione necessaria per l’espansione verso Ovest. Era un’epoca in cui ogni commercio a lunga distanza poteva avvenire solo per via d’acqua e senza il Mississippi e i suoi affluenti che vediamo in questa cartina non ci sarebbe stata nessuna conquista del West, nessuna espansione continentale, forse nulla di simile agli Stati Uniti così come li conosciamo oggi.

Invece, l’eroismo degli ex schiavi e la febbre gialla costrinsero Napoleone a offrire questi immensi territori agli Stati Uniti per la modica somma di 15 milioni di dollari di allora. Il presidente Thomas Jefferson si affrettò ad accettare, il Congresso fu d’accordo e, nel 1804, i ribelli di Santo Domingo proclamarono l’indipendenza della loro isola ribattezzandola con un nuovo nome: Haiti. L’epidemia di febbre gialla aveva cambiato la storia non solo dell’isola ma dell’intero continente.

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