SCIENZA E RICERCA
Per combattere la povertà energetica serve una cittadinanza energetica
Assieme ai prezzi dell’energia schizzati alle stelle nel corso del 2022 ha ricevuto sempre più attenzione, politica e mediatica, anche il tema della povertà energetica. Dal 2019 l’OIPE (Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica) monitora l’andamento del fenomeno in Italia e venerdì 23 giugno presso il Palazzo Levi Cases, a Padova, ha presentato il rapporto 2023.
Il costo dell’energia è iniziato a salire già verso la fine del 2021, con la ripresa della domanda di quei Paesi (su tutti la Cina) che uscivano dalla fase acuta della pandemia. “Poi la guerra in Ucraina ha letteralmente gettato benzina sul fuoco” ha spiegato Luciano Lavecchia, economista di Banca d’Italia, che ha curato il rapporto 2023 (il terzo redatto dall’Osservatorio) assieme a Marta Castellini (università di Padova), Ivan Faiella (Banca d’Italia), Raffaele Miniaci (università di Brescia) e Paola Valbonesi (direttrice del dipartimento di economia e management dell’università di Padova).
La povertà energetica in Italia, rapporto OIPE 2023, figura 1.2
Misurazione della povertà energetica
Una famiglia viene classificata in povertà energetica (PE) se, a fronte di una spesa totale bassa (valore che approssima il livello di benessere), ha una spesa energetica che si prende una fetta troppo grande del bilancio famigliare: l’accesso ai servizi energetici comporta in questo caso una distrazione di risorse superiore a un valore stabilito come normale. C’è tuttavia un’altra faccia della medaglia: i ricercatori dell’OIPE includono tra i poveri energetici anche le famiglie che risultano con una spesa energetica nulla, in quanto si trovano a vivere sulla propria pelle il dilemma “to eat or to heat”: mangiare o riscaldarsi. Altre definizioni di PE includono anche la scarsa efficienza energetica delle abitazioni in cui spesso vivono le famiglie vulnerabili.
Dal 2017 si è iniziato a parlare di povertà energetica nella Strategia Energetica Nazionale, ma lo si è fatto anche nel PNIEC (Piano Nazionale Integrato di Energia e Clima) del 2020 lo si farà nel suo imminente aggiornamento. Anche a livello internazionale vi è una forte attenzione sul fenomeno, come testimoniano diversi rapporti dell’Agenzia Internazionale dell’Energia (IEA) e documenti ufficiali della Commissione Europea.
Il dato italiano da cui si partiva era quello del 2021, quando la povertà energetica interessava l’8,5% delle famiglie italiane: 2,2 milioni di famiglie, lo stesso numero del 2019. Il nuovo rapporto OIPE analizza il dato scomponendolo per la prima volta su base regionale, trovando un gradiente nord-sud che riflette la distribuzione della povertà in Italia: si va da un minimo di incidenza del 4,6% nelle Marche a un massimo di 16,7% di famiglie colpite in Calabria.
Seguendo le stimolazioni di Save The Children Italia, l’OIPE ha anche quantificato che il 10% dei minori risiede in ambienti poco salubri, scarsamente riscaldati e raffreddati, o poco illuminati: sono interessate 583.000 famiglie e 950.000 minori. La situazione si aggrava nel caso di minori in famiglie di immigrati: “Nel 2021, l’incidenza della PE nelle famiglie con minori era 2,5 volte più alta nelle famiglie straniere (circa 162.000 famiglie)” si legge nel rapporto, e supera le 4 volte nel caso di minori in famiglie straniere al Sud.
Numero di minori in povertà energetica per cittadinanza della persona di riferimento (PR) e ripartizione di residenza, figura 1.5 Rapporto OIPE 2023
Una ricerca condotta dalla Fondazione Di Vittorio esplora invece il fenomeno anche nei Comuni delle aree periferiche, solitamente più esposti a esclusione sociale. Qui coloro che non qualificano strettamente come poveri energetici rientrano ugualmente nella categoria di vulnerabilità energetica, specialmente a causa dell’inefficienza delle abitazioni in cui vivono.
Politiche di contrasto alla povertà energetica
Proprio l’investimento sull’efficienza energetica degli edifici è una delle misure più importanti da intraprendere sul medio-lungo termine, ma prima di arrivare ad analizzarle il rapporto si concentra su quelle a breve termine, valutando quanto fatto dal governo italiano nel corso del 2022.
Di queste politiche cosiddette di protezione, volte a limitare gli effetti distributivi avversi (in gergo regressivi) dell’inflazione fanno parte: misure di contenimento dei prezzi dell’energia in bolletta (riduzione dell’IVA o degli oneri di sistema), tagli alle accise dei carburanti ed erogazione di indennità unatantum a categorie vulnerabili, come il bonus energia.
Dal secondo trimestre 2021 al primo trimestre 2023 il governo italiano ha speso più di 90 miliardi di euro per tutelare le famiglie maggiormente esposte al caro energia, una cifra pari al 4,8% del PIL nazionale e nettamente superiore a quanto hanno speso altri Paesi europei come Francia (3,5% del suo Pil), Germania (3,1%) e Spagna (3,1%).
“L’impatto dell'inflazione è stato fortemente regressivo” ha commentato Luciano Lavecchia, “ma guardando agli indicatori di PE gli interventi del governo hanno avuto un effetto positivo nell’alleggerirla”. Il rapporto mostra infatti che le misure sono state complessivamente efficaci nel proteggere le famiglie dal caro energia, ma stimare quanto lo siano effettivamente state non è semplice: studi diversi giungono a conclusioni diverse.
Quello compiuto da un gruppo di ricercatori di università di Firenze, Agenzia delle entrate e Ufficio Parlamentare di Bilancio valuta infatti che partendo da uno scenario base di PE all’8,2%, gli interventi governativi hanno portato sì a un aumento della PE al 9,8% (+1,6%), ma hanno evitato quello che altrimenti sarebbe stato quasi un raddoppio dell’incidenza: in assenza di politiche di protezione infatti la PE si sarebbe assestata al 15,9%.
Un altro studio condotto da Prometeia, anch’esso basato su simulazioni di dati 2022 ma a partire da dataset diversi, conclude che addirittura le politiche governative sono arrivate ad abbassare la povertà energetica al 6,5%, mentre senza tali interventi sarebbe salita al 9,1%.
Allo stesso modo gli scarsi dati a disposizione non sono in grado di valutare con precisione l’efficacia di alcune politiche cosiddette di promozione, ovvero volte a contrastare la PE sul medio-lungo termine. Tra queste ci sono l’Ecobouns e il Superbonus, quest’ultimo oggetto di una forte polarizzazione politica che non agevola il compito di valutazione: di certo c’è solo che è costato allo Stato oltre 80 miliardi di euro.
Troppo spesso le dimensioni sociologiche, psicologiche e di governabilità dei progetti energetici vengono trascurate in favore di valutazioni sulla fattibilità tecnica, economica o politica di iniziative che così spesso risultano calate dall’altohttps://t.co/XiaOcarNLe
— Centro Levi Cases - Università di Padova (@LeviCases) May 6, 2023
Comunità Energetiche Rinnovabili
Uno degli strumenti cui più viene attribuita la capacità di contrastare la PE sono le Comunità Energetiche Rinnovabili (CER), il cui sviluppo è particolarmente auspicato nel caso dell’edilizia residenziale pubblica, meglio note come case popolari, che spesso versano in condizioni di scarsa efficienza energetica, generando sprechi che gravano ulteriormente sulle spalle delle famiglie vulnerabili.
Le CER incorporano un modello radicalmente nuovo di produzione, consumo e distribuzione dell’energia. Da anni nelle economie mature la domanda energetica è in stallo se non addirittura in contrazione. Ciò significa che non c’è più bisogno di costruire grandi centrali che distribuiscono l’energia elettrica in modo verticale a piccoli consumatori: occorre piuttosto riorganizzare la produzione energetica andando verso un sistema decentralizzato, ottimizzando i vantaggi economici e sociali per la cittadinanza e minimizzando gli impatti ambientali.
I cittadini possono e devono svolgere un ruolo attivo in un sistema energetico dove le rinnovabili come il fotovoltaico hanno e avranno un ruolo sempre maggiore. Nelle CER diventa centrale infatti la figura del prosumer (produttore e consumatore al contempo), che beneficia a pieno dei vantaggi di un’energia pulita prodotta e consumata in loco, il cui eccesso viene eventualmente distribuito ad altri nodi di una rete più digitalizzata e intelligente.
“Tuttavia, la capacità di queste iniziative di combattere la povertà energetica rimane per il momento su un piano teorico” si legge nel rapporto. “Il processo di inclusione non è cosa semplice” ha spiegato Marta Castellini, che ha curato questa sezione del rapporto OIPE. Questo perché, “si osserva una tendenza all’omogeneità sociale dei partecipanti, generalmente di estrazione sociale e culturale medio-alta”.
Esistono però casi virtuosi a cui guardare, come quello di Saragozza, in Spagna, “dove il comune ha messo a disposizione i tetti degli edifici pubblici (scuole, palestre) per creare un quartiere solare, in cui gli abitanti e i commercianti beneficiano direttamente dell'elettricità prodotta su questi edifici nei 500 metri circostanti. Una percentuale dell'energia prodotta va alle famiglie del quartiere in condizioni di povertà energetica”.
Sebbene in Italia ad oggi le CER sono all'incirca solo una cinquantina, per circa 1,5 MW di potenza, ci si è posti l'obiettivo di arrivare a 7 GW nel 2030, coinvolgendo dalle 20.000 alle 100.000 famiglie. In Europa oggi le CER sono circa 10.500 e si stima che nel 2050 le famiglie che ne faranno ricorso saranno 64 milioni. Tuttavia, esistono “tensioni da discutere riguardo alla combinazione fra una logica di mercato e l'ambizione europea di creare un'energia accessibile a tutti i cittadini” sottolinea il rapporto.
Restando a livello nazionale invece, “al momento, la possibilità di concretizzare le opportunità offerte dalle CER dipende fortemente dalla definizione della normativa nazionale che governerà le comunità energetiche ed il riconoscimento degli incentivi. La risoluzione di tale incertezza faciliterà il processo di creazione delle comunità, ma di per sé non incrementa il contributo delle comunità energetiche alla lotta alla povertà energetica, che ad oggi è limitato”. In altri termini le CER non si faranno da sole né risolveranno da sole la povertà energetica: occorrerà indirizzarle verso questo obiettivo.
Entro fine giugno il governo italiano @MASE_IT dovrebbe inviare alla Commissione Europea la versione aggiornata del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (#PNIEC), che dovrebbe includere anche una sezione sulla #PovertàEnergetica. 1/ pic.twitter.com/stqzNyiH4a
— Centro Levi Cases - Università di Padova (@LeviCases) June 26, 2023
Da consumatori a cittadini energetici
Secondo il Segretario generale di ARERA (l’autorità di regolazione per energia reti e ambiente) Roberto Malaman, intervenuto alla presentazione del terzo rapporto OPIE, guardando al futuro occorre circoscrivere meglio il target cui destinare gli interventi di protezione per il contrasto immediato alla PE. “L’ISEE, su cui si basa l’assegnazione del bonus energetico, è un buono strumento di accesso agli interventi, viene compilato ed è un automatismo. L’intervento del bonus va ai poveri, ma va ai poveri energetici? Probabilmente sì, ma si può fare di più”.
Ampliando l’orizzonte temporale, bisogna lavorare anche sulle abitudini di consumo delle famiglie, suggerisce Malaman, “perché il bonus incide limitatamente sulle abitudini di consumo energetico”.
A fine giugno il governo italiano ha inviato alla Commissione Europea la versione aggiornata del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), che oltre a fissare nuovi obiettivi di decarbonizzazione, include anche una sezione sulla Povertà Energetica. Secondo un rapporto di maggio della Agenzia Internazionale dell’Energia sul nostro paese (Italy 2023, Energy Policy Review), che cita anche i rapporti dell’OIPE, il governo dovrebbe, tra le altre cose, anche “condurre sistematicamente campagne di informazione e sensibilizzazione per migliorare la comprensione della popolazione sui fattori necessari a una transizione verso un sistema energetico pulito” e sul ruolo delle energie rinnovabili e dell’efficienza energetica in essa. Occorre costruire quella cittadinanza energetica necessaria all’attuazione partecipata della transizione ecologica, che comporta nuovi ruoli e responsabilità sociali della cittadinanza in termini di produzione di energia, riduzione di emissioni e degli sprechi, aumento dell’efficienza.
Altrettanto importante è il tema dell’accesso al credito: le famiglie povere avendo scarsa disponibilità fiscale spesso fanno fatica a usufruire degli strumenti per migliorare l’efficienza delle abitazioni in cui vivono (cambiare caldaia o gli infissi). Nell’ottica di tutelare fasce di popolazione meno attrezzate in termini di alfabetizzazione sia energetica sia finanziaria, secondo la IEA il governo dovrebbe anche “lavorare in direzione di una migliore gestione dell’uso dell’energia da parte delle famiglie per un’ottimizzazione dei costi legati agli acquisti dei servizi energetici, anche aiutando gli utenti a selezionare prezzi e servizi offerti dai fornitori”.
A riprova dell’importanza della tematica, a marzo 2022 è stato istituito con decreto ministeriale il nuovo Osservatorio Nazionale della Povertà Energetica, che sarà coordinato dal MASE (Ministero dell’ambiente e sicurezza energetica), da Arera e dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. “È un’iniziativa interessante”, secondo Massimo Pallottino di Caritas Italia, intervenuto alla presentazione del rapporto OIPE, “ma forse manca uno spazio di confronto con le azioni portate avanti da soggetti della società civile, come Caritas”, che pure è molto sensibile alla povertà energetica. “Anche l’OIPE è un network informale” ha aggiunto Luciano Lavecchia “speriamo di essere coinvolti in futuro nei lavori istituzionali dell’ONPE”.