SCIENZA E RICERCA

Come siamo cambiati durante la pandemia? Lo rivela uno studio sulla personalità

La pandemia da Covid-19 ha avuto ripercussioni profonde, in ambito sanitario innanzitutto, ma anche sociale ed economico, sia sul singolo che sulla collettività. Molte ricerche hanno messo in evidenza le conseguenze sul benessere psicologico, e ora uno studio pubblicato su Plos One dimostra che l’eccezionalità delle circostanze ha inciso anche sulla personalità, sul modo di pensare, di sentire e comportarsi, con cambiamenti significativi soprattutto nei più giovani

Studi precedenti hanno dimostrato che eventi stressanti personali possono essere correlati a cambiamenti della personalità, ma non quelli collettivi. Indagini condotte, per esempio, in occasione del terremoto del 2011 a Christchurch, in Nuova Zelanda, e dell'uragano Harvey non hanno rilevato alcun cambiamento nel modo di essere. A differenza dei disastri naturali tuttavia, che tendono a essere limitati a una specifica area geografica, la pandemia ha interessato il mondo intero e tutti gli aspetti della vita.  

I ricercatori hanno dunque preso in esame i dati relativi alla personalità di 7.109 persone, raccolti nella piattaforma Understanding America Study della University of Southern California, e hanno suddiviso i partecipanti in tre fasce di età: i giovani, di età uguale o inferiore ai 30 anni; gli adulti, di età compresa tra i 30 e i 64 anni; e gli anziani, di età uguale o superiore a 65 anni. I periodi considerati sono stati due: la fase acuta della pandemia, dall’1 Marzo al 31 dicembre 2020, e la fase di adattamento, dall’1 Gennaio 2021 al 16 febbraio 2022, confrontati entrambi con il periodo che ha preceduto l’insorgere della pandemia.

La valutazione della personalità è stata condotta sulla base del modello dei Big Five, che descrive cinque tratti specifici: il nevroticismo, cioè la tendenza a provare emozioni negative e la vulnerabilità allo stress; l’estroversione, che indica l’inclinazione a essere loquaci e socievoli; l’apertura mentale, dunque la propensione a essere creativi e anticonformisti; la gradevolezza, tendenza a essere fiduciosi, diretti, altruisti e cooperativi; e la coscienziosità, cioè la predisposizione a essere organizzati, disciplinati e responsabili. Queste cinque dimensioni risultano relativamente stabili nel tempo, anche se si ritiene che possano rispondere a pressioni ambientali, tra cui gli eventi stressanti. 

I cambiamenti della personalità durante i primi due anni pandemia

Nel caso specifico i ricercatori hanno rilevato, in generale, una diminuzione del nevroticismo nel 2020 rispetto al periodo precedente la pandemia, mentre gli altri quattro tratti sono rimasti stabili. Nel 2021-2022 invece è stata riscontrata una tendenza diversa: i livelli di nevroticismo sono rimasti sostanzialmente invariati rispetto al periodo prima della diffusione di Covid-19, mentre è stato registrato un calo significativo nei livelli di estroversione, coscienziosità, apertura mentale e gradevolezza. 

Sono emerse inoltre differenze significative in base all’età: la diminuzione nei livelli di nevroticismo registrata nel 2020 è risultata più evidente negli anziani, mentre nel 2021 il calo degli altri quattro tratti è stato evidente negli adulti tra i 30 e i 64 anni, ma soprattutto nei giovani al di sotto dei 30 anni. In quest’ultima fascia di età in particolare, nel secondo anno di pandemia, è stato rilevato un aumento significativo del nevroticismo, e un maggiore calo nei livelli di gradevolezza e coscienziosità, rispetto ai livelli pre-pandemia. Negli anni considerati, estroversione, apertura mentale, gradevolezza e coscienziosità sono rimasti stabili invece negli anziani, e simili ai livelli pre-pendemia. 

“Il nostro gruppo – sottolinea Antonio Terracciano, che afferisce al Florida State University College of Medicine e firma l'articolo su Plos One –, ha già pubblicato in precedenza uno studio sui dati di personalità, che in quell’occasione abbiamo raccolto direttamente”. Il campione era allora di 2.137 persone tra i 18 e i 90 anni che sono state sottoposte a un sondaggio online all’inizio di Febbraio del 2020 e nella seconda metà di Marzo dello stesso anno. “Ci attendevamo che i livelli di estroversione e coscienziosità diminuissero e aumentassero invece i tratti del nevroticismo. Contrariamente alle attese, abbiamo rilevato un calo del nevroticismo, mentre non fu riscontrato nessun cambiamento negli altri tratti. Dopo quel primo studio, abbiamo voluto provare a replicare i risultati, motivo per cui ci siamo serviti dei dati disponibili sulla piattaforma Understanding America Study”. E, come si è visto, i risultati ottenuti nel corso di questa seconda indagine si sono dimostrati coerenti con quel primo studio. 

Possibili ragioni alla base dei cambiamenti di personalità

Per dare spiegazione dei dati pubblicati recentemente su Plos One, Terracciano propone qualche considerazione. “All’inizio della pandemia c’era maggiore coesione sociale. Il timore era comune e tutti eravamo più uniti nell’affrontare una situazione che ci spaventava e ci trovava disarmati. Proprio questa coesione, pur in mancanza di socializzazione e nonostante la difficoltà ad avere contatti con altre persone, potrebbe aver contribuito a sostenere la stabilità dei tratti di personalità”. Situazione diversa invece nel periodo successivo. “Nel 2021-2022, la coesione sociale è venuta meno. Mancava unità nella gestione della pandemia, sono emerse posizioni diverse sulla somministrazione dei vaccini, c’era chi sosteneva non vi fosse nulla di cui preoccuparsi. C’erano meno cautele”. Questo potrebbe spiegare dunque il declino nei livelli di coscienziosità e gradevolezza, ma anche di apertura mentale ed estroversione. In sostanza, nella fase acuta della pandemia, nonostante la paura e l’incertezza, il senso di comunità e il sostegno sociale possono aver contribuito a mantenere stabile la personalità. Il secondo anno invece, l’aumento del conflitto sociale sulle misure protettive necessarie a contenere la diffusione di Sars-CoV-2 (perdita della routine quotidiana, restrizioni degli incontri sociali, imposte o autoimposte per motivi di sicurezza, calo della mobilità), la diminuzione del sostegno sociale e la continua incertezza intorno alla pandemia potrebbero spiegare almeno in parte i cambiamenti nei tratti di personalità osservati. 

Proprio la maggior coesione sociale riscontrata nel 2020 potrebbe contribuire a dare ragione, secondo Terracciano e colleghi, anche al calo nei livelli di nevroticismo riscontrato nella prima fase della pandemia: il senso di appartenenza a una comunità che condivide e affronta le stesse difficoltà potrebbe aver attenuato la propensione generale all’angoscia e l’osservazione della paura e dell’ansia nella collettività intera potrebbe aver fatto rivalutare al singolo (ridimensionandola) la propria tendenza verso questi stati d’animo. Il confronto sociale può modellare la percezione che gli individui hanno di se stessi: per questo quando, nei primi mesi del 2020, giornali, tv e social media riportavano con sostenuta frequenza notizie preoccupanti sulla diffusione di Sars-CoV-2, le persone potrebbero aver percepito meno ansia e timore di chi stava loro intorno. Secondo i ricercatori va considerato, infine, che prima del 2020 gli individui con elevati livelli di nevroticismo, ascrivevano a un loro tratto personale questa tendenza; in seguito, invece, la paura e l’incertezza causate dalla pandemia potrebbero aver fornito loro una ragione per tali sentimenti. 

I cambiamenti della personalità nei giovani

Discorso a parte va fatto per i giovani. “La personalità, in generale – sottolinea Terracciano –, è più stabile negli adulti e negli anziani, rispetto ai giovani. Tra questi ultimi, dunque, risultano evidenti molti più cambiamenti, quando vengono condotti studi longitudinali. Negli adolescenti in particolare la stabilità dei tratti di personalità è molto bassa, a 20 anni aumenta, mentre dopo i 30 è molto più stabile”. Sul versante opposto invece, tra gli anziani la personalità tende a rimanere stabile, se non subentra un deterioramento cognitivo. 

Va considerato infine che i problemi da affrontare durante la pandemia sono stati differenti a seconda della fascia di età. Basti pensare all’instabilità del mercato del lavoro e, per i più giovani, alla chiusura delle scuole o alle quarantene di studenti e genitori dopo un’avvenuta esposizione al virus. A ciò si aggiungano le misure di restrizioni adottate per i locali pubblici, le discoteche e altri luoghi di ritrovo. “I giovani – osserva Terracciano – hanno vissuto il periodo pandemico probabilmente in modo più drastico, perché sono proprio i giovani ad aver più bisogno di socializzare, di stare con gli amici. Quando si costituisce il proprio nucleo familiare, i rapporti sociali si riducono, poiché la famiglia catalizza gran parte del tempo”. 

Questi cambiamenti nella personalità, secondo gli autori dello studio, potrebbero anche avere ripercussioni a lungo termine. Le persone con un livello maggiore di coscienziosità, per esempio, tendono a conseguire un grado di istruzione e un reddito più elevati, a sviluppare meno malattie croniche, a essere a minor rischio di demenza e, in definitiva, a vivere più a lungo. Il declino della coscienziosità, in particolare nei più giovani, potrebbe dunque avere conseguenze su questi esiti, soprattutto se il calo non è transitorio (anche se, secondo i ricercatori, è ancora presto per dire se i cambiamenti rilevati nella personalità nel 2021-2022 dureranno nel tempo o meno). Un grado maggiore di nevroticismo, invece, è associato all'assunzione di comportamenti a rischio per la salute ed è un fattore di rischio per la salute mentale. Ed è particolarmente preoccupante che i cambiamenti più significativi di questi due tratti si siano verificati tra i più giovani, poiché possono ripercuotersi su tutta la loro vita adulta.

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