SCIENZA E RICERCA

Hubble festeggia 30 anni nello spazio

Se sfogliando una rivista o un libro di divulgazione astronomica siete catturati dall’immagine di una galassia o di un ammasso stellare, esistono elevate probabilità che lo scatto provenga dal telescopio spaziale Hubble lanciato in orbita il 24 aprile 1990. Esattamente 30 anni fa.

Per lunghissimo tempo le osservazioni furono sempre condotte a occhio nudo, fino a quando agli inizi del Seicento Galileo puntò il suo cannocchiale verso il cielo. E scoprì i quattro satelliti maggiori di Giove, “quattro stelline, piccole invero ma pur lucentissime” – scrive nel Sidereus Nuncius –; descrisse le fasi di Venere e vide che “la Luna non è ricoperta da una superficie liscia e levigata, ma scabra e ineguale, e, proprio come la faccia della Terra, piena di grandi sporgenze, profonde cavità e anfratti”. Da lì in poi sarebbe cambiato per sempre il modo di concepire il mondo naturale. E con esso gli strumenti scientifici di cui servirsi.   

Nei secoli seguenti, i telescopi crebbero in dimensioni, complessità e potenza. Oggi ne sono esempio il telescopio nazionale Galileo alle Canarie, l’European Southern Observatory in Cile o il Large Binocular Telescope in Arizona. A differenza di questi, Hubble è un grande telescopio ottico lanciato nello spazio. Al di sopra dell’inquinamento luminoso e dell’atmosfera terrestre – che introduce una sensibile distorsione nelle immagini e impedisce alla radiazione di molti corpi celesti di raggiungerci –, lo strumento restituisce un’immagine “senza veli” di molta parte dell’Universo. Gli scienziati in questi 30 anni se ne sono serviti per osservare le stelle e le galassie più distanti, oltre ai pianeti del nostro sistema solare: c’è chi ritiene che il lancio di Hubble abbia segnato il progresso più significativo in astronomia proprio dai tempi di Galileo.

Concepito per la prima volta negli anni Quaranta, richiese decenni di pianificazione e ricerca prima di essere lanciato nell’aprile del 1990. Fu l’astrofisico Lyman Spitzer nel 1946 – quando ancora nessun satellite era stato lanciato nello spazio – a sottolineare l’importanza che avrebbe avuto un “osservatorio extra-terrestre”. Solo negli anni Settanta, però, si iniziò a ragionare in modo più concreto sullo sviluppo di un telescopio spaziale di grandi dimensioni. Nel 1977 il Congresso degli Stati Uniti approvò il finanziamento per il Large Space Telescope e il programma – che vedeva la collaborazione dell’Agenzia spaziale americana ed europea – ebbe ufficialmente inizio. Negli anni Ottanta il telescopio venne dedicato a Edwing Powell Hubble, astronomo statunitense che, negli anni Venti del Novecento, enunciò la teoria sull’Universo in continua espansione, sostenendo che più le galassie erano lontane, più velocemente si allontanavano dalla Via Lattea.

Giampaolo Piotto racconta il lancio di Hubble e l'importanza dello strumento. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Elisa Speronello. Il video contiene foto scattate da Hubble/Nasa

Dopo una quindicina d’anni finalmente il lancio, dal John F. Kennedy Space Center in Florida, a bordo dello Space Shuttle Discovery (con la missione STS-31). “Quando Hubble iniziò a restituire le prime immagini – racconta Giampaolo Piotto, del dipartimento di Fisica e astronomia ‘Galileo Galilei’ dell’università di Padova – fu un disastro totale: ci si rese conto immediatamente dell’esistenza di un problema nell’ottica, in particolare nello specchio principale del telescopio, che rendeva sfuocate le immagini stesse e impediva allo strumento di svolgere le funzioni per cui era stato costruito. Una volta individuato ciò che non andava, la Nasa fu estremamente veloce e nel giro di due anni risolse la questione, pianificando la prima missione di manutenzione. Questo grazie anche al fatto che Hubble è in orbita bassa, a circa 600 chilometri dalla Terra, e dunque è facilmente raggiungibile dallo Shuttle”.  La riparazione dello specchio primario costò alla Nasa circa 600 milioni di dollari. Seguirono altre quattro missioni di servizio durante le quali Hubble venne equipaggiato anche di nuovi strumenti. Nel 2009, in particolare, gli astronauti portarono in orbita la Wide Field Camera 3 e il Cosmic Origins Spectrograph che resero il telescopio 100 volte più potente rispetto a quando fu lanciato.

Fu una vera rivoluzione in tutti gli ambiti dell’astronomia ottica, quella che osserva l’universo nella luce visibile. Nel corso degli anni sono state centinaia di migliaia le immagini che lo strumento ha saputo restituire e molte le scoperte compiute. Nel 1994 – solo per citare qualche esempio – Hubble confermò l’esistenza di buchi neri supermassicci al centro delle galassie e catturò le prime immagini di superficie di Titano, la luna di Saturno. L’anno successivo identificò la presenza di ossigeno nell’atmosfera di Europa, un satellite di Giove, e nel 1996 mostrò i primi dettagli di superficie di Plutone di cui poi avrebbe scoperto anche quattro lune. Nel 2001 effettuò la prima misurazione diretta dell’atmosfera di un esopianeta: rilevò il sodio nell'atmosfera di un pianeta in orbita attorno a una stella simile al Sole a 150 anni luce di distanza chiamata HD 209458. Cinque anni più tardi, insieme ad altri telescopi, rilasciò prove dirette della materia oscura nell'ammasso di galassie 1E 0657-56, noto anche come Bullet Cluster. Ma le osservazioni e le scoperte non si limitano a questo. Nel 2011, grazie anche a ricerche condotte con Hubble, Adam Reiss, Daul Perlmutter e Brian Schimdt vinsero il premio Nobel per la fisica per la scoperta dell’espansione accelerata dell’Universo a partire dall’osservazione di supernovae lontane. Un anno più tardi lo strumento fotografò sette galassie primordiali appartenenti a una popolazione che si formò 13 miliardi di anni fa. E nel 2017 osservò per la prima volta l’emissione di luce da una sorgente di onde gravitazionali.

“Hubble è ancora perfettamente funzionante – sottolinea Piotto – e ci si aspetta che possa continuare a esserlo ancora per qualche anno. La Nasa, tuttavia, già da un decennio sta lavorando al successore di Hubble, il James Webbs Space Telescope, il cui lancio, previsto per la primavera del 2021, potrebbe subire dei ritardi dovuti al particolare momento che stiamo vivendo. Hubble è un telescopio con un diametro di due metri e mezzo, mentre il James Webbs Space Telescope avrà un diametro di oltre sei metri. Sarà molto più avanzato sia dal punto di vista tecnologico che nella capacità di raccogliere radiazione”. Si tratta di un osservatorio a infrarossi in orbita che completerà ed estenderà le scoperte del telescopio spaziale Hubble, con una copertura della lunghezza d'onda più lunga e una sensibilità notevolmente migliorata.

“Sarà un telescopio che avrà ancora scopi generici dal punto di vista dell’utilizzo - conclude Piotto - ma con alcuni programmi specifici nell’ambito della cosmologia e dello studio delle atmosfere dei pianeti extrasolari”.

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