SCIENZA E RICERCA

Cristalli, nuvole e bolle di sapone: Alessio Figalli e il problema del trasporto ottimale

Nel 2022 si celebrano gli 800 anni dell’università di Padova, ma anche i 100 anni dell’Unione Matematica Italiana. Per questa doppia occasione il 25 maggio terrà una lezione pubblica a Padova Alessio Figalli, professore di matematica al politecnico federale di Zurigo e vincitore della Medaglia Fields nel 2018 per i suoi contributi alla teoria del trasporto ottimale e alle sue applicazioni in ambiti quali la cristallografia, la meteorologia e più di recente l’intelligenza artificiale.

Il problema del trasporto ottimale

La teoria del trasporto ottimale nasce in epoca napoleonica con il matematico francese Gaspard Monge, che voleva trovare il modo più economico per trasportare dei cumuli di terra da un luogo a un altro per costruire una serie di fortificazioni.

Lo spostamento ovviamente ha un costo, quantificabile in termini di energia erogata o di tempo impiegato. La soluzione migliore è quella che comporta la massima efficienza, ovvero il massimo risultato con il minimo sforzo.

Trovare il modo migliore per effettuare questo trasporto si è rivelato un problema affatto banale e la ricerca di soluzioni ha fatto capire che si potevano andare a toccare questioni matematiche molto profonde. Inoltre, si è capito che il problema si può affrontare dividendo le masse in parti più piccole, fino a spezzettarle in parti infinitesimali.

Il problema del trasporto ottimale fu sviluppato negli anni ‘40 del ‘900 da Leonic Vitalevic Kantorovic, matematico ed economista russo, premio Nobel per l’economia nel 1975. Dagli anni ‘80 il trasporto ottimale è stato usato come metodo per studiare i fluidi e le loro particelle. Alessio Figalli in particolare l’ha applicato alle nuvole, altri l’hanno usato per studiare i cristalli sottoposti a determinate condizioni di temperatura. “Il trasporto ottimale è uno strumento” spiega Figalli nell’intervista a Il Bo Live. “Io posso trasportare oggetti, ma anche cose più astratte, come i pixel di una fotografia e capire come fare trattamento di immagine. L’astrazione matematica ci permette di avere applicazioni che non ci saremmo aspettati all’inizio”.

Alessio Figalli oggi sta lavorando anche alle applicazioni del problema del trasporto ottimale all’intelligenza artificiale, ma è partito da un classico problema della matematica, il problema isoperimetrico, che recita così: dato un perimetro, trovare la figura che racchiude l’area maggiore.


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Il problema isoperimetrico

Una delle prime formulazioni del problema risale a più di 2000 anni fa. La leggenda della fondazione di Cartagine narra che quando Didone sbarcò sulla costa nordafricana, chiese al re del luogo di farsi assegnare della terra. Il re le rispose “te ne do tanta quanta ne riesci a racchiudere in una pelle di bue”. Didone prese la pelle di bue e la tagliò in strisce sottilissime, che cucì assieme. Partendo dalla costa, pose a terra la corda così formata tracciando un semicerchio e massimizzando così l’area racchiusa dalla pelle di bue.

Didone aveva in tal modo risolto nel modo migliore possibile il problema isoperimetrico, la cui soluzione è il cerchio (nel caso di Didone, che partendo dalla costa poteva tracciare un semiperimetro, il semicerchio).

La dimostrazione matematica che il cerchio è la risposta al problema venne data a tappe, prima da un matematico greco del II secolo a. C., Zenodoro, poi nel XIX secolo da un matematico svizzero, Jacob Steiner, e infine dal matematico tedesco del XX secolo, Oskar Perron. Dalle due dimensioni si può passare alle tre, ma qui le cose si fanno più complicate. Invece di superfici e aree, si parla di aree e volumi.

Alessio Figalli spiega il problema isoperimetrico. Rio ICM 2018, video della Simons Foundation

Padri e nonni accademici, italiani e francesi

Ennio De Giorgi, uno dei più brillanti matematici del ‘900, vincitore del Premio Wolf per la matematica nel 1990, riuscì a dimostrare negli anni ‘50 che la sfera era la soluzione al problema isoperimetrico nelle tre dimensioni.

De Giorgi lavorò alla Scuola Normale di Pisa e fu maestro del matematico Luigi Ambrosio, che lavorò sul problema del trasporto ottimale. Ambrosio presentò il problema del trasporto ottimale a un suo promettente allievo, che veniva dal liceo classico e che si era appassionato alla matematica partecipando, poco più che sedicenne, alle olimpiadi della matematica. Da allora Alessio Figalli non si sarebbe più fermato.

Dopo la laurea in matematica alla Normale, fece il dottorato tra Pisa e Lione, dove lavorò con Cedric Villani, anche lui specialista derl trasporto ottimale (arrivandoci però dall’equazione di Boltzman), anche lui Medaglia Fields, nel 2010. Figalli completò il dottorato in soli 8 mesi, perché vinse, inaspettatamente a suo dire, una posizione da ricercatore al Consiglio Nazionale delle Ricerche francese (CNRS).

A 25 anni si trasferì in Texas a Austin dove a soli 27 anni diventò full professor, l’equivalente del professore ordinario. Nel 2016, a 32 anni, tornò in Europa, al politecnico federale di Zurigo, dove tutt’ora lavora e insegna.

Nel 2018 ad Alessio Figalli viene assegnata la Medaglia Fields, il premio conferito dall’Unione Matematica Internazionale ogni 4 anni a matematici più giovani di 40 anni. L’Unione Matematica non è un’accademia di una città o un gruppo ristretto di persone, come può essere l’accademia reale delle scienze di Stoccolma che assegna i premi Nobel. È la rappresentanza della comunità internazionale dei matematici che democraticamente vota un vincitore valutando i contributi che i suoi lavori hanno dato all’evoluzione della disciplina.

L’annuncio del premio ad Alessio Figalli è stato dato l’1 agosto 2018 a Rio De Janeiro al Congresso Internazionale dei Matematici (ICM). Figalli era stato però contattato dal presidente dell’Unione già a febbraio dello stesso anno e aveva dovuto tenere il riserbo per sei mesi.

Nel 2010 ha pubblicato su Inventiones mathematicae, assieme ai colleghi Francesco Maggi (Università del Texas, Austin) e Aldo Pratelli (università di Pisa), uno dei principali contributi che gli ha valso la Medaglia Fields: A mass transportation approach to quantitative isoperimetric inequalities. Come si capisce dal titolo, l’idea è quella di usare la teoria del trasporto ottimale per risolvere il problema isoperimetrico.

Bolle di sapone e mappe di trasporto

Il problema isoperimetrico può essere formulato nei termini di massimizzare l’area di un perimetro fissato, ma anche nei termini di minimizzare il perimetro di un’area fissata. Le due formulazioni hanno come soluzione lo stesso oggetto: il cerchio per le due dimensioni, la sfera per le tre dimensioni.

Quando soffiamo aria dentro una bolla di sapone il volume viene fissato e le molecole della bolla di sapone si devono disporre nella forma a loro più congeniale. Alla natura piacciono le soluzioni eleganti, che comportano il minor dispendio di energia possibile. Infatti, esiste un principio fisico generale secondo cui un sistema tende sempre allo stato di minima energia: una sorta di principio di economia con cui la natura opera. Per una bolla di sapone lo stato di minore energia è la forma che ha area minore, a volume fissato: la sfera è quella forma, e infatti le bolle di sapone dopo esser state soffiate assumono la forma sferica, che come ha dimostrato De Giorgi è anche la soluzione del problema isoperimetrico a tre dimensioni.

Per capire quale processo segue la bolla di sapone nell’assumere la sua forma sferica, Figalli ha usato l’approccio della teoria del trasporto ottimale. Nel momento in cui viene soffiata (t1), una bolla di sapone ha una forma irregolare, ma pochi istanti dopo quando si libra nell’aria (t2) assume la forma regolare, sferica. Il passaggio dalla forma che la bolla ha in (t1) a quella che ha in (t2) può essere studiato tramite quella che in teoria del trasporto ottimale viene chiamata mappa di trasporto.

Invece dei cumuli di terra di Gaspard Monge, si possono considerare unità molto più piccole quali le molecole che compongono la bolla di sapone. La mappa di trasporto è l’insieme degli spostamenti che le molecole compiono per passare dalla forma irregolare alla forma regolare. Naturalmente se il fine è conoscere la posizione esatta delle molecole della bolla di sapone a un certo istante, la matematica non serve: è sufficiente fotografare la bolla e osservare al microscopio la posizione delle molecole. Ma il fine può essere un altro, ovvero quello di generalizzare il fenomeno e fare delle predizioni. Per fare questo occorre costruire un modello, una teoria matematica che sia applicabile in diversi contesti e che sia in grado di prevedere cosa accadrà a una qualsiasi forma irregolare sottoposta a delle forze esterne.

Cristalli e nuvole

La formazione dei cristalli è un fenomeno particolarmente interessante. Esiste infatti una relazione tra la struttura microscopica dei cristalli e la loro forma macroscopica: a scoprirlo fu Georgij Viktorovic Wulff, cristallografo russo vissuto a cavallo tra ‘800 e ‘900, autore del teorema di Wulff, che dimostra come idealmente si dovrebbero formare i cristalli. In natura però ci sono diverse forze che agiscono sulla formazione del cristallo, come variazioni di temperatura, che lo allontanano dalla sua traiettoria ideale.

Come si modificano i cristalli quando vengono sottoposti a una certa quantità di energia? Alessio Figalli, assieme a Francesco Maggi e Aldo Pratelli, ha dimostrato che in media un cristallo si “discosta” dalla sua conformazione ideale di una quantità pari alla radice quadrata dell’energia cui è sottoposto. Questo risultato è stato ottenuto appoggiandosi a risultati ottenuti in precedenza da altri matematici, come ad esempio il teorema di Brenier-McCann.

Studiando la mappa di trasporto che va da una forma a un’altra, è possibile applicare alle nuvole, che cambiano continuamente forma, lo stesso ragionamento applicato ai cristalli e alle bolle di sapone. Figalli l’ha fatto, assieme a Luigi Ambrosio, Maria Colombo e Guido De Philippis in un lavoro del 2011, e il risultato è stato un contributo fondamentale a un tipo di equazioni, dette semigeostrofiche, molto importanti e molto usate in meteorologia. Per decenni i matematici hanno pensato che creare un ponte tra teoria del trasporto ottimale ed equazioni semigeostrofiche fosse fattibile, ma nessuno ci era mai riuscito.

Una bevuta al pub

Nell’introduzione al lavoro di Figalli che Francesco Maggi dà al simposio del Fields Institute for Research in Mathematical Sciences, il suo collega e amico racconta come è iniziata la collaborazione al paper pubblicato nel 2010.

I due si sono incontrati a un workshop per matematici che si tiene sulle Dolomiti ogni anno dal 1990. Nessuna camminata, nessuna escursione: solo discussioni di matematica dalla mattina alla sera in un hotel, seppur in un contesto splendido.

In questo workshop Maggi stava tenendo una presentazione sulla stabilità delle bolle, ragionando sul problema del trasporto ottimale. Dal pubblico un giovane alzò la mano per fare una domanda. Di solito in questi contesti non manca chi vuole impressionare l’audience mostrando quanto sia preparato su un dato argomento. La domanda che fece Alessio Figalli invece mostrava pertinenza e una profonda comprensione del problema. Figalli e Maggi iniziarono da subito a lavorare insieme, coinvolgendo anche Aldo Pratelli, matematico all’università di Pisa.

“All’inizio ero scettico sulla fattibilità del lavoro” racconta Maggi, “ma Alessio procedeva con calma, sembrava di vedere un detective al lavoro, che pone attenzione a tutti i dettagli, anche i più irrilevanti e mette in fila gli indizi uno dietro l’altro fino a costruire una dimostrazione coerente. Non aveva alcuna insicurezza, paura del fallimento o del successo. Ero davvero affascinato. Non avevo mai visto questo approccio così efficiente e potente nei confronti dei problemi matematici. Si dice che il genio sia gioventù e saggezza allo stesso tempo. In quel caso capii che ero di fronte a una vera espressione di puro genio”.

Sei mesi dopo, una sera tarda, Maggi, Figalli e Pratelli si trovavano a Edinburgo per una conferenza e stavano camminando verso l’hotel di ritorno da una bevuta al pub. Avevano parlato di altro tutta la sera, ma in quel momento capirono qual era l’ingrediente mancante alla dimostrazione a cui avevano lavorato ininterrottamente da quell’incontro sulle Dolomiti. Giunti alla hall dell’hotel erano convinti che l’approccio proposto era quello giusto, ma si ripromisero di non verificarlo fino alla mattina seguente, per andare a letto felici e cullarsi nell’idea di aver trovato il bandolo della matassa. Sorprendentemente nessuno saltò giù dal letto con l’ansia di dimostrare prima degli altri di aver trovato la soluzione. Dormirono profondamente. La mattina dopo, a mente fresca, tutti videro che i conti tornavano.

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