Il disarmo nucleare, il rispetto dei diritti umani, il perseguimento della pace, il ruolo della scienza nella realizzazione di tale obiettivo: questi temi – tra molti altri – erano cari a Pietro Greco, che, nel corso della sua produzione giornalistica e letteraria, li ha affrontati spesso, con schietta lucidità (tra i suoi tanti contributi al dibattito su questi argomenti, ricordiamo il volume “Fisica per la pace. Tra scienza e impegno civile”).
Si è svolto ieri, il 13 aprile 2021, in uno spazio virtuale, l’incontro Scienza e cultura della pace, organizzato dall’università di Napoli “Federico II” con il patrocinio di RUniPace, la Rete delle Università Italiane per la Pace. L’evento, che ha visto la partecipazione di numerosi esperti legati alle molte e diverse tematiche affrontate dalle “scienze della pace”, è stato dedicato proprio a Pietro, in un ideale passaggio di consegne intellettuale, per mantenere alta l’attenzione dell’opinione pubblica su questioni così terribilmente attuali e, ancora, troppo poco discusse.
Il disarmo nucleare e l’etica della scienza
Organizzatori e curatori del pomeriggio di lavori sono stati Guglielmo Tamburrini, docente di Filosofia della scienza alla Federico II, e Ilenia Picardi, fisica ed esperta di sociologia della scienza. Molti i temi fondamentali trattati. Francesco Calogero, docente emerito di Fisica teorica all’università di Roma “La Sapienza” e Secretary General del Movimento Pugwash dal 1989 al 1997, ricorda, ad esempio, la necessità di mantenere la barra a dritta su un obiettivo essenziale per il raggiungimento di un mondo davvero pacifico: la totale eliminazione di tutte le armi nucleari attualmente esistenti. La teoria della dissuasione, infatti, non offre alcuna sicurezza nell’evitare una guerra nucleare; ma quest’ultima, considerata la quantità di ordigni oggi a disposizione e la loro potenza, è assolutamente indesiderabile, poiché non porterebbe nessuna delle parti alla vittoria ma, più probabilmente, causerebbe la distruzione dell’umanità. «Vi è una singolare congettura – afferma Calogero – secondo la quale il motivo per cui non riusciamo a trovare altre forme di vita nell’universo è la seguente: ogni forma di vita, raggiunto un determinato grado di sviluppo, sarebbe in grado di costruire una bomba atomica e, così, correrebbe il rischio di autodistruggersi. È, forse, anche il destino a cui è avviata la specie umana».
Sotteso alle riflessioni che si sono succedute è il tema del ruolo sociale degli scienziati: come ha ricordato Enza Pellecchia, ordinaria di Diritto privato all’università di Pisa e animatrice di RuniPace, la presunta neutralità della scienza non può sollevare i ricercatori dal loro impatto sulla società, e dunque dalla loro responsabilità verso quest’ultima. Gli scienziati, infatti, sono prima di tutto cittadini, ed è essenziale che si apra, anche in ambito universitario – e soprattutto nelle facoltà scientifiche – un esteso dibattito sulla questione del ruolo sociale della scienza, e che si insegni ai giovani l’etica della scienza. È questo – il difficile e controverso rapporto tra etica e scienza – un altro degli argomenti su cui Pietro Greco si è interrogato a lungo, e sul quale ha scritto molto.
La diretta del convegno "Scienza e cultura della pace. In ricordo di Pietro Greco"
Scienza e guerra: un binomio simbiotico
Non sono mancate, nel corso del convegno, considerazioni sui più recenti ritrovati della ricerca bellica: Daniele Amoroso, docente di Diritto internazionale all’università di Cagliari, ha infatti offerto una panoramica sul dibattito, ancora in corso, sulla possibilità della messa al bando delle armi autonome: ordigni, cioè, capaci di agire – in difesa o in offesa – senza la necessità di alcun intervento umano. Le questioni che una simile tecnologia pone non possono essere ignorate: come si potrà, ad esempio, assicurare che queste armi dotate di intelligenza artificiale rispetto i dettami del diritto internazionale umanitario, il moderno diritto di guerra? E nel caso in cui simili robot sbagliassero, causando danni e perdita di vite umane, di chi sarebbe la responsabilità? Come scriveva Pietro, in un articolo per Il Bo Live, «se un fucile, un aereo, un robot autonomo uccide una persona o un gruppo di persone e sbaglia, chi paga? O, detto in altri termini, cosa impedisce a una macchina di attuare l’azione più drastica (uccidere un uomo, un gruppo di uomini, scatenare una guerra) anche in una condizione ambigua?».
La scienza – ricorda nel suo intervento Alessandro Pascolini, docente di Fisica teorica e di Scienza per la pace all’università di Padova – ha da sempre beneficiato della guerra: «Per sintetizzare nel modo migliore la storia della relazione tra questi due ambiti, scientifico e bellico, potremmo rifarci a una metafora biologica: quella della simbiosi mutualistica». Ripercorrendo la storia del rapporto tra scienza e guerra, infatti, Pascolini evidenzia come molte scoperte scientifiche rivelatesi poi essenziali per l’avanzamento della tecnologia e della conoscenza umane siano nate dalla necessità di nuovi strumenti bellici, e dai lauti finanziamenti accordati agli scienziati che facevano ricerca per questo settore. Non ultimo, basti ricordare internet: anche il World Wide Web, lo strumento che ha cambiato le nostre vite nel corso di pochi decenni, è nato infatti come strumento militare.
Un costruttore di pace
Proprio per questo motivo è essenziale che gli scienziati scendano in campo: ne era ben consapevole Pietro Greco, scienziato di formazione e poi filosofo, sociologo, storico, comunicatore della scienza per professione, che spesso ricordava l’impegno di alcuni tra i più importanti scienziati del Novecento – su tutti, il matematico e filosofo Bertrand Russell e il grande fisico Albert Einstein, che nel 1955 firmarono un celeberrimo Manifesto – per scongiurare la guerra nucleare, spettro della nostra èra, e per promuovere la pace. «È un obiettivo che oggi appare lontano», ha scritto Pietro, proprio a proposito del Manifesto Einstein-Russell, a luglio 2020. «Ma che è irrinunciabile per donne e uomini che, come Albert Einstein, sono “rimasti sani di mente in un mondo pazzo”».
Pietro Greco è stato un “costruttore di pace”, come lo ha definito Guglielmo Tamburrini: ha indicato, con il suo pensiero e con l’esempio personale, vie da seguire per avvicinarsi a questo obiettivo – forse utopico, ma indifferibile. È compito di chi resta, ora, raccogliere il testimone e portare avanti questo percorso.