La locandina del Trieste Film Festival 2025 (C) Monika Bulaj
Nemmeno i refoli di bora gelida che spazzano il lungomare fanno desistere le persone in coda davanti al teatro, perché il pubblico del Trieste Film Festival è davvero affezionato a questo evento e riempie la sala a ogni proiezione. Si tratta infatti del principale festival cinematografico italiano dedicato ai film provenienti dall’Europa centro-orientale, e per una settimana circa porta in città un centinaio di lungometraggi e cortometraggi, oltre a molti altri eventi collaterali. Per la sua posizione geografica e la sua storia, non poteva che essere Trieste l’osservatorio privilegiato su cinematografie, autori e autrici spesso poco noti – se non addirittura sconosciuti – al pubblico italiano, e più in generale a quello “occidentale”.
L’ultima edizione si è svolta dal 16 al 24 gennaio scorsi, ed era la numero 36 perché la manifestazione si è tenuta per la prima volta nel 1989, praticamente alla vigilia della caduta del Muro di Berlino. Ma nel corso degli anni il festival si è evoluto e ampliato, diventando un importante palcoscenico per le opere provenienti da questa regione. La manifestazione offre infatti una piattaforma per film che esplorano temi sociali, culturali e storici, spesso incentrati sulle esperienze dei Paesi post-comunisti. I titoli scelti cercano di riflettere e documentare i cambiamenti in atto, offrendo visibilità a lavori che altrimenti farebbero fatica a trovare un’ampia diffusione in Italia.
Nell’edizione 2025 appena conclusa sono stati presentati oltre 130 film provenienti da diversi Paesi dell’Europa centro-orientale, dal Baltico fino al Caucaso passando per i Balcani. Quest’anno molte opere proiettate si concentravano sul tema della famiglia e dei legami familiari, come sottolinea la direttrice artistica del festival Nicoletta Romeo: «famiglie disfunzionali, queer, fluide, bigotte, famiglie-prigioni, famiglie come rifugio e famiglie allargate. La famiglia viene messa alla berlina con istituzione, con tutti i meccanismi inceppati di una struttura archetipica potente, che tuttavia non sembra rispondere sempre ai bisogni e ai desideri degli individui che ne fanno parte. Ma a volte è anche l’unico luogo di salvezza nelle società disgregate, ed è sempre davanti alla morte che i legami si rinsaldano, e i vecchi rancori passano in secondo piano».
"Toxic" della regista lituana Saulė Bliuvaitė
Quest’anno il lungometraggio vincitore del Trieste Film Festival è stato Toxic della regista lituana Saulė Bliuvaitė (già premiato anche con il Pardo d’oro al Locarno Film Festival 2024): la storia di due giovani ragazze in un paesino rurale della Lituania e della loro amicizia mentre partecipano a un casting di modelle che mette a dura prova il loro corpo di adolescenti, una riflessione sugli standard di bellezza tossici e le relazioni nocive. Tra i documentari è stato invece premiato, mettendo d’accordo critica e pubblico, Tata della giornalista e regista moldavo-rumena Lina Vdovîi in collaborazione con il suo compagno di vita e co-regista Radu Ciorniciuc: un avvincente e inquietante viaggio di perdono e guarigione, che esplora con delicatezza i traumi intergenerazionali, la violenza e la repressione nelle società patriarcali. Infine, come migliore cortometraggio è stato scelto Night of passage dell’iraniano Reza Rasouli, che racconta la vicenda di alcune persone migranti abbandonate dai trafficanti di esseri umani al confine tra Slovacchia e Austria.
Tra i film fuori concorso di questa edizione del festival, l’ormai classica sezione “Wild Roses” (che ogni anno seleziona le migliori opere di registe legate a un singolo Paese) era dedicata alle cineaste serbe contemporanee. La selezione vuole mettere in luce le sfide e le esperienze delle donne nel settore cinematografico, dove spesso sono sottorappresentate; il programma includeva 11 cortometraggi e lungometraggi che affrontavano questioni sociali, culturali e personali, offrendo uno spaccato della vita in Serbia attraverso la prospettiva femminile. Alcuni titoli che possiamo citare sono il film storico When the Phone Rang di Iva Radivojević che ha ricevuto anche una menzione speciale al festival di Locarno ed esplora la dislocazione e la natura del ricordo attraverso la storia di una ragazza undicenne, oppure 78 Days di Emilija Gašić su tre sorelle che documentano le loro esperienze durante la guerra in Serbia del 1999 usando un video-diario come rifugio dalle bombe, o ancora The Other Side of Everything di Mila Turajlić che narra la vicenda personale della regista attraverso una conversazione intima con sua madre, rivelando le fratture politiche che attraversano il loro mondo.
"Avant-Drag" del regista greco Fil Ieropoulos
Una novità dell’edizione 2025 del Trieste Film Festival è stata la nuova sezione “Visioni Queer” curata dal critico cinematografico Giuseppe Gariazzo, che dice sia nata per dare voce a «i diritti, le lotte, le rivendicazioni della comunità LGBTQ+ in tanti Paesi dove la libertà di espressione è messa a rischio da leggi e comportamenti istituzionali che la ostacolano». I film selezionati volevano rappresentare le esperienze, le sfide e le storie di vita di persone queer in contesti spesso ostili, affrontando temi come identità, discriminazione e resistenza. Tra gli 8 titoli presentati in questa sezione c’erano il documentario As I Was Looking Above I Could See Myself Underneath del regista kosovaro Ilir Hasanaj, che raccoglie testimonianze coraggiose e toccanti di varie persone LGBTQ+, e la dramedy Housekeeping for Beginners del macedone Goran Stolevski, che esplora una comune queer dove la legge si oppone alla libertà dei corpi e degli affetti. Oltre all’irriverente Avant-Drag! Radical Performers Re-Image Athens del greco Fil Ieropoulos: un ritratto di dieci artisti e artiste drag che vivono ad Atene e fanno dei loro corpi e delle loro performance dei veri e propri atti politici. Questa nuova sezione arricchisce ancora il già denso programma del festival, offrendo uno spazio per il dialogo e la riflessione su temi quanto mai attuali, che ovviamente non riguardano soltanto i paesi dell’Europa centro-orientale.
Per chi si fosse perso l’edizione 2025 l’appuntamento è per l’anno prossimo, ma nel frattempo potete seguire il progetto del Trieste Film Festival in Tour che propone a varie sale italiane una selezione di titoli rappresentativi della rassegna. I primi film che circoleranno sono il greco Meat di Dimitris Nakos, che racconta di un delitto in uno sperduto villaggio di montagna, e il polacco Under the Volcano di Damian Kocur sulla guerra in Ucraina che sconvolge la vita di una famiglia in vacanza a Tenerife.