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Diabete: prevenzione, terapie e stato della ricerca

Il numero di pazienti che soffre di diabete è in costante aumento. Secondo i dati Istat, nel 2016 in Italia più del 5% della popolazione dichiara di esserne affetto, contro il 2,9% del 1980. I dati riflettono una tendenza a livello globale: secondo le stime dell’Organizzazione mondiale della Sanità nel rapporto Classification of diabetes mellitus 2019, 422 milioni di adulti in tutto il mondo nel 2014 devono fare i conti con questa malattia: l’8,5% della popolazione contro il 4,7% del 1980. Senza interventi per arrestarne l'aumento, entro il 2045 ci saranno almeno 629 milioni di persone che vivono con il diabete. Di prevenzione, terapie e progressi della ricerca, ma anche di ereditarietà della malattia e diabete in gravidanza, abbiamo discusso con Angelo Avogaro, docente di endocrinologia e malattie del metabolismo all’università di Padova.   

Guarda l'intervista completa ad Angelo Avogaro. Riprese e montaggio di Elisa Speronello

Quando si parla di diabete – sindrome caratterizzata da aumenti di glicemia nel sangue – serve innanzitutto fare da una premessa e distinguere tra diabete mellito di tipo 1 e di tipo 2, perché diverse sono le cause che ne sono all’origine e gli approcci terapeutici. La forma più comune è il diabete mellito di tipo 2, rappresenta il 90% dei casi e colpisce prevalentemente gli anziani: il pancreas produce poca insulina, l’ormone che regola i livelli di glucosio nel sangue, oppure le cellule dell’organismo non sono in grado di utilizzarla. Il diabete di tipo 1, invece, è una patologia cronica autoimmune che solitamente insorge durante l’adolescenza o l’infanzia. Le cellule del pancreas che producono insulina, le cellule beta, vengono riconosciute come estranee dal sistema immunitario che le distrugge. Per questo è necessario somministrare insulina dall’esterno. Tutt’altro tipo di malattia è invece il diabete insipido, a carico della neuroipofisi.

La glicemia elevata – spiega Angelo Avogaro – entro certi limiti non procura sintomi diretti, tuttavia causa dei danni, anche gravi, a molti organi, in particolar modo al cervello, all’occhio, al rene, al cuore, alla circolazione periferica: nel tempo, il diabete se trascurato porta un conto salatissimo al paziente”.

La sedentarietà e il sovrappeso costituiscono fattori di rischio da non trascurare. “Nel diabete di tipo 2, associato molto all’obesità, un corretto stile di vita è essenziale. Ciò significa innanzitutto non fumare perché, anche se non in relazione con il diabete, il fumo provoca una serie di alterazioni che aggravano la malattia. La dieta poi è molto importante: bisogna eliminare gli zuccheri semplici, preferire i carboidrati a lento assorbimento e a basso impatto sulla glicemia, assumere una dose moderata di proteine (non più del 30%) e una quantità altrettanto moderata di vino, scegliere grassi mono e polinsaturi”.

Il movimento è altrettanto importante e un grande alleato dell’insulina. “L’attività fisica non deve essere sempre strenua, ma deve essere comunque costante. Bisogna prendersi quei 45 minuti al giorno, che non devono essere quelli che una persona impiega per andare a lavoro”.

Dal diabete attualmente non si può guarire, ma si può curare. “Molto spesso ci si creano delle false illusioni – sottolinea ancora Avogaro –. Innanzitutto il diabete di tipo 1 necessita sempre e comunque di terapia insulinica. Oggi esistono insuline molto più efficaci rispetto a quelle di un tempo. Per la cura con le cellule staminali, invece, dovremo attendere ancora 10-15 anni, forse 20. La ricerca in questo campo è molto forte, ma siamo ancora lontani”. Esistono poi modalità tecnologicamente avanzate per somministrare l’insulina nel sottocute nella maniera più fisiologica possibile. Oggi, inoltre, è disponibile un sistema di monitoraggio della glicemia, minuto per minuto, che prevede l’applicazione di sensori e che ha molto facilitato la qualità di vita del paziente. “Per il trattamento del diabete di tipo 2, quello più associato a obesità – continua il docente – si possiedono invece una serie di farmaci molto efficaci. È chiaro che un medicinale, se non è associato a uno stile di vita corretto, finisce per non agire più e dunque anche per il diabete di tipo 2 l’ultima possibilità è la terapia insulinica”. Particolare attenzione, infine, va prestata alle donne diabetiche che intendono avere una gravidanza, ma anche a quante vedono insorgere la malattia durante la gestazione, dato che scarsi controlli possono causare anche malformazioni fetali.

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