SOCIETÀ
La Dichiarazione universale dei diritti umani è tutta nelle nostre mani
Simbolo dell'ONU, credits: Reuters
Il 10 dicembre del 1948 l’Assemblea generale delle Nazioni Unite riunita a Parigi, al Palais de Chaillot, proclamava la Dichiarazione universale dei diritti umani. Oggi, a 73 anni dalla sua adozione, ancora celebriamo questa ricorrenza tanto da eleggerla come Giornata internazionale dei diritti umani.
“La Dichiarazione universale dei diritti umani è il primo documento organico, in materia di diritti umani, adottato a livello internazionale” spiega Marco Mascia, docente di relazioni internazionali all’università di Padova. Si tratta infatti di un documento che sancisce i principi e i diritti fondamentali della persona e che, insieme alla Carta delle Nazioni Unite, costituisce una pietra miliare nella storia del Diritto internazionale e segna l’inizio di una nuova era: una rivoluzione giuridica, politica, culturale e sociale che trova il suo perno nella dimensione centrale della persona umana. Bisogna inoltre ricordare che tale dichiarazione non avrebbe potuto vedere la luce se, qualche anno prima, non fosse stata istituita l’Organizzazione delle Nazioni Unite (ONU). In effetti, è all’interno della Carta delle Nazioni Unite (1945) che viene enunciato il principio del rispetto dei diritti umani. Da qui, l’obiettivo primo che la Commissione diritti umani dell’ONU si propone è proprio quello di elaborare una dichiarazione contenente i principi etici universali.
Sul piano internazionale, l’impatto della Dichiarazione è stato lo sviluppo di un nuovo diritto: il diritto internazionale. La Dichiarazione ha posto le basi per l’elaborazione di una serie di convenzioni giuridiche che trattano da tematiche le più varie dalla discriminazione razziale, la tortura, la discriminazione nei riguardi delle donne ai diritti dei bambini, diritti dei lavoratori migranti e dei membri delle loro famiglie, diritti delle persone con disabilità, ecc. “Dopo la Dichiarazione universale, la Commissione diritti umani ha iniziato a lavorare per adottare due trattati internazionali sui diritti umani: il primo sui diritti civili e politici; il secondo riguardante questioni sociali, economiche e culturali. Questi due trattati recepiscono nella norma giuridica i diritti sanciti dalla dichiarazione stessa” aggiunge Mascia. “In Italia, i principi enunciati dalla Dichiarazione universale dei diritti umani spingono le regioni ad adottare delle leggi per la promozione della cultura dei diritti umani e della pace. In particolare, la Regione Veneto è la prima che nel 1988 adotta tale tipologia di legge”. In che modo? “Favorendo le collaborazioni tra scuole, enti locali, associazioni, università, e altri enti ancora con l’obiettivo di disseminare questa cultura. Oggi quasi tutte le regioni italiane hanno una legge per la promozione della cultura dei diritti umani e della pace” conclude il docente.
Intervista a Marco Mascia, servizio di Caterina Carradori
Bisogna inoltre ricordare che fu Eleanor Roosevelt, dopo la morte del marito, l’ormai ex-presidente Franklin D. Roosevelt, a coordinare il lavoro della Commissione delle Nazioni Unite. Il ruolo le fu proposto dal nuovo presidente, Harry S. Truman. “A Eleanor Roosevelt fu offerto di ricoprire il ruolo di presidente o della Commissione diritti umani o della Commissione sulla condizione della donna, entrambi organi sussidiari dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Lei scelse di presiedere la prima fra le due commissioni perché sapeva che proprio quella avrebbe avuto un compito importante di standard setting cioè di avvio di un processo di riconoscimento giuridico internazionale dei diritti umani” spiega Mascia. “In particolare, la Roosevelt coordinò un gruppo ristretto di intellettuali che avevano il compito di elaborare un draft, una bozza della dichiarazione. Si avvalse inoltre del supporto dell’UNESCO che incaricò a sua volta il filosofo Jacques Maritain, di svolgere una consultazione a livello globale con personalità del mondo della politica, della scienza e della cultura, provenienti da diversi paesi, per dare una valenza genuinamente universale alla Dichiarazione dei diritti umani” continua il professore.
L’idea originale della Roosevelt era quella di adottare un vero e proprio trattato internazionale (hard low) piuttosto che una dichiarazione (soft low). Tuttavia, su questo punto non si trovò l’accordo degli Stati partecipanti e si optò per la forma della dichiarazione. La questione nodale che riuscì alla fine a vedere unanimi tutti partecipanti, fu proprio quella del fondamento dei diritti umani. Su questo punto, determinante fu il contributo di Jacques Maritain che pensava ai diritti umani come a delle “verità pratiche”. Non molto diversa era anche l’opinione di Eleanor Roosevelt che nel discorso per il decimo anniversario della Dichiarazione universale dei diritti umani dichiarava: “Dove iniziano i diritti umani universali? In piccoli posti vicino casa, così vicini e così piccoli che essi non possono essere visti su nessuna mappa del mondo. Ma essi sono il mondo di ogni singola persona; il quartiere dove si vive, la scuola frequentata, la fabbrica, fattoria o ufficio dove si lavora. Questi sono i posti in cui ogni uomo, donna o bambino cercano uguale giustizia, uguali opportunità, eguale dignità senza discriminazioni. […] In assenza di interventi organizzati di cittadini per sostenere chi è vicino alla loro casa, guarderemo invano al progresso nel mondo più vasto. Quindi noi crediamo che il destino dei diritti umani è nelle mani di tutti i cittadini in tutte le nostre comunità”. Il suo discorso pronunciato a New York nel 1958, è conosciuto oggi come In your hands: A Guide for Community Action. Perché è con le proprie mani, attraverso gesti concreti, che ci si può prendere cura dell’altro: la Dichiarazione è “come la carezza amorevole che il Diritto internazionale dei diritti umani fa alla persona, egualmente a ciascun membro della famiglia umana, ma con particolare attenzione a chi meno ha ed ha più bisogno”. Questa una delle più esplicative e delicate suggestioni che ci ha lasciato in eredità Antonio Papisca, già professore all’Università di Padova che a lui ha dedicato il Centro di Ateneo per i diritti umani.
Nel suo commento alla Dichiarazione, Papisca propone una lettura fatta di forti interconnessioni fra i vari articoli che la compongono. In particolare, istituisce un ponte tra l’articolo 1 e l’articolo 18. “I due articoli contengono la parte per così dire sacrale dell’intera Dichiarazione. […] Pensiero, coscienza, religione: è il triangolo valoriale di più denso spessore etico, che qualifica la soggettività giuridica originaria della persona umana la cui retta coscienza (foro interno) è vero tribunale di ultima istanza dei diritti.” L’uomo è qui concepito come un tutt’uno e, come tale, deve essere tutelato nella sua integrità, a prescindere da qualsiasi fattore che non sia la sua stessa umanità, vale a dire la sua appartenenza al genere umano. Fondamento autentico dei diritti umani è quindi l’essere umano in quanto tale. Con queste parole Simon Weil, filosofa francese, esprime il medesimo concetto: “In ogni uomo c’è qualcosa di sacro. Ma non si tratta della sua persona. Non si tratta nemmeno della persona umana. È l’uomo, puro e semplice. Ecco, per strada, un passante: ha le braccia lunghe e gli occhi azzurri, uno spirito attraversato da pensieri che non conosco […]. Non è la sua persona, né la persona umana ad essere sacra in lui. È lui a esserlo. Lui nel suo insieme. Le braccia, gli occhi, i pensieri, tutto.” I diritti e le libertà fondamentali sanciti dalla Dichiarazione sono quindi il bagaglio naturale che l’uomo porta con sé sin dalla sua nascita e corrispondono ai suoi bisogni più profondi ed essenziali “che il legislatore deve riconoscere come diritti fondamentali” sottolinea Mascia. È infatti nello stesso Preambolo della Dichiarazione universale che si parla del “riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili”. L’oggetto riconosciuto non può che esistere già prima che un soggetto lo riconosca così come un cielo stellato non sarà meno vero senza che un uomo vi volga il suo sguardo: i diritti umani preesistono alla legge scritta e non scompariranno se non in assenza dell’uomo o, ancor peggio, della sua umanità.
“ “In ogni uomo c’è qualcosa di sacro. Ma non si tratta della sua persona. Non si tratta nemmeno della persona umana. È l’uomo, puro e semplice." Simone Weil