I Nobel James D. Watson e Francis Crick nel 1976
Se si cerca on line qualche notizia sul Dna non si rimarrà affatto delusi. Solo per limitarci agli ultimi mesi, scorrendo i giornali si legge della “quadrupla elica” del Dna individuata da Giulia Biffi in un laboratorio di Cambridge. Ancora, ricercatori dell’Istituto italiano di tecnologia di Genova coordinati da Enzo di Fabrizio sono riusciti a “fotografare” la molecola del Dna attraverso un microscopio elettronico a trasmissione come finora non era mai stato fatto. Fino allo stupefacente annuncio di una macchina, la Ion Proton System, in grado di decifrare l’intero genoma umano in meno di 24 ore progettata dalla Life Technologies, società americana di biotecnologie. Ma la notizia più recente, e senza dubbio curiosa, riguarda una lettera a firma di Francis Crick che è stata battuta dalla casa d’aste Christie's ben sei milioni di dollari. “Caro Michael – scrive Crick al figlio dodicenne – Jim Watson e io probabilmente abbiamo fatto una scoperta molto importante”. Per la prima volta vengono descritti, pur informalmente, i risultati degli studi sulla molecola dell’acido desossiribonucleico. È il 19 marzo 1953 e poco più di un mese dopo, il 25 aprile, sulla rivista scientifica Nature sarebbe stata ufficialmente illustrata la doppia elica del Dna. Un intervento scarno ed essenziale, una pagina e una illustrazione, dal titolo A structure for deoxyribose nucleic acid.
La “scoperta” del Dna è una storia fatta di tentativi, studi appassionati e competizione. “Questa struttura – scrivono Watson e Crick, allora ricercatori al Cavendish Laboratory di Cambridge dove si erano conosciuti nel 1951 – ha due catene elicoidali avvolte attorno allo stesso asse... Non ci è sfuggito che le modalità di appaiamento da noi postulate suggeriscono immediatamente la possibilità di meccanismi di copia per il materiale genetico...”. Poche righe per introdurre, per la prima volta, un’associazione tra genetica e struttura molecolare.
I due scienziati in quegli anni non erano i soli nella corsa al Dna. Poco distante, al King’s College di Londra, un altro laboratorio lavorava sullo stesso argomento sotto il coordinamento del fisico Maurice Wilkins. Qui Rosalind Franklin attraverso il metodo delle immagini di diffrazione a raggi X riuscì a fornire un’immagine del Dna e giunse alla conclusione che la struttura doveva essere elicoidale con le catene coassiali che si muovevano in direzione opposta. Molto vicina al vero, la Franklin non sviluppò mai tuttavia queste considerazioni. Ma fu solo sulla base dei risultati ottenuti da Wilkins e Franklin, pubblicati su Nature quello stesso 25 aprile 1953, che Watson e Crick furono in grado di proporre il modello in cui già si affacciava l’ipotesi di replicazione del Dna. In questa storia c’è una seconda donna. Che non dette contributi scientifici nel senso letterale del termine, ma che probabilmente contribuì a trasformare il Dna nell’icona visiva della biologia molecolare che è diventata. È Odile Speed, moglie di Francis Crick, che rappresentò graficamente il modello proposto dai due scienziati, poco abili nel disegno, a corredo dell’articolo su Nature.
Giorgio Semenza in un saggio di qualche anno fa, La doppia elica, sottolinea come nel XX secolo nell’ambito delle scienze biologiche questa pubblicazione abbia assunto la stessa importanza dell’Origin of the species di Charles Darwin nel secolo precedente. Entrambe produssero un svolta fondamentale nel pensiero biologico. Un traguardo che ha segnato un’epoca, ma che non sarebbe stato possibile senza i molti scienziati, forse meno noti, che portarono il loro contributo. Tra questi Friedrich Miescher che per primo nel 1869 aveva isolato la molecola e l’aveva chiamata “nucleina” perché contenuta nel nucleo delle cellula; Phoebus Levene che ai primi del Novecento aveva indicato i tre componenti principali (zucchero, fosfato e base azotata) di ogni singolo nucleotide, l’unità di base che ripetuta in successione forma le due eliche del Dna; Oswald Avery che aveva individuato il Dna come la molecola che porta l’informazione ereditaria. E ancora Erwin Chargaff che alla fine degli anni Quaranta stabiliva il corretto rapporto tra le quattro basi del Dna (timina, adenina, guanina, citosina), fino a Linus Pauling, Nobel per la chimica nel 1954 e per la pace nel 1963, che suggerì per il Dna una forma a elica.
Oggi all’Eagle Pub, vicino al Cavendish Laboratory a Cambridge,c’è una targa in ricordo di Watson e Crick. In quello stesso pub si dice che i due scienziati avessero annunciato di aver “scoperto il segreto della vita”. Qualche anno fa il gestore cui si raccontò l’episodio commentò: “Watson e Crick, hai detto? Mai sentiti”. Possibile?