"Come andò che Maestro Ciliegia, falegname, trovò un pezzo di legno, che piangeva e rideva come un bambino". Tra gli incipit letterari di riferimento della mia infanzia c’è sicuramente quello di Pinocchio (Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino): "C’era una volta…-Un re!- diranno subito i miei piccoli lettori. No, ragazzi, avete sbagliato. C’era una volta un pezzo di legno". Così come per Peter Pan nei giardini di Kensington di James Matthew Barrie, la lettura del libro di Carlo Collodi risale agli anni della scuola elementare: lo leggevo e rileggevo, piano piano, all'epoca ignorando la verità sul finale, proposto inizialmente da Collodi e poi scartato, in cui il protagonista non si trasformava in un bambino vero ma moriva impiccato a una quercia.
Appartengono al tempo delle scuole medie (ma dovrei chiamarle secondarie inferiori), alla mia preadolescenza, due libri di Italo Calvino: Il barone rampante e Marcovaldo. Per il secondo provai subito un sentimento d'affetto semplice e sincero, della storia di Cosimo Piovasco di Rondò mi sono innamorata, perdutamente e profondamente, un po' più tardi, 'da grande', e ancora oggi, per me, le parole scelte da Calvino per descrivere l'inizio di un amore restano le più belle: "Si conobbero. Lui conobbe lei e se stesso, perché in verità non s'era mai saputo. E lei conobbe lui e se stessa, perché pur essendosi saputa sempre, mai s'era potuta riconoscere così".
Risale a una decina d’anni fa la lettura del primo Harry Potter - quello della pietra filosofale, per intenderci -, così come quella del capolavoro, scritto e illustrato, Nel paese dei mostri selvaggi di Maurice Sendak, un trionfo di acrobatica immaginazione e assoluta libertà, wild come recita il titolo originale Where the wild things are: due libri per ragazzi letti e amati in età pienamente adulta.
"Tre in tutto", scritto da Davide Calì e illustrato da Isabella Labate (Orecchio acerbo)
C’è di più: colleziono i libri di Gianni Rodari, compro regolarmente e con passione albi illustrati bellissimi, che riprendo in mano spesso e sistemo con cura nella mia libreria. Tra saggi di divulgazione scientifica, cataloghi d'arte, libri di poesia e romanzi, dagli scaffali spuntano titoli come Tre in tutto, scritto da Davide Calì e illustrato da Isabella Labate (Orecchio acerbo), L'infinito di Giacomo Leopardi, illustrato da Marco Somà, con un testo di Daniele Aristarco (Einaudi ragazzi), Bruno, il bambino che imparò a volare di Nadia Terranova e Ofra Amit (Orecchio acerbo), Il signor nessuno di Joanna Concejo (Topipittori). Storie e disegni di una bellezza senza età.
Questo è ciò che amo ma che, il più delle volte, non dico, e tengo nascosto per timore di essere giudicata per una passione coltivata fuori tempo massimo. Recentemente, però, ho avuto la fortuna di scoprire e leggere due saggi agili e illuminanti che, in un attimo, mi hanno fatta sentire compresa e hanno spalancato le porte delle mie stanze private lasciate spesso in penombra: Un’idea di infanzia. Libri, bambini e altra letteratura di Nadia Terranova (Italo Svevo editore) e Perché leggere libri per ragazzi anche se sei vecchio e saggio di Katherine Rundell (Rizzoli). Quest'ultima, in particolare, dedica brevi capitoli ad alcune parole chiave: all'immaginazione, alla speranza e anche alla politica (che, senza dubbio, definisce la vita degli adulti), sostenendo appunto la forte valenza politica di molti libri per ragazzi: "La letteratura per ragazzi inglese è spesso surrettiziamente sovversiva. Mary Poppins, per esempio, era una hippy ante litteram: contro le aziende e a favore del gioco".
“ Ci vuole libertà e ci vuole la consapevolezza che non esiste la letteratura “per” ragazzi, esiste la letteratura con dei ragazzi e dei bambini dentro. Il giovane Holden o Io non ho paura sono libri per ragazzi? Nadia Terranova, Un'idea di infanzia (Italo Svevo)
“La letteratura per ragazzi significa soprattutto libertà, e gli adulti che non hanno smesso di leggerla sono esseri umani più liberi degli altri”. Ho letto queste parole di Nadia Terranova e, in un attimo, sono riuscita a superare la sensazione di difetto accumulata in anni e anni di letture 'piccole'. Sono una lettrice di libri per ragazzi, lo sono ancora oggi, posso dichiaralo senza imbarazzo? Nelle conversazioni tra adulti mi metto sulla difensiva, come a volermi giustificare, sostengo sia mio dovere farlo per il mestiere che faccio - conduco spesso e volentieri laboratori di giornalismo e scrittura per bambini - ma la verità è un'altra: il mio è un amore intimo, molto personale, oltre i doveri della mia professione e delle mie competenze.
“La letteratura per ragazzi è come il primo amore – continua Terranova nel suo saggio -, dà alla maggior parte dei lettori e degli scrittori l’impronta originale del sentimento, indica la strada, ma poi diventa invisibile. Se chiedi a uno scrittore quali siano i libri della vita, quasi sempre dimenticherà di citare L’isola del tesoro o Piccole donne, vantandosi di letture più recenti: in realtà è grazie a quei capisaldi che è nato, per molti di noi, l’amore per la letteratura”. Questo è davvero il punto: da dove viene il nostro amore per i libri? Da quelle prime letture che hanno definito la nostra identità, arricchito e stimolato il nostro immaginario, che ci hanno fatto amare le storie.
Per concludere, scelgo le parole di Katherine Rundell, che ci offre il punto di vista di una scrittrice, ma regala una riflessione più ampia che coinvolge anche il lettore: "Scrivere quella che noi chiamiamo letteratura per ragazzi non è una cosa infantile: infantile è mettersi le dita nel naso e mangiarsi le caccole, fare i capricci quando non te la danno vinta. Il quarantacinquesimo presidente degli Stati Uniti è infantile. La letteratura per ragazzi ha l’infanzia al suo cuore, che non è la stessa cosa. La letteratura per ragazzi non è scritta dai ragazzi: sta lì, accanto a loro, ma non è la loro [...] Tra la maggior parte degli adulti circola l’idea che dovremmo leggere in una sola direzione, perché leggere anche nell’altro senso sarebbe come regredire, ritirarci, tornare indietro [...] ma il cuore umano non è un viaggio in treno. Non è così che le persone leggono; o almeno, non è così che leggo io".
Se pensiamo di poter abbandonare la letteratura per ragazzi senza conseguenze, ci sbagliamo, "lo facciamo a nostro rischio e pericolo, perché rinunciamo a uno scrigno di meraviglie che, guardate con occhi adulti, possiedono una magia completamente nuova".