CULTURA
Felici, stanchi, feriti, amati. Viaggio nell'arte attraverso i corpi delle donne
Una giornata al Museo d'Orsay a Parigi, Francia - Simon LAMBERT/HAYTHAM-REA
A questo serve il corpo: / mi tocchi o non mi tocchi, / mi abbracci o mi allontani. / Il resto è per i pazzi. Il verso di una poesia di Patrizia Cavalli è diventato il titolo di un libro. A questo serve il corpo (Bompiani) di Roberta Scorranese, giornalista del Corriere della Sera e scrittrice, ci accompagna in un viaggio di esplorazione dell’arte chiedendoci di sentire la materia delle opere, di accarezzarne la pelle e percepire la consistenza di corpi dipinti o scolpiti, amati, felici, stanchi, feriti, liberi.
Una lettura che oggi assume un significato ancora più profondo nel quadro del dibattito sociale e politico che mette al centro le donne, ma che si offre prima di tutto come esplorazione universale e senza tempo: esistono tanti modi per raccontare l’arte, Scorranese si immerge completamente nella sua fonte, illumina ogni angolo dell'opera, si avvicina fino a toccarla, ne valuta la consistenza e il movimento, analizza il gesto, la postura, la posizione del corpo ritratto per determinarne l’umore, la personalità, di più, l'identità. E ancora, osserva il contesto, ricerca la mano dell’artista e le sue intenzioni, infine si sposta sullo sguardo dell’osservatore. C'è intensità e pienezza nel suo modo di raccontare e, al tempo stesso, c’è cura e c’è una sorta di pudore, la volontà di proteggere quel corpo ritratto. Vi è una dichiarata passione vibrante e, insieme, una delicata attesa di rivelazione, una paziente contemplazione. Pur mantenendo ben saldi i propositi alla base di una indagine rigorosa, entrando nell'opera, l'autrice è attraversata da emozioni che raggiungono chi legge.
“Il corpo è tutto, mi ha detto un giorno Patrizia Cavalli, con la grazia fulminante della sua poesia disincantata - scrive Scorranese -. E aveva ragione, perché solo così, cercando di capire con il corpo, si riesce a cogliere il senso profondo di certe opere d’arte, come aveva intuito Pierre-Auguste Renoir quando vide per la prima volta le donne dipinte da Raffaello. Solo così, ‘incarnando’ il pensiero, si coglie la forza vivida dei muscoli ritratti da Caravaggio oppure la distorsione necessaria e urgente delle figure di Picasso. Solo così si può entrare nell’universo di Modigliani, negli occhi dei suoi ritratti, vuoti ma soltanto in apparenza. È impossibile, o quasi, capire Frida Kahlo senza mettersi nei suoi panni di donna ferita nelle membra. Impossibile amare Marc Chagall senza seguirlo nella danza dei suoi corpi onirici che fluttuano nel vuoto o che vibrano in contorsioni magiche".
Esistono corpi felici? Si chiede l'autrice rintracciando il ricordo di “una giornata folle, indimenticabile con la poeta (Cavalli, ndr) che, forse più di tanti altri, ha saputo dare un nome alla carne. Le chiesi se avesse mai visto un corpo felice e lei, dopo averci pensato un po’, mi rispose che un corpo felice è un corpo che non desideriamo tanto ammirare, quanto toccare. Forse indossare”. Vorremmo tutte vestirci di un corpo felice.
La felicità, dunque, ma anche la stanchezza del corpo che passa attraverso lo sguardo affettuoso di Henri de Toulouse-Lautrec, il quale ne La toilette ritrae una donna di spalle senza svelarne l'intimità, e la fragilità della Venere Rokeby di Diego Velázquez, olio su tela (1647-1651) conservato alla National Gallery di Londra. Una donna, distesa su un fianco, mostra una "schiena così bianca - scrive Scorranese - che il primo istinto è quello di farci scorrere due dita come un’immaginaria discesa sulla neve": non può prevedere quel che le accadrà, il 10 marzo 1914 verrà letteralmente pugnalata, con un coltello da macellaio, dalla suffragetta Mary Richardson. "Ho tentato di distruggere il dipinto della donna più bella della mitologia per protestare contro il governo che sta distruggendo la signora Pankhurst, la più bella figura della storia moderna”, dirà. Il riferimento è all'inglese Emmeline Pankhurst, attivista alla guida di un movimento che chiedeva uguali diritti per le donne, "il tempo in cui ogni bambina venuta al mondo abbia le stesse possibilità dei suoi fratelli". L'appello viene ignorato, Pankhurst viene incarcerata e porta sul volto e sul corpo i segni della sofferenza dovuta a continui scioperi della fame. Aggressioni a corpi dipinti e a corpi reali, allo specchio, in dialogo e conflitto. Mentre il corpo di Pankhurst non viene visto, quello della Venere viene subito soccorso: "Il Times parlò dell’avvenimento inserendo minuziosi particolari sull’attentato e sui colpi inflitti alla 'vittima' - scrive Scorranese nel libro -. Venere fu soccorsa, portata in sala operatoria e medicata d’urgenza. Anni dopo sarà sottoposta a un difficile (ma molto ben riuscito) restauro e oggi di quell’attentato ci restano alcune impressionanti immagini in bianco e nero: quella trafitta e ferita sembra una vera schiena umana".
Passando per il corpo erotico della Fornarina di Raffaello che "lancia un’occhiata leggermente obliqua altrove, forse sta andando a cercare l’artista-amante", la bellezza atletica di Atalanta e Ippomene, ritratti in movimento nella grande tela di Guido Reni, il dolore di Frida Kahlo, "donna-cielo" che trasformò il proprio corpo in "un firmamento di racconti popolari dove gli ex voto si affiancano a personaggi della mitologia messicana", si arriva senza fretta alla fine del viaggio. Nel Compleanno di Chagall si ha la sensazione di essere stati liberati grazie a un inaspettato, provvidenziale colpo di vento. Nella danza di Bella e Moishe Segal (Marc Chagall) i corpi si flettono, si adattano alle leggi dell'amore, si predispongono per accogliere il bacio e un eterno abbraccio perché, come scriveva Bella nel suo diario, "ognuno di noi sente battere il cuore dell’altro".
Raffaello Sanzio, La Fornarina, 1520 ca., Galleria Nazionale di Arte Antica di Palazzo Barberini, Roma
“ Questo progetto nasce dall’idea che arte e corpo siano legati da un filo invisibile, che è quello, spesso, dell’inconsapevolezza Roberta Scorranese
Guidati da Roberta Scorranese approfondiamo genesi e sostanza di un progetto costruito al confine, tra saggio, racconti del reale e una traccia poetica che si rivela punto di partenza e motore.
Con quali intenzioni nasce questo progetto editoriale? "Nasce dall’idea che arte e corpo siano legati da un filo invisibile, che è quello, spesso, dell’inconsapevolezza. Così come guardiamo distrattamente le opere d’arte – ricerche neuroscientifiche ci dicono che mediamente trascorriamo un minuto di fronte a un dipinto nelle mostre – così non sempre 'sentiamo' il corpo. Spesso ci limitiamo a farne uno strumento performante, o lavorativo o di appagamento dell’altrui sguardo. Il problema è che entrambi richiedono un elemento ormai raro, la contemplazione. Quando è stata l’ultima volta che ci siamo fermati a contemplare un’opera o un corpo, femminile o maschile che sia?"
Questi corpi ci parlano e dicono molto di noi. Vivono nell’arte ma definiscono identità umanissime. Il processo di selezione delle opere è legato anche alla volontà di offrire a lettrici e lettori una varietà di storie e profili femminili in cui, in qualche modo, riconoscersi o in cui ritrovare tracce di sé? "Sì, ho scelto dipinti e qualche scultura perché mi piaceva l’idea di raccontare il corpo – prevalentemente quello femminile – così come ci è stato raccontato da grandi artisti di ogni tempo. La Maddalena penitente di Caravaggio, la Susanna di Tintoretto (Susanna e i vecchioni, ndr), l’autoritratto di Frida Kahlo: opere che ancora oggi possono dirci tanto di noi. I racconti di pura finzione che ho qui intrecciato ai micro-saggi d’arte sono invece delle personalissime divagazioni su come oggi noi donne vediamo e abitiamo il nostro corpo".
“ Il corpo è nostro, possiamo giocare a trasformarci, anche ogni giorno Roberta Scorranese
Il libro si offre prima di tutto come esplorazione della sorprendente meraviglia dell'arte, ma oggi assume un significato ancora più profondo nel quadro del dibattito che mette al centro le donne. In tal senso una certa sensibilità per l’arte può fornirci coordinate utili? Può aiutare a leggere, interpretare i segnali che offre il corpo? "Certamente. Pensiamo a Lavinia Fontana, pittrice del Cinquecento, grande artista che ha indagato i temi del sacro e del mito. Una delle sue opere raffigura una Minerva – dunque la dea della razionalità e della guerra – che si rimira in uno specchio e prova a fare Venere. Il corpo è nostro, possiamo giocare a trasformarci, anche ogni giorno".
Tra quelli scelti, qual è il corpo dipinto o scolpito che trovi più interessante e perché? "Ce ne sono tanti. Io sono particolarmente legata alle donne di Caravaggio, perché credo che lui sia stato uno degli artisti più difficili e complessi di tutti i tempi. Le sue figure, umanissime, incarnano una personale idea di sacro. È stato il primo a incarnare il divino nelle donne e negli uomini. Una poesia che si ritrova solo in Pier Paolo Pasolini e in Francis Bacon, a mio parere".
Anna, Cordelia, Andrea, Irene. Sono alcune delle donne protagoniste dei racconti offerti come respiro tra un’opera e l’altra. Chi sono? Da dove arrivano? "Arrivano dalla mia immaginazione e sono state una prova di scrittura. Io mi sento a mio agio nella produzione saggistica, nella narrativa devo 'cambiare pelle' e cimentarmi in qualcosa del quale ho tanto rispetto e che reputo difficile. In troppi, oggi, si definiscono scrittori. Scrivere è difficile".