SCIENZA E RICERCA
Finanziamenti alla ricerca, l'appello della scienza italiana al governo
di Redazione
Pubblichiamo, di seguito, l'appello di scienziati italiani e di manager della scienza al governo Draghi per un corretto e adeguato finanziamento al settore dell'istruzione e della ricerca in Italia.
Negli ultimi quindici anni il PIL dell’Italia è diminuito e si prevede che nel 2022 sarà del 5% inferiore a quello del 2007 mentre Francia e Germania avranno aumentato il loro PIL del 12%.
L’Italia non si sviluppa come Francia e Germania per molteplici e ataviche ragioni – quali una burocrazia inefficiente, imprese troppo piccole, scarsi investimenti e pochi lavoratori – ma se anche tutti questi problemi fossero risolti, l’occupazione e il reddito dell’Italia non raggiungerebbero quelli di Francia e Germania perché non abbiamo saputo costruire una “società basata sulla conoscenza”. Il nostro Triangolo della Conoscenza, che ha come base l’Istruzione e come lati la Ricerca e lo Sviluppo, è troppo deficitario.
Le gravi carenze italiane in Istruzione e Ricerca sono ben descritte nella lectio magistralis tenuta il 16 dicembre 2020 dal governatore della Banca d’Italia Ignazio Visco all’inaugurazione dell’anno accademico del Gran Sasso Scientific Institute. Nella discussione delle sfide del futuro vi si legge: “Con una popolazione calante, continuare a migliorare gli standard di vita e riportare la dinamica del prodotto intorno all’1,5 per cento (il valore medio annuo registrato nei dieci anni precedenti la crisi finanziaria globale) richiederà un incremento medio della produttività del lavoro di poco meno di un punto percentuale all’anno. È un obiettivo alla nostra portata ma che, per essere conseguito, necessita un netto recupero nei campi della ricerca, della digitalizzazione e dell’istruzione.» Giustamente, quindi, due delle sei missione del PNRR sono centrate su “Digitalizzazione” e “Istruzione e Ricerca”.
Come scienziati e manager della scienza abbiamo avanzato una proposta concreta in due lettere aperte inviate agli allora presidente del Consiglio Giuseppe Conte e Ministro Gaetano Manfredi il 1° ottobre 2020 e il 2 gennaio 2021 e in una terza lettera aperta del 21 febbraio 2021 al Presidente del Consiglio Mario Draghi. L’iniziativa è stata sostenuta su quotidiani e social media da economisti, esponenti della società civile e da molti colleghi; inoltre, la petizione, lanciata dal fisico Federico Ronchetti con lo slogan “la ricerca pubblica è di tutti i cittadini”, ha raccolto 33.000 firme.
Le nostre argomentazioni partono dalla situazione del tutto insoddisfacente degli investimenti italiani in ricerca pubblica quando li si confrontino – come fatto nella prima tabella – non con i Paesi all’avanguardia in questo campo (quali Corea, Israele, Svizzera e Svezia) ma con i due altri grandi Paesi fondatori dell’Unione europea.
Nel dibattito pubblico degli ultimi mesi ci si è di solito riferiti alle tre frazioni del PIL che misurano l’investimento in ricerca pubblica riportate nella riga B della tabella (0,5%-0,75% e 1% ) perché molto indicative e facili da ricordare. Ma le differenze sono ancora più significative quando si considerino l’investimento annuo per cittadino – riga C – il numero di dottori di ricerca che escono ogni anno dalle nostre Università – riga D – e il numero di ricercatori pubblici (calcolato con il criterio FTE = Full Time Equivalent) – riga E. L’unico dato positivo è la percentuale di ricercatrici – riga F – che però è molto maggiore della percentuale di donne che ricoprono posti di grado elevato nelle Università e negli Enti pubblici di ricerca; inoltre la percentuale di ricercatrici cala drasticamente quando si considerino le discipline scientifiche e tecniche e la cosiddetta area digitale. Secondo la nostra proposta, in 5 anni è necessario aumentare dello 0,25% del PIL, in modo strutturale e permanente, l’investimento dello Stato in ricerca passando dallo 0,5% allo 0,75% e raggiungendo così l’investimento della Francia di oggi (riga B). Poiché nel 2019 lo Stato italiano ha investito 9 MRD di euro in ricerca pubblica (riga C) – di cui 6 in ricerca di base e 3 in ricerca applicata – è necessario aggiungere al bilancio ogni anno 1 MRD per arrivare nel 2025 a un investimento di 14 MRD. Tra il 2021 e il 2025 questa operazione richiede complessivamente 15 MRD.
Abbiamo anche proposto di utilizzare l’aumento strutturale dei fondi in modo da
- quadruplicare il finanziamento dei Progetti di Ricerca di Interesse Nazionale PRIN (3 MRD in 5 anni) portandoci così al livello della Francia;
- aumentare il numero di dottorandi (passando da 9000 a 14000 l’anno – riga E) e reclutare 25000 nuovi ricercatori al ritmo di 5000 ricercatori/anno (con un investimento di 4 MRD in 5 anni), arrivando così a 100,000 ricercatori pubblici, quasi quanto la Francia (riga F);
- investire sulle principali infrastrutture inserite nel Piano Nazionale della Ricerca, che è stato recentemente approvato dal CIPE (8 MRD in 5 anni).
Questo grande investimento sarebbe sicuramente efficace perché la produttività scientifica dei ricercatori italiani è, nonostante il basso livello degli investimenti, più elevata di quella dei ricercatori francesi e tedeschi (riga I). La qualità della ricerca italiana è confermata dal fatto che i ricercatori italiani sono secondi soltanto ai tedeschi come vincitori dei bandi dello European Research Council, anche se poi la maggior parte di loro preferisce usufruirne presso un Istituto estero. Ciò non significa che non saranno necessari interventi di riforma. In particolare, la produttività dei ricercatori aumenterebbe ulteriormente se si applicassero – tenendo conto delle peculiarità delle Università e degli Enti pubblici di ricerca – le riforme e semplificazioni organizzative che sono discusse per tutta la Pubblica Amministrazione in altre parti del PNRR.
Nel documento approvato il 12 gennaio 2021 dal Consiglio dei ministri (che è l’unico oggi a disposizione) la nostra proposta è citata esplicitamente ma, sia la quantità sia la distribuzione degli 11,77 MRD attribuiti alla componente “Dalla ricerca all’impresa” della missione “Istruzione e Ricerca” – riassunte nella seconda tabella – sono del tutto insoddisfacenti.
Va detto che gli scopi della missione “Dalla ricerca all’impresa” sono condivisibili:
- il potenziamento della ricerca di base e delle grandi infrastrutture di ricerca;
- il miglioramento dell’interazione tra mondo della ricerca e mondo produttivo, nonché della propensione all’innovazione delle imprese, soprattutto delle PMI;
- l’internazionalizzazione della formazione superiore e della ricerca;
- il supporto alla ricerca condotta dai giovani talenti, seguendo il modello d’eccellenzadegli ERC grant europei.
Ma, come dice lo stesso titolo “Dalla ricerca all’impresa”, la suddivisione di questi 11,77 MRD è tutta spostata verso le imprese anche se altrove nel PNRR vi sono molte altre risorse investite nel trasferimento tecnologico alle imprese, in particolare nella missione “Digitalizzazione” e anche in quella dedicata alla “Transizione ecologica”.
Più precisamente, come si legge nella seconda tabella, 4,48 MRD sono attribuiti direttamente al “trasferimento di tecnologia e sostegno all’innovazione” e dei restanti 7,29 MRD soltanto la metà – come evidenziato in giallo – sono veramente destinati alla ricerca. Questi 3,7 MRD sono ben lontani dai 15 MRD della nostra proposta e non sono in grado di dare un aumento significativo dell’intensità di ricerca e sviluppo, che è attualmente allo 0,5% del PIL. Questo è tanto più vero perché parte di questi investimenti sono limitati nel tempo e non possono rappresentare quell’aumento strutturale e permanente dei fondi dedicati alla ricerca nel bilancio dello Stato che è assolutamente necessario per competere almeno con la Francia. Con questo appello ci rivolgiamo al Governo e al Parlamento affinché nelle prossime settimane si giunga a una revisione profonda delle proposte contenute nella bozza del 12 gennaio del PNRR così da permettere alla ricerca pubblica italiana di raggiungere nel 2025, in modo strutturale e permanente, il livello di finanziamento della Francia di oggi.
Ugo Amaldi, Fisico, Presidente Emerito della Fondazione TERA
Angela Bracco, Fisica, Università di Milano, Presidente della SIF
Cinzia Caporale, Etica e Integrità nella Ricerca, CNR
Luisa Cifarelli, Fisica, Università di Bologna
Daniela Corda, Biologa, CNR
Paolo De Bernardis, Astrofisico, Sapienza Università di Roma
Massimo Inguscio, Fisico, Università Campus Biomedico, Roma
Massimo Livi-Bacci, Demografo, Accademia dei Lincei
Luciano Maiani, Fisico, Sapienza Università di Roma
Alberto Mantovani, Immunologo, Humanitas University, Milano
Giorgio Parisi, Fisico, Presidente dell'Accademia dei Lincei
Alberto Quadrio Curzio, Economista, Presidente Emerito dell'Accademia dei Lincei
Angela Santoni, Immunologa, Sapienza Università di Roma
Lucia Votano, Fisica, Laboratori di Frascati dell’INFN