Umberto Boccioni, "Meriggio. Officine a Porta Romana", 1910 olio su tela, Collezione Intesa Sanpaolo Gallerie d'Italia - Piazza Scala, Milano
“Noi futuristi… vogliamo realizzare questa fusione totale per ricostruire l'universo rallegrandolo, cioè ricreandolo integralmente”. Così Giacomo Balla e Fortunato Depero nel manifesto per la Ricostruzione Futurista dell’Universo dell’11 marzo 1915, uno dei tanti di quegli anni. Sei anni prima era stato un altro manifesto, pubblicato da Filippo Tommaso Marinetti su Le Figaro, a dare ufficialmente il via al movimento, quasi che il bisogno di creare legami tra gli artisti in vista di obiettivi e valori comuni dovesse necessariamente andare di pari passo con quello di concettualizzarne la prorompente carica vitale.
Comunque la si guardi, il futurismo rimane ancora oggi nel giudizio degli storici dell’arte una delle avanguardie più importanti dello scorso secolo, con un impatto incalcolabile tanto sui movimenti artistici successivi quanto sulla società e la cultura nel loro complesso. Dalla grafica al design, dall’abbigliamento alla musica, non c’è quasi campo in cui non continui ad aleggiare l’eredità di questi Enfants terribles dell’arte, a volte eccessivi ma quasi mai banali. Un lascito che oggi riceve un ulteriore tributo nella grande mostra appena aperta a Palazzo Zabarella: Futurismo. La nascita dell’avanguardia 1910-1915, curata da Fabio Benzi, Francesco Leone e Fernando Mazzocca.
Giovanni Segantini Le ore del mattino, 1888 circa; Gaetano Previati Paolo e Francesca, 1909
Presenti 121 opere dei più importanti esponenti del movimento (da Balla a Boccioni, da Carrà a Depero passando per Severini, Sironi, Sant'Elia, lo stesso Marinetti e molti altri), organizzate in un percorso che si pone un obiettivo sia didattico che scientifico: mostrare in forma chiara le caratteristiche e l’evoluzione di un gruppo di artisti magmatico e non sempre inquadrabile in schemi fissi ed evidenziarne al contempo le linee di continuità con i movimenti precedenti – in particolare simbolismo e divisionismo – rispetto a una lettura tradizionale che spesso ne esalta soprattutto la funzione di rottura. Come si vede benissimo in uno dei dipinti più noti presenti in mostra: in Meriggio. Officine a Porta Romana del 1910 Umberto Boccioni è ad esempio ancora legato al divisionismo nella scelta dei colori e nella tecnica, ma allo stesso tempo si avvicina a tematiche tipiche del futurismo come l’esaltazione della modernità e del processo di industrializzazione.
Sarà proprio il divisionismo – che Boccioni apprende direttamente dai dipinti e dagli scritti di Gaetano Previati, anche lui presente in mostra con tre opere – a fornire gli strumenti artistici e intellettuali per la ricerca di nuove modalità espressive ai pittori futuristi. Con il divisionismo, evoluzione dell’impressionismo e prima vera avanguardia europea, la pittura si emancipa infatti dal figurativismo: obiettivo non è più raccontare la realtà ma il modo in cui essa è percepita dall’osservatore, in un generale mutamento di sensibilità di cui sono parte anche Einstein per la scienza, Proust per la letteratura e Freud per la visione antropologica.
Oltre a indagarne le origini i curatori si soffermano anche su alcuni temi cari al futurismo: a cominciare dal dinamismo e dalla velocità, che ad esempio lo differenziano dal cubismo. Sensazioni rievocate da capolavori come Espansione per velocità (velocità d’automobile) del 1913 di Giacomo Balla, Dinamismo meccanico e animale (1914-16) di Gino Galli e Cavallo e cavaliere del 1915 di Carlo Carrà (che nella commistione tra linee, colori e parole tramite la tecnica del collage presenta un altro dei tratti caratteristici del futurismo).
Carlo Carrà Cavallo e cavaliere, 1915 collage e tempera su cartone; Leonardo Dudreville Vetrina di fioraio, 1915 pastello su carta
L’esposizione presenta anche una parte dedicata all’arte plastica, con il celebre Forme uniche della continuità nello spazio di Boccioni ma anche le marionette coloratissime di Fortunato Depero, per chiudersi idealmente con il 1915, anno dell’ingresso dell’Italia primo conflitto mondiale. Un atto fortemente voluto, quasi reclamato dai futuristi, che partecipano alle manifestazioni interventiste inneggiando alla “guerra sola igiene del mondo” e che poi coerentemente si arruolano per andare a combattere. Si chiude qui la parabola del primo futurismo, vera e propria rivoluzione artistica destinata ad avere effetti decisivi nello sviluppo delle avanguardie successive (in particolare in Russia ma anche in Francia, dove trova un convinto aderente in Guillaume Apollinaire). E talvolta nella sua involuzione, come evidenziato dal percorso dello stesso Filippo Tommaso Marinetti, che da provocatore incendiario e irriverente approderà allo scranno dell’accademia d’Italia generosamente offerto da Benito Mussolini, e in seguito si ergerà a difensore contro ogni forma di esterofilia della lingua italiana: la stessa che una volta mirava a scardinare. Quello che era un movimento radicale e di rottura diventa così sempre più un elemento della cultura di regime, e la creatività di un tempo resterà solo un ricordo.
Umberto Boccioni Forme uniche della continuità nello spazio, 1913 (fusione 1972) bronzo; Parole consonanti vocali numeri in libertà, a cura di F. T. Marinetti Direzione del Movimento Futurista, Milano 1915
Futurismo. La nascita dell’avanguardia 1910-1915
a cura di Fabio Benzi, Francesco Leone e Fernando Mazzocca
Palazzo Zabarella, Padova, fino al 26 febbraio 2023