Tutte le foto sono di Federico Milanesi
Da una parte l’architetto e designer simbolo del Novecento italiano, dall’altra uno degli atenei più antichi e prestigiosi. Quello tra Gio Ponti e università di Padova è un rapporto unico e irripetibile, razionale e allo stesso tempo sensuale: in particolare a Palazzo Bo, dove architettura, decorazione design sono inestricabilmente legati in una visione in cui la bellezza è al servizio del quotidiano. Un patrimonio conosciuto e apprezzato nel mondo – come testimoniano le recenti retrospettive al Musée des Arts Décoratifs di Parigi e al MAXXI di Roma – che oggi riapre al pubblico dopo un’imponente opera di restauro.
L’intervento, costato due milioni di euro, è un caso unico in Italia per complessità, considerando la tipologia di materiale e il tipo di approccio: arredi degli anni '40 non musealizzati, trattati con rigoroso approccio filologico al fine di riportarli a forme, finiture e colori originali. “Si tratta di un omaggio all’identità del nostro ateneo, non a caso portato a termine nell’anno in cui entriamo nel nono secolo di vita – afferma la rettrice Daniela Mapelli –. Un lavoro straordinario di équipe con un grande filo conduttore: la storia. Ogni scelta è infatti frutto di un minuzioso riesame della ricca documentazione d’archivio”.
Servizio di Daniele Mont D'Arpizio e di Elisa Speronello. Riprese di Mariachiara Mazzucato, Giuseppe Olivi ed Elisa Speronello
L’intervento interessa circa 500 elementi tra poltrone, panche, sedie, divani, tavoli e tavolini, scrivanie, porte, armadi e persino portaombrelli e appendiabiti: tutti appositamente progettati in esclusiva per l’università di Padova da Gio Ponti tra il 1938 e il 1943, nel corso della stagione dei grandi lavori di rinnovamento portati avanti dal rettore di Carlo Anti nell’ambito del IV consorzio edilizio. L’operazione ha inoltre comportato il restauro dell’intero rivestimento ligneo dell’Aula Magna (in parte disegnato da Ponti, in parte ottocentesco), dei pavimenti di sei ambienti e del corrimano della “Scala del sapere” che porta dall’ingresso del cortile nuovo al rettorato. Si è infine proceduto al restauro manutentivo della cattedra di Galileo e alla revisione statica e alla contestuale pulizia degli stemmi dell’Aula Magna. Rimangono al momento da completare soltanto le due aule studio, riservate rispettivamente agli studenti e alle studentesse, che si affacciano nel cortile nuovo di Palazzo Bo.
Tra gli spazi rinnovati spicca soprattutto il circolo dei professori, composto di salotto, sala da pranzo, sala del caminetto: un esempio di ambiente progettato e realizzato dal celebre archi-designer fin nei minimi dettagli, secondo una visione straordinariamente coerente dell’arte del lavoro e dell’abitare che a distanza di 80 anni mantiene intatto e anzi accresce il suo fascino. L’esclusività dei disegni realizzati appositamente per il cantiere dell’Università di Padova, unitamente alla armonica integrazione degli arredi con l’apparato decorativo dei due palazzi, che si deve pure alla regia di Ponti, fanno oggi di Palazzo Bo e Palazzo Liviano una preziosa e rara testimonianza del genio creativo dell’architetto milanese.
Un ricchissimo patrimonio utilizzato e fruito quotidianamente per decenni: per questo qualche anno fa si è deciso di intraprendere un primo restauro sistematico, facendo seguito ad altre operazioni di grande rilievo condotte recentemente sul patrimonio dell’Ateneo, quali il restauro dell’Archivio Antico e i recentissimi restauri delle tele dei Quaranta e dei labari storici. Tutte le lavorazioni sono state eseguite rigorosamente a mano per non pregiudicare il materiale storico, con tecniche e materiali artigianali e con rivestimenti di pelle, cuoio e velluto della migliore qualità.
Ogni scelta (vernici, finiture, forme, colori, dettagli, misure) è stata presa a partire da un minuzioso riesame della ricca documentazione custodita presso l’ateneo: l’Archivio storico dell’università conserva ancora infatti i disegni e i progetti di Gio Ponti, con annotazioni spesso manoscritte che si sono rivelate fondamentali nella scelta dei dettagli delle finiture, unite a una documentazione fotografica di prim’ordine commissionata da Carlo Anti ai migliori fotografi dell’epoca. L’aspetto chiaramente più sfuggente è rappresentato dalle scelte cromatiche dei rivestimenti, genericamente indicate nei disegni (“rosso cupo”, “verde 35 34”, “bruno cupo testa di negro con profili cuoio naturale”): a guidare la scelta in questi casi sono state da un lato il riesame della tradizione Ponti, dall’altro lo studio delle palette di colori in voga all’epoca.
Un’impresa condotta grazie alla collaborazione tra università, depositaria di una conoscenza approfondita dell’operato di Ponti, e la ditta aggiudicataria dell’appalto, scelta da un’apposita commissione di esperti con una gara basata per il 90% su criteri qualitativi, sotto la supervisione costante della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio per l’area metropolitana di Venezia e le province di Belluno, Padova e Treviso, attenta e rigorosa partecipe di tutte le scelte operative.
Un confronto serrato, quello che ha coinvolto i tecnici di Ateneo, Soprintendenza e le ditte coinvolte nell’appalto, che ha permesso di riportare alla luce quell’unità stilistica di tutte le sale che aveva nel tempo perso i suoi caratteri definiti di sintesi di razionalismo e di classicità. E che oggi, a quasi un secolo di distanza, continua ancora a stupire da punto di estetico e funzionale.