CULTURA

Il gusto contemporaneo per gli interni cartografici

Un tema insolito e affascinante ci offre un'occasione di indagine intorno alla materialità delle carte, il loro farsi oggetti di uso comune, la loro ambientazione nello spazio fisico. “Oggetti ispirati al linguaggio cartografico sono stati messi in commercio già molti secoli fa e i celebri dipinti di Johannes Vermeer ci mostrano il gusto per gli interni cartografici del Seicento olandese, ma oggi il design, la moda, l’arte ispirati ai motivi cartografici costituiscono un fenomeno davvero vistoso”.

A guidarci è Tania Rossetto, geografa del Dissgea - dipartimento di Scienze storiche, geografiche e dell’antichità dell'Università di Padova, esperta di cartografia d'interni, tra gli studiosi protagonisti di un recente articolo pubblicato su The New York Times: Maps are for more than just finding your way. In the digital age, old-fashioned maps were expected to die out. But just look around the room. “Nell'era digitale ci aspettavamo che le vecchie mappe fossero destinate a scomparire, ma guardiamoci intorno nella stanza: questa è più o meno la sintesi dell'articolo del New York Times per il quale sono stata intervistata insieme ad altri colleghi attivi nell'ambito di ricerca dei map studies. Al di là dell'aspetto tecnico, oggi l'universo delle mappe viene indagato con una prospettiva più umanistica, culturale, estetica, con particolare interesse per l’aspetto materiale delle mappe. Con la svolta digitale, la cartografia non si è affatto smaterializzata, continuiamo a essere attratti da artefatti cartografici, cartifacts: un mobile, un foulard, un tatuaggio, la decorazione di una parete o di un soffitto”.

Servizio di Francesca Boccaletto e Massimo Pistore

Oggetti ispirati al linguaggio cartografico sono stati messi in commercio già molti secoli fa [...] ma oggi il design, la moda, l’arte ispirati ai motivi cartografici costituiscono un fenomeno davvero vistoso Tania Rossetto

"La galleria di carte e piante prospettiche del Rettorato dell'Università di Padova evoca esempi storici illustri: pensiamo alla Galleria delle Carte geografiche in Vaticano, alla Sala della Guardaroba a Palazzo Vecchio a Firenze o, ancora, alla Sala dello Scudo di Palazzo Ducale a Venezia. Tuttavia ci dice qualcosa anche delle tendenze contemporanee che riguardano le mappe d’interni”.

Concepito come parte del programma di decorazioni parietali di Palazzo Bo, il ciclo di affreschi universitario fu realizzato da Pietro Fornasetti e Fulvio Pendini tra gli anni Quaranta e Cinquanta del Novecento. “Quello che accomuna questa versione contemporanea del motivo cartografico a esempi del passato è l’intento celebrativo - spiega Rossetto -. Qui l’ostensione delle città della Repubblica veneta e di quelle legate da relazioni culturali con l’università vuole affermare il ruolo dominante dell’ateneo patavino in questa geografia urbana. Si tratta di uno stile interpretativo che per lungo tempo ha caratterizzato gli studi cartografici, un modo di vedere le mappe come discorsi visuali fortemente compromessi, complici del potere, o viceversa come strumento di contropotere. Recentemente si sono affacciate alcune letture alternative, più sfaccettate e plurali. Oggi, rispetto al ciclo cartografico del Rettorato, potremmo chiederci: che impatto ha sui nostri corpi l’attraversamento di questo spazio tridimensionale? Quali sensazioni provoca in noi la sua cromaticità? Come percepiscono questo luogo i visitatori o le persone che lo abitano quotidianamente? Arriva il messaggio politico o questo resta silente? C’è una resistenza all’interpretazione degli oggetti cartografici? Oggi parliamo di cartografia post-rappresentazionale: le carte non sono solo rappresentazioni che collocano le cose nello spazio e non sono solo intrise di potere da decostruire, le carte sono anche esperienze, incontri, eventi effimeri”. E Rossetto conclude: “Dunque, la galleria del Rettorato, come grande oggetto cartografico, in qualche modo ci aiuta anche a cogliere un fenomeno molto contemporaneo”.

Con Laura Lo Presti, Tania Rossetto ha recentemente curato e pubblicato il volume The routledge handbook of cartographic humanities che esplora l'intersezione e la convergenza tra gli studi cartografici e le discipline umanistiche e si sviluppa in quarantadue capitoli dedicati alla varietà di approcci culturali alla cartografia coinvolgendo molti autori e ambiti disciplinari: la storia, la geografia, gli studi classici, l’antropologia, la letteratura, la filosofia, le arti visive, gli studi sui media. “Il volume vuole mettere in luce l’esistenza sempre più vivace degli studi cartografico-culturali e insieme la passione perdurante per il linguaggio cartografico nelle sue più diverse forme espressive, quella che potremmo chiamare una vera e propria cartophilia che caratterizza il nostro tempo, che convive ed è anzi esaltata dalla pervasività dell’aspetto più tecnologico-cartografico”.

Forse il potere del linguaggio cartografico sta proprio nella sua estrema versatilità - continua Rossetto -. Può essere declinato, trasformato, deformato, stirato in una miriade di variazioni, ma mantiene la sua riconoscibilità. Anche se deprivato della sua primaria funzione informativa, localizzativa, il linguaggio cartografico continua a parlare del bisogno umano di spazio: l’oggetto quotidiano, o l’opera d’arte, che coinvolge il linguaggio cartografico non serve più chiaramente a orientarci, a farci trovare un punto nello spazio, ma evoca altre geografie interiori, concettuali, sensoriali, emotive. È per questo che nella copertina del libro è stata inserita un'opera della collezione del Museo di Geografia”. Si tratta del lavoro dell’artista Fabio Roncato, parte della serie Beneath the lines, progetto che si inserisce nelle residenze d’artista MappArti. “Roncato ha trasfigurato la bidimensionalità della carta topografica con un’opera scultorea realizzata affondando le mani nella materia: l'oggetto evoca sia, in senso critico, il potere estrattivo della mappa, sia il rapporto viscerale con la terra che viene mediato dalla cartografia”.

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