SOCIETÀ

India: un piano di vaccinazione per battere il virus

L’India ha ormai raggiunto i 5 milioni di casi di CoVid-19 e da circa una settimana viaggia al ritmo di più di 90.000 nuove infezioni al giorno. Ad oggi l’India è seconda solo agli Stati Uniti (6.700.000 casi da inizio pandemia), ma secondo le stime al volgere dell’anno potrebbe addirittura sorpassarli, diventando un serbatoio da cui sarà estremamente difficile eradicare il nuovo coronavirus.

Della necessità di un piano di distribuzione dei vaccini a livello globale si è già iniziato a discutere sulle maggiori riviste scientifiche al mondo, anche se nei fatti ad oggi gli interessi nazionalisti sembrano prevalere. In un Paese di quasi un miliardo e 400 milioni di abitanti (secondo alcune stime l’India avrebbe già superato la Cina come Paese più popoloso al mondo) è però necessario elaborare un piano di distribuzione vaccinale ad hoc, perché le sfide logistiche da vincere secondo quanto riportato su Nature dal giornalista Gayathri Vaidyanathan “sono immense”, specialmente quando si tratterà di raggiungere aree rurali distanti dai centri attrezzati. Il governo indiano ha già riunito un task force per individuare la migliore strategia per la distribuzione dei futuri vaccini.

L’India è già un grande produttore di vaccini: in particolare produce il 60% delle dosi vaccinali destinate ai Paesi in via di sviluppo. Il Serum Institute dell’India con sede a Pune ha già firmato un accordo proprio con AstraZeneca (che nel frattempo ha ripreso le sperimentazioni della fase 3 in Regno Unito dopo la temporanea sospensione) per la produzione di un miliardo di dosi del vaccino sviluppato all’università di Oxford. Un ulteriore accordo con Gavi, l’alleanza globale per vaccini, prevede che il Serum Institute e il governo indiano riservino quasi metà di queste dosi a Paesi a basso reddito. L'annuncio di collaborazione tra Gavi, Serum Institute e Gates Foundation era già stato dato il 7 agosto.

Ad oggi il Serum Institute avrebbe investito già 200 milioni di dollari per fabbricare 2 milioni di dosi destinate ai test. Due impianti hanno riconvertito la loro produzione in modo che l’istituto raggiunga una capacità produttiva che va dalle 60 alle 70 milioni di dosi al mese. Oltre a quello di AstraZeneca/Oxford, il Serum Institute sta lavorando allo sviluppo di altri 4 vaccini contro Sars-CoV-2, uno dei quali in collaborazione l’azienda statunitense Novovax e un altro con con la Codagenix, statunitense anch’essa.

Un’altra compagnia indiana, la Biologicals E, sta lavorando sia allo sviluppo di un vaccino con la Janssen, parte della multinazionale Johnson & Johnson, sia alla produzione di un vaccino in collaborazione con il Baylor College of Medicine di Houston, in Texas. La Indian Immunologicals starebbe invece collaborando con la Griffith University di Brisbane, in Australia. Queste e altre due compagnie indiane sarebbero già entrate nella fase 1 e 2 di test dei vaccini.

Una delle maggiori sfide sarà quella di battere sul tempo il virus e portare i vaccini nelle aree rurali del Paese, scarsamente attrezzate sia da un punto di vista sanitario sia infrastrutturale, prima che vi arrivi il contagio, oggi ancora concentrato nelle grandi città.

In ogni caso, anche laddove i vaccini per cui l’India ha già stretto accordi dovessero venire approvati in tempi brevi, la campagna di vaccinazione impiegherà anni a raggiungere l’intera popolazione. Quella contro la rosolia, iniziata nel 2017 e indirizzata a 400 milioni di bambini, è durata tre anni.

Per questo sarà necessario pensare ad approcci innovativi, anche simili a quelli escogitati per le elezioni del 2019: in quell’occasione sono state allestite sedi di voto distribuite in modo tale che gli elettori non dovessero viaggiare più di due chilometri per raggiungerle. In 6 settimane sono stati coinvolti 900 milioni di elettori.

Sebbene dunque l’India abbia sfide molto impegnative da vincere, il suo ruolo nella lotta globale al nuovo coronavirus sarà determinante. Per certi aspetti si potrebbe dire però che l’India è addirittura più avanti di certi Paesi occidentali benestanti. La pandemia sarà sconfitta solo se il virus verrà eradicato in tutto il mondo. È per questo che la comunità scientifica ha applaudito la decisione da parte dell’India di condividere con i Paesi in via di sviluppo le dosi di vaccino preordinate, scelta che si pone agli antipodi rispetto a quella presa da Paesi ricchi come Regno Unito e Stati Uniti, i quali hanno preordinato centinaia di milioni di dosi al fine di raggiungere la copertura vaccinale principalmente per le proprie popolazioni nazionali.

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