SOCIETÀ

IPCC: L’impatto dei cambiamenti climatici non è uguale per tutti

Una delle conseguenze della folle guerra che la Russia di Putin ha mosso all’Ucraina è che l’approvvigionamento energetico delle Nazioni non sarà più volto a perseguire esclusivamente i principi di decarbonizzazione. L’energia è diventata, o tornata ad essere, una questione di sicurezza, prima che una questione ambientale. Ciò significa che gli obiettivi di neutralità climatica rischiano di crollare in fondo alla classifica delle priorità nazionali e internazionali. Naturalmente questa potrebbe essere anche l'occasione migliore per accelerare la transizione energetica verso fonti energetiche sostenibili e rinnovabili. Ma almeno nel breve periodo torneremo ad accendere in Italia le centrali a carbone, come annunciato dal presidente Mario Draghi in un’informativa parlamentare.

La battaglia che stiamo combattendo contro la crisi climatica non avrà nessun vincitore a meno che tutti non la combattano uniti. Disparità considerevoli ci saranno invece nella portata della sconfitta, perché le aree meno ricche del pianeta saranno quelle che pagheranno (e che già stanno pagando) il prezzo più alto. Come in ogni guerra, del resto.

A ribadirlo chiaramente è il nuovo rapporto dell’IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change) pubblicato il 28 febbraio, che quantifica gli impatti del cambiamento climatico e valuta vulnerabilità e capacità di adattamento dei sistemi naturali e delle società umane (Impacts, Adaptation and Vulnerability). Il documento, approvato da 195 membri governativi dell’organo fondato nel 1988 dalle Nazioni Unite, dall’Organizzazione meteorologica mondiale e dal Programma ambientale dell’Onu, è la seconda parte del Sesto Rapporto di Valutazione (Sixth Assessment Report, AR6): la prima è stata pubblicata ad agosto 2021 ed era dedicata alle conoscenze scientifiche più avanzate sullo stato del clima terrestre, la terza sarà pubblicata ad aprile del 2022 e sarà incentrata sulle strategie di riduzione delle emissioni di gas serra.


LEGGI ANCHE


“Questo rapporto è un disperato avvertimento sulle conseguenze dell’inazione” ha dichiarato Hoesung Lee, coordinatore dell’IPCC. “Mostra che il cambiamento climatico è una grave e crescente minaccia al nostro benessere e alla salute del pianeta. Le nostre azioni di oggi determineranno come le persone e la natura si adatteranno e risponderanno a crescenti rischi climatici”.

Alcuni dei danni provocati sono già irreversibili, come lo scioglimento dei ghiacci, l’innalzamento del livello dei mari, l’acidificazione degli oceani. Ma ogni decimo di grado al di sopra del limite soglia di 1,5°C stabilio dagli accordi di Parigi nel 2015 porterà ulteriori gravissimi impatti su ecosistemi e società, alle infrastrutture e agli insediamenti costieri.

Ondate di calore, siccità e alluvioni sono fenomeni meteorologici estremi che si stanno verificando con frequenza e intensità aumentate rispetto al passato, provocando distruzioni di massa a numerose specie, tra cui alberi e coralli. Inoltre, milioni di persone sono state esposte a una gravissima scarsità di cibo e acqua, specialmente in Africa, Asia, America Centrale e del Sud, nelle piccole isole e nell’Artico.

“Il rapporto mostra l’interdipendenza tra clima, biodiversità e popolazioni, integrando con ancora più chiarezza rispetto a quelli precedenti le scienze naturali, sociali ed economiche” continua Hoesung Lee. “E sottolinea l’urgenza di immediate e più ambiziose azioni per affrontare i rischi climatici. Misure a metà non sono più un’opzione”.

Occorrono drastiche riduzioni di emissioni di gas a effetto serra, perché i progressi fatti finora sul fronte delle misure di mitigazione sono insufficienti. Inoltre, sta crescendo la distanza tra le azioni intraprese e ciò che sarebbe necessario fare, sottolinea il rapporto, specialmente per quanto riguarda le misure di adattamento nelle aree del pianeta a basso reddito.

Le soluzioni ci sono e devono essere incentrate sulla preservazione della salute degli ecosistemi e dei servizi che gratuitamente erogano, quali cibo e acqua pulita, sottolinea Hans-Otto Pörtner, co-coordinatore del secondo gruppo di lavoro che ha redatto il nuovo rapporto IPCC. “Ripristinando gli ecosistemi degradati e conservando dal 30% al 50% delle terre e delle acque del pianeta, le società beneficeranno della capacità della natura di assorbire e immagazzinare carbonio, accelerando il progresso verso uno sviluppo sostenibile, a patto che vi sia adeguato supporto politico e finanziario”.

Lo sfruttamento insostenibile delle risorse, la crescente urbanizzazione, le diseguaglianze sociali sono tendenze che vanno invertite, sottolineano gli scienziati. Anche le città infatti sono nodi particolarmente vulnerabili al cambiamento climatico, ma sono anche parte importante della soluzione del problema.


LEGGI ANCHE


“Una crescente urbanizzazione combinata al cambiamento climatico crea rischi complessi, specialmente per quelle città che hanno piani di crescita urbani mal progettati, alti livelli di povertà e disoccupazione e mancanza di servizi basilari” spiega Debra Roberts, co-coordinatrice del secondo gruppo di lavoro che ha redatto il rapporto. “Le città tuttavia forniscono anche le opportunità per l’azione climatica, dagli edifici a basse emissioni alle forniture di acqua pulita, energie rinnovabili e trasporti sostenibili”.

Il rapporto infine ammonisce anche su un ulteriore risvolto della crisi climatica: vi è sempre più evidenza che le misure di mitigazione e adattamento possono involontariamente causare danni alla natura e alle persone se non progettate con attenzione. Questo può venire evitato coinvolgendo tutti, incluse le popolazioni indigene di aree più o meno direttamente vulnerabili al cambiamento climatico, nella fase di pianificazione, dando attenzione all’equità e alla giustizia climatica.

Le soluzioni da ricercare devono quindi essere calibrate su scala locale e regionale, cosa che il nuovo rapporto AR6 fa nel dettaglio e che Il Bo Live racconterà con approfondimenti dedicati.

LEGGI ANCHE

© 2018 Università di Padova
Tutti i diritti riservati P.I. 00742430283 C.F. 80006480281
Registrazione presso il Tribunale di Padova n. 2097/2012 del 18 giugno 2012