SOCIETÀ

In Italia l'occupazione femminile è ancora troppo bassa

"Promuoveremo l'occupazione femminile con agevolazioni per donne e madri lavoratrici". Le parole sono state pronunciate il 14 ottobre 2020 dal Presidente del Consiglio Giuseppe Conte. Una promessa che, se mantenuta, potrebbe intervenire nel sanare un gap non indifferente rispetto alle altre nazioni europee. 

L’Italia infatti è piuttosto indietro in molte classifiche sulla disparità di genere, tra le quali il Global gender Gap Index, in cui il nostro Paese è solo al 76esimo posto. Questo resoconto, introdotto per la prima volta nel 2006 dal World Economic Forum, analizza e monitora la disparità di genere rispetto a diversi criteri, come quello economico, educativo, sanitario e politico. 

Il Global gender gap index

Il report, che calcola i valori su una scala da 0 a 1, dove 1 rappresenta la raggiunta parità di genere, nel 2020 ha analizzato 153 diversi paesi. La top ten mondiale comprende ben quattro paesi nordici nei primi quattro posti (Islanda, 1 °, Norvegia 2 °, Finlandia 3 ° e Svezia 4 °), seguiti dal Nicaragua. 

Globalmente l’Italia si attesta al 76esimo posto con un punteggio di 0.707, tra la Thailandia ed il Suriname, perdendo sei posizioni rispetto allo scorso anno. In Europa siamo quasi il fanalino di coda, dietro abbiamo solo la Grecia (84°), Cipro e Malta (91° e 90°).

Il dato italiano è ancora più eclatante se lo si confronta con quello del primo report. Nel 2006 infatti, l’Italia era complessivamente 77esima, ma in 14 anni è riuscita a ridurre il gap di genere solamente nella rappresentanza politica, passando dal 72esimo posto con un punteggio di 0.087 del 2006 all’attuale 44esimo posto con 0.267.

Il motivo per cui l’Italia è così indietro in classifica dipende da diversi fattori. Mentre per quanto riguarda la salute, il nostro Paese offre un’aspettativa molto simile per uomini e donne, con queste ultime che hanno un’aspettativa di vita anche più elevata, vediamo come l’aspetto economico e della partecipazione politica siano ancora molto diseguali.

Sappiamo bene che negli ultimi 50 anni in Italia non c’è stato nemmeno una Presidente donna, un dato che però, visto nero su bianco, fa capire come spesso ciò che consideriamo una normalità invece sia un’eccezione, ancor di più se confrontata con altri Paesi europei.

In Italia quindi c’è ancora molta disparità per quanto riguarda la partecipazione politica, sia intesa come donne nei ministeri, sia intendendo un più generico “potere politico”.

C’è poi l’aspetto economico e lavorativo che ci fa essere, dal punto di vista dell’uguaglianza di genere, ancora un Paese arretrato. Per quanto riguarda la parità salariale siamo al 125esimo posto in una lista che comprende 153 Stati diversi. Mentre per quanto riguarda l’istruzione ed il tasso di alfabetizzazione c’è una sostanziale uguaglianza. E’ proprio quando le donne entrano nel mercato del lavoro però che iniziano le disparità. Disparità che si protraggono anche poi se si analizza il reddito da lavoro e la partecipazione economica.

La top 10

La situazione italiana si staglia in un quadro generale in cui, a livello mondiale, c’è ancora moltissimo da fare per raggiungere la parità di genere. Secondo il Global Gender Gap Report 2020 ci vorranno circa 100 anni, 99,5 per la precisione, per raggiungere la parità tra uomini e donne. Una parità però che, se si considera solamente la partecipazione economica, non arriverebbe prima di 257 anni. Come abbiamo già notato in testa alla classifica del World Economic Forum c’è l’Islanda, seguita da Norvegia, Finlandia e Svezia. Nei primi 10 posti poi, troviamo anche altri due Paesi europei: Spagna e Germania. 

La Spagna

La Spagna in particolare è uno dei paesi più migliorati dell’ultima edizione del Global Gap Report. Dalla 29esima posizione infatti è ora entrata di diritto nella top 10, assestandosi all’ottavo posto. Uno degli aspetti in cui il paese spagnolo è più migliorato, cioè ha ridotto la disparità, è quello del potere politico, abbattendo di ben 17,3 punti percentuali la disuguaglianza rispetto allo scorso report. Il governo spagnolo infatti ha un’alta rappresentanza femminile al suo interno (64,7% dei ministri) e una quasi parità di sessi tra i parlamentari (47,4% donne e 42,6% uomini). Nonostante quest’alta rappresentanza, anche la Spagna è a zero per quanto riguarda gli anni con un capo di stato donna.

Per quanto riguarda la disparità salariale, anche in Spagna c’è ancora molto lavoro da fare. Il divario salariale è ancora da chiudere per il 44,2%, mentre il gap di disparità di redditi è ancora da chiudere per il 33,9%, così come la partecipazione al lavoro delle donne che è ancora inferiore a quella degli uomini (68,8% contro 78,9%). La parità tra sessi è ancora distante, ma sicuramente la Spagna ha fatto dei passi in avanti.

L’Italia

Abbiamo aperto questo articolo citando le parole del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte in materia di occupazione femminile. Ora lo continuiamo citando il Capo dello Stato che, ancora una volta, ha voluto imporre l’attenzione proprio su questo tema. Il Presidente della Repubblica infatti, ricevendo al Quirinale le vincitrici della XXXII edizione del premio Marisa Bellisario, ha giudicato “inconcepibile e paradossale che un Paese del G7 abbia una condizione di occupazione femminile inspiegabilmente e impresentabilmente così bassa rispetto agli altri Paesi avanzati". 

Il tasso di occupazione nell’Unione Europea nel 2019 ha toccato la vetta più alta degli ultimi anni. Il totale, se prendiamo in considerazione il range d’età 20-64, è del 73,1%. Anche in questo caso però, la disparità tra sessi è piuttosto elevata. Sia il tasso maschile che femminile negli ultimi anni è stato in crescita, ma costantemente distanziato di quasi 12 punti percentuali.

Analizzando invece i vari Paesi, vediamo come ai primi posti di occupazione totale ci sia l’Islanda in cui si sfiora l’86% di tasso di occupazione. L’Islanda però è un paese che, quando si leggono queste statistiche, bisogna cercare di contestualizzare. Con 364 mila abitanti è come se, dal punto di vista della popolazione, fosse una media città italiana (Firenze ha circa 382mila abitanti). Il dato più significativo, per quanto riguarda il tasso di occupazione, soprattutto se confrontato con i paesi del sud Europa, è quello della Germania. Il tasso tedesco è dell’80,6% e, se si prende in considerazione solo quello maschile, arriva all’84,6%.

E’ però il confronto con gli altri Paesi europei rispetto al tasso di occupazione femminile che ha preoccupato il Presidente Mattarella. L’Italia infatti indubbiamente non è tra i primi posti di questa particolare classifica. Il nostro paese infatti è terz’ultimo, davanti solamente alla Turchia, alla Macedonia del Nord ed alla Grecia. Il tasso di occupazione femminile tra i 20 ed i 64 anni è solamente del 53,8%, ben distante dall’83% islandese o anche solo dal 62,1 % spagnolo.

L’Italia quindi, non svetta per tasso di occupazione femminile. Quello che abbiamo analizzato fino ad ora però è un dato aggregato, per capire l’andamento dell’occupazione femminile negli anni è bene cercare di approfondire le varie diverse realtà italiane. 

In Italia, negli ultimi 20 ani, il tasso di occupazione è stato molto altalenante. Nel 2001 infatti era del 56,6%, con un’enorme disparità tra sessi. Il tasso di occupazione maschile era al 69,4%, dato più alto rispetto ad oggi, mentre le donne erano al 44%. Dal 2001 in poi il tasso di occupazione femminile è sempre stato in leggera ma continua crescita. Ciò non toglie che, solo nel 2019, si è raggiunto il non così meritorio traguardo di una donna su due al lavoro. A ben vedere l’allarme del Presidente Mattarella era riferito ai dati del 2017 (48,9%), ma ciò non toglie che la sostanza sia la stessa. 50,1% è un dato che, come abbiamo visto precedentemente, ci fa assestare tra i fanalini di coda dell’Unione Europea.

L’Italia però al suo interno ha, come sempre, numerose sfaccettature. Anche il tasso di occupazione non è esente da disparità tra nord e sud del Paese. Non è questa la sede in cui analizzare i motivi di queste disuguaglianze ma è utile conoscerle per capire anche dove e come si può intervenire per cercare di ridurre il gap tra occupazione femminile e maschile.

Il dato totale mette in mostra come le regioni del nord raggiungano livelli totali di occupazione simile ai Paesi più virtuosi d’Europa, con il Trentino Alto-Adige che ha un tasso di occupazione del 71,3%.

La stessa tendenza si vede anche se si analizza solamente il tasso di occupazione femminile in Italia. Le regioni del nord sono sempre quelle che hanno i numeri migliori ma, in questo caso, ancora lontani da quelli dei migliori Paesi europei. Prendiamo ad esempio la regione italiana più virtuosa da questo punto di vista.

Il Trentino Alto-Adige ha il miglior tasso di occupazione femminile italiano con 65%. Se lo mettiamo a confronto con i dati europei però, questo risulterebbe essere un tasso da bassa classifica, poco sopra a quello spagnolo. L’Italia quindi, ha una grande disparità regionale, ma anche a livello dell’intero Paese le azioni da mettere in piedi per migliorare l’occupazione femminile sono ancora molte.

Anche guardando i dati divisi per provincia vediamo come nessun luogo in Italia può dirsi soddisfatto del proprio tasso di occupazione femminile. Un dato che fa più colore che altro è quello dividere qual è la zona in cui si riscontra più occupazione femminile. La provincia di Bologna è la più virtuosa d’Italia (68,1%), seguita dalla Provincia autonoma di Bolzano (67,9%). Guardando la cartina sottostante infine, notiamo come ci siano zone d’Italia in cui il lavoro femminile è a livelli decisamente troppo bassi. Nella provincia di Caltanissetta il tasso di occupazione femminile è del 23,6%, non molto distante da Crotone che con 23,9% è la seconda provincia peggiore del Paese per quanto riguarda l’occupazione femminile. 

L'Italia quindi, dal punto di vista delle disuguaglianze di genere ha ancora molto lavoro da fare. Il reddito è diseguale, l'accesso al lavoro è molto diverso e ciò rende alcune aree del Paese di fatto immobili. Se solamente poco più del 20% delle donne lavora, significa che le politiche attuate fino ad ora per quelle zone sono state altamente insufficienti, sia a livello statale che regionale. "Non è tollerabile" ha detto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella, e queste parole devono essere un monito per ridurre finalmente le gravi disparità nel tema occupazionale tra uomini e donne.

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