Il 19 novembre 2019 ho avuto il privilegio di partecipare alla cerimonia di inaugurazione dell’anno accademico della Sissa di Trieste. Era presente anche il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella che ha definito i luoghi di ricerca come luoghi sacri: “I luoghi del sapere devono essere inviolabili e sacri come le chiese – ha detto Mattarella – una sacralità simile dovrebbe contrassegnare anche i luoghi di ricerca e studi, dove non dovrebbe entrare alcuna forma di violenza, nemmeno verbale. La violenza è incompatibile con la ricerca che è essenziale per lo svliuppo della civilità”. Questo passo è stato interpretato in modo diverso sulla stampa: qualcuno ha pensato che Mattarella si riferisse alla violenza in Rete, altri che si riferisse alle violenze di Hong Kong dove gli studenti protestavano al Politecnico per chiedere maggiore libertà. Credo che quest’ultima sia l’interpretazione più corretta, considerando che nello stesso giorno Mattarella ha dichiarato nuovamente: “La scienza deve essere strumento di affrancamento dalla schiavitù […] La scienza sia portatrice di democrazia perché condivisione di un bene comune”. Purtroppo a livello internazionale nessuno ateneo ha espresso solidarietà a quanto accaduto nel Politecnico di Hong Kong. Mi dispiace: noi lavoriamo in un luogo che ambisce all’universalità del sapere. Quello che facciamo qui lo facciamo grazie al linguaggio universale della scienza che dovrebbe valere ovunque e indipendentemente dalle lingue, dalle culture, dai regimi politici.