CULTURA
L’università delle donne. Un percorso (a ostacoli) che inizia a fine Ottocento
Scala del Sapere, Palazzo Bo, Università di Padova. Foto: Adobe Stock
Il 19 maggio 2022 la rettrice Daniela Mapelli, in un’Aula Magna gremita di docenti e rappresentanti delle istituzioni, ha inaugurato l’anno accademico in cui si celebrano gli otto secoli di vita dell’università di Padova. Daniela Mapelli è la prima donna alla guida dell’ateneo e l’ottava, oggi, in Italia.
Il percorso che ha portato le donne nelle aule universitarie, prima come studentesse e poi come docenti e ricercatrici, è stato lungo, per nulla lineare e piuttosto accidentato. E soprattutto è iniziato tardi, solo sul finire dell’Ottocento. Accanto agli avanzamenti, molte infatti sono state anche le resistenze al cambiamento. Al tema Il Bo Live dedica una nuova serie, L’università delle donne, titolo che prende in prestito dall’omonimo volume curato da Andrea Martini e Carlotta Sorba. Il libro fa parte della collana Patavina Libertas. Una storia europea dell’università di Padova (1222-2022), pubblicato in coedizione da Donzelli e Padova University Press. Nel corso dei cinque servizi che dedicheremo all’argomento, cercheremo di capire quanta strada sia stata fatta dal primo ingresso delle donne nelle aule universitarie e quanta ne rimanga da fare. Racconteremo come nel tempo sia stata rappresentata la figura della studentessa universitaria, nella finzione e non, e in che modo e misura alla cosiddetta massificazione dell’università negli anni Sessanta e Settanta del Novecento sia corrisposto anche uno slancio verso la sua femminilizzazione. Ci soffermeremo sulla realtà delle scienziate e, in particolare, sul ruolo delle donne nell’ambito delle nuove scienze umane ambientali.
Guarda l'intervento completo della storica Carlotta Sorba. Servizio di Monica Panetto, montaggio di Barbara Paknazar
Se, come si è detto, le donne ottengono di poter accedere all’università piuttosto tardi, dato che lo spazio universitario rimane per lungo tempo appannaggio esclusivamente maschile, in età moderna non mancano tuttavia letterate, filosofe e scienziate, sebbene al di fuori delle università. “Tra Cinque e Seicento – spiega Carlotta Sorba, professoressa di storia contemporanea all’università di Padova e direttrice del Centro interuniversitario di Storia culturale – si assiste a una vera fioritura di scritture femminili, ad una intensa presenza di donne in spazi culturali extrauniversitari - le accademie, i salotti, la prima stampa periodica. È importante andare a ritroso in quei secoli dell’età moderna perché lì si sviluppa una lunga e complessa controversia sul ruolo e sulle capacità delle donne (che si ricorda come la querelle des femmes). In questo dibattito l’area veneta, e Padova in particolare, hanno avuto un ruolo importante e il caso di Elena Lucrezia Cornaro Piscopia, che nel 1678 ottiene, per prima, una laurea in filosofia, si inquadra appunto in un dialogo intenso che molte donne colte, letterate ed erudite, sviluppano con il mondo intellettuale del tempo”. Un dialogo, tuttavia, che tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento subisce una brusca interruzione.
Il dibattito sull’ingresso delle donne negli atenei riprende molto più tardi, negli ultimi decenni del secolo, quasi contemporaneamente in vari Paesi europei: l’esempio a cui si guarda sono gli Stati Uniti, dove già dal 1830 avevano avuto luogo le prime esperienze di college universitari femminili. In Italia, sono i decreti a firma di Ruggero Bonghi e Michele Coppino, rispettivamente del 1875 e del 1876, a sancire formalmente per le donne la possibilità di iscriversi all’università alle stesse condizioni degli uomini e di frequentare a tutti gli effetti le lezioni accademiche.
Presentazione del volume "L'università delle donne", Donzelli editore e Padova University Press 2021. Foto: Andrea Signori
Fino a quel momento le donne potevano iscriversi solo in alcune sedi, ma ciò avveniva sempre a discrezione dell’ateneo. Si ricorda, per esempio, il caso della studentessa rodigina Cristina Roccati che si immatricolò all’università di Bologna e qui si laureò in filosofia il 5 maggio 1751, dopo aver discusso quattro tesi preliminari alla laurea – una di logica, una di fisica e due di metafisica –, secondo quanto previsto dall’ateneo bolognese per gli studenti “stranieri”.
Dal 1877 dunque si cominciano a registrare in Italia le prime laureate, ma i numeri a livello nazionale rimangono molto bassi, scrive Sorba in uno dei capitoli del volume L’università delle donne: fino al 1880 le laureate sono complessivamente quattro, otto tra il 1881 e il 1884, nove nel quadriennio successivo e 18 tra il 1889 e il 1892. Solo negli anni Novanta dell’Ottocento, a fronte anche di un aumento delle iscrizioni, la situazione inizia lievemente a cambiare: negli ultimi quattro anni del secolo le laureate raggiungono il numero di 140, e nel 1902 sono 224, provenienti prevalentemente dalle grandi università del Nord come Padova, Torino e Pavia, con l’unica eccezione di Napoli nell’Italia meridionale.
Nel nostro Paese le prime due laureate vengono da Medicina (ad aprire la strada è Ernestina Paper), ma a inizio Novecento, più precisamente nel 1914-15, è la facoltà di Lettere e filosofia la più scelta, seguita da Scienze matematiche, fisiche e naturali. Il principale sbocco professionale è l’insegnamento, anche perché era stata proprio l’esigenza di professionalizzare gli insegnanti una delle ragioni che aveva indotto a considerare l’accesso delle donne all’università. “In Italia a inizio secolo – osserva Carlotta Sorba – il 90% delle laureate aveva come prospettiva di lavoro l’insegnamento nella scuola, con qualche lieve variante costituita dalle biblioteche per le letterate, dai gabinetti scientifici per le laureate in scienze”.